Politica

Regionali, il Paese non è mutato ma è contendibile

25
Novembre 2025
Di Giampiero Cinelli

Il giorno dopo le elezioni regionali in Campania, Puglia e Veneto offre spunti più interessanti della semplice conferma degli schieramenti già in sella. I risultati — con Roberto Fico in Campania (≈ 60,63 %), Antonio Decaro in Puglia (≈ 63,97 %) e Alberto Stefani in Veneto (≈ 64,39 %) — sono ormai acquisiti. Ma quel che conta è il “come” e il “perché” dietro queste affermazioni e ciò che dicono sullo stato della politica italiana.

Campania e Puglia – conferma e rinnovamento a sinistra
Nel Sud, la coalizione di centrosinistra – che include, accanto al Partito Democratico, anche il Movimento 5 Stelle (almeno in Campania) – ha ottenuto vittorie nette. In Campania Fico, sostenuto dal M5S e da liste alleate, ha sconfitto nettamente il candidato del centrodestra Edmondo Cirielli ottenendo oltre il 60 % del voto. In Puglia Decaro ha superato il 63 %, raddoppiando o quasi lo sfidante del centrodestra.

Questa affermazione segnala alcuni elementi chiave. Primo: la capacità del “campo largo” (centrosinistra + M5S) di presentarsi compatto e competitivo nel Sud, nelle regioni dove tradizionalmente la sinistra è forte, ma che negli ultimi anni hanno visto ricambi e fragilità. Secondo: il tema dell’astensionismo che continua a mordere (tasso medio sotto il 45 %) indebolisce la lettura del consenso come pienamente “popolare”. In Campania l’affluenza è stata circa del 44,06% con un calo significativo rispetto al 2020.

In questo contesto il risultato potrebbe essere interpretato non solo come vittoria ma anche come “last mile” per la sinistra: bisogna battere il tasto della partecipazione, perché vincere con elettorato depresso o assente è sempre un segnale di fragilità. Inoltre, la lettura riportata da alcuni commentatori è che non si è affermato un vero cambio di paradigma: il Sud resta “a sinistra”, ma non ciò significa che il centrosinistra abbia conquistato nuovi segmenti elettorali in modo prorompente.

Veneto – stabilità della destra, ma segnali interni
Al Nord, il risultato del Veneto rafforza la continuità del centrodestra: Stefani, sponsorizzato dalla Lega Nord e dalla coalizione con Fratelli d’Italia, ha vinto con oltre il 64 % superando lo sfidante del centrosinistra Giovanni Manildo che si è fermato intorno al 28,9%. Ma qui, al di là della vittoria netta, emergono due punti degni di nota: la Lega ha nettamente sorpassato Fratelli d’Italia, segnando una sorta di derby interno vinto. In secondo luogo, il dato dell’affluenza è stato altrettanto basso, con circa il 44,6%, ben al di sotto del 61% registrato nella precedente tornata.

Tutto ciò suggerisce che, pur in un feudo consolidato della destra, non tutto è dato per scontato: la Lega si rafforza nel dominio regionale, ma l’affluenza debole potrebbe indicare un calo della partecipazione che, paradossalmente, rende più fragile il consenso di massa per tutti gli schieramenti. In termini strategici, per il centrodestra questa vittoria è rassicurante — ma non esalta — in vista delle sfide nazionali del 2027.

Il quadro politico nazionale e le implicazioni
Dal punto di vista nazionale, questi risultati fotografano l’Italia in equilibrio: il centrosinistra tiene nel Sud, il centrodestra nel Nord. Nessuna sorpresa clamorosa, nessuna spinta rivoluzionaria. Come sintetizzato anche dall’agenzia Reuters, “no sign of opposition breakthrough”.

Questo equilibrio ha due implicazioni fondamentali. Primo, per la Giorgia Meloni e la sua coalizione al governo, la conservazione dei feudi è un buon risultato: non ci sono fughe in avanti dell’opposizione che mettano in discussione la linea. Ma secondo, l’assenza di vittorie “dirompenti” per l’opposizione segnala che la competizione politica rimane fortemente immobilizzata lungo le linee geografiche tradizionali (Nord-destra, Sud-sinistra). Questo può generare un certo stallo, e il vero banco di prova sarà la capacità di saper mobilitare qualcosa di più del voto di appartenenza.

Secondo, l’astensione crescente — sotto il 45% in queste tre regioni — è un segnale da non sottovalutare: quando l’affluenza cala così tanto, il consenso vince, ma con minor legittimazione. È un campanello d’allarme per tutte le forze politiche: crescere o reggersi non basta, bisogna anche recuperare partecipazione. Alcuni commentatori evidenziano che “tali percentuali indeboliscono le istituzioni democratiche”.

Quali scenari per il futuro?
Guardando all’orizzonte, ci sono almeno tre scenari da tener d’occhio. Primo, la destra potrebbe cercare di consolidare l’egemonia al Nord puntando su Lega e autonomia regionale, ma dovrà dimostrare di saper tradurre i consensi in partecipazione attiva e non solo in forme passive di voto. Secondo, la sinistra (con M5S e PD) deve cogliere l’occasione del Sud non solo come “conquista” ma come laboratorio per rinnovarsi, magari investendo su temi come lavoro, partecipazione e territori depotenziati — altrimenti rischia di tornare a “gestire” piuttosto che “rinnovare”. Terzo, l’intero sistema politico italiano, con questi regionalismi persistenti, sembra sempre più diviso in “zone” elettorali consolidate: sarà fondamentale capire se, e come, emergono contesti che rompano lo schema Nord-destra / Sud-sinistra — altrimenti la mobilità politica resterà bassa.

Insomma non bastano elezioni territoriali per cambiare l’approccio analitico alla politica italiana oggi. Ed è sempre difficile rivedere il tiro partendo da risultati su base non nazionale; ma di certo le elezioni sui territori offrono indizi da cogliere, che possono svilupparsi oppure no. In sintesi, se la destra non ne è uscita più forte, neanche appare in crisi. Tuttavia può cogliere che la base elettorale potrebbe non essere così granitica. L’opposizione, dal canto suo, capisce che per battere il governo di centrodestra ci vuole molto sforzo, ma che la partita dipende anche dalle geometrie che si favoriranno. Un altro anno e mezzo prima della battaglia nazionale. Nel 2027 il Paese potrebbe non essere già esattamente quello di adesso. E come sempre, in Italia, conteranno le tasche, il contesto e i timori principali della popolazione.