Politica

Primarie dem, lo scontro si accende. Bonaccini avanti, Schlein insidiosa. Guerra sulle tessere

08
Febbraio 2023
Di Ettore Maria Colombo

I candidati a segretario disertano i comizi dei candidati governatori in Lazio e in Lombardia
La prima cosa che balza all’occhio non sono i dati (altalenanti e parziali) su chi è avanti e chi dietro nella conta interna al partito in vista delle primarie (in testa c’è Bonaccini, ma la Schlein non è troppo indietro, come pure si pensava, lo vedremo meglio dopo) e neppure le polemiche sul tesseramento gonfiato (clamoroso il caso della Campania e, in particolare, di Caserta e provincia) ma il fatto che le prossime regionali sono del tutto sparite dai radar dei candidati alle primarie, troppo concentrati su loro stessi e sulla loro corsa per la leadership del Pd. Eppure, si vota in due regioni decisive, Lazio e Lombardia, domenica e lunedì 12 e 13 febbraio. Un appuntamento elettorale che riguarda 14 milioni di persone, un quarto della popolazione italiana, e in due regioni decisive per governare il Paese. Eppure, mentre il centrodestra organizza comizi unitari – a Roma con Rocca, a Milano con Fontana – alla presenza di tutti i suoi leader, nazionali e locali, con tanto di premier sul palco, il centrosinistra – che paga le sue divisioni interne – vede solo i candidati a governatore reggere tutto il peso della sfida. Persino il segretario dem, ancora in carica, Enrico Letta, è missing in action. Nessun comizio previsto, ad oggi, con i candidati a governatore (D’Amato in Lazio, Majorino in Lombardia), figurarsi gli sfidanti per la segreteria. Ieri, in Lombardia, al fianco di Majorino, si è fatto vedere – ma è stata una prima e unica volta – il leader del M5s, Giuseppe Conte (alleato al Pd in Lombardia, ma non in Lazio). Ma Majorino, al suo comizio di chiusura, venerdì a Varese, resterà solo, senza neppure un big del suo partito. Anche D’Amato, al suo comizio di chiusura – sempre venerdì a Roma – avrà la compagnia del leader di Azione, Carlo Calenda (il Terzo Polo gareggia alleato col Pd in Lazio, va da solo in Lombardia, con la Moratti). Big dem previsti solo uno. Il governatore uscente Nicola Zingaretti, di cui D’Amato era assessore, sorta di onor di firma. Letta potrebbe ripensarci e intervenire in extremis in entrambi i comizi, ma di certo, ad oggi, non sono previsti i candidati alla sua successione. “Sono distratti dalla loro gara, forse la ritengono più importante che vincere in una regione…” sospirano negli staff di D’Amato e Majorino. “La verità è che nessuno di loro ci vuol mettere la faccia perché temono in una doppia sconfitta che può pregiudicare, come immagine, la sfida nei gazebo” è la voce di rimando che arriva dal Nazareno. E dire che uno dei candidati ‘minori’, Gianni Cuperlo, ci aveva provato a chiedere un impegno unitario ai suoi competitor per sostenere le candidature a governatore del centrosinistra, seppure in formato assai diverso, nelle due regioni. Ovviamente, all’inizio, tutti avevano risposto ‘sì’ con grande entusiasmo, ma ora le ‘agende’ sembrano tutte piene. Conte e Majorino sono stati abbandonati al loro destino personale. La gara per vincere la segreteria è più importante.

Va avanti la conta tra gli iscritti. Bonaccini avanti ma Schlein non è più a distanze siderali
Venendo, invece, all’andamento dei voti tra gli iscritti (si vota fino al 12 febbraio in tutt’Italia, tranne, appunto, in Lazio e Lombardia, dove il voto è stato posticipato, causa regionali, fino al 19 febbraio) il distacco che, nei sondaggi, sembrava incolmabile (Bonaccini era dato sempre 20 punti e oltre sopra la Schlein) si è ridotto a 12 punti circa. Un buon dato, ma non esaltante. La prima cosa da dire è che, dopo i comunicati contrapposti delle due principali mozioni in campo che hanno sfornato, per giorni, i dati in loro possesso, la commissione nazionale per il congresso ha deciso di avocare a sé la pratica e fornire dati incontrovertibili e certificati. Alla data del 6 febbraio (ultimo dato disponibile mentre scriviamo) hanno già espresso il loro voto 20.184 iscritti. E i risultati sono i seguenti: Bonaccini 9808 voti, pari al 48,8%. Schlein 7424 voti, pari al 36,94%. Cuperlo 1690 voti, pari all’8,41%. De Micheli 1176 voti, pari al 5,85%.

I punti di forza del governatore emiliano in vista delle primarie sono, ovviamente, la sua regione (l’Emilia-Romagna, ma non la città di Bologna), la Toscana, l’Umbria e, praticamente, tutte le regioni del Sud, dove però si è ancora votato molto poco, come in Lazio e in Lombardia causa, appunto, regionali in corso. La neo-deputata, invece, è in vantaggio in Liguria, in Puglia (dove però si è votato poco), in Trentino Alto-Adige e in Veneto (a sorpresa), ma soprattutto va bene nei circoli delle grandi città (Milano, Firenze, Bologna, pare anche a Roma). Insomma, il voto d’opinione – ma anche quello dove pesano i 9 mila tesserati circa di Articolo 1 – premia la Schlein, i cui sostenitori già parlano di “slavina” in arrivo. L’obiettivo grosso, infatti, sono le primarie aperte, quelle del 26 febbraio, in cui gli iscritti possono, volendo, ‘rivotare’, ma in cui, soprattutto, votano simpatizzanti ed elettori, versando due euro e firmando una carta d’intenti. Nessuno pensa che si raggiungerà la cifra delle ultime primarie aperte (1 milione e 600 mila elettori, vittoria di Zingaretti, 2019), ma se almeno arrivassero 800 mila votanti, i sostenitori della Schlein pensano di potercela fare. I votanti, tra gli iscritti, si rivelano giorno dopo giorno pericolosamente pochi. Nel 2021 gli iscritti erano 320 mila, oggi potrebbero attestarsi a 150 mila, ma anche se Bonaccini superasse la soglia psicologica del 50% dei consensi, tra gli iscritti, e vincesse con il 55%, a questo ritmo vorrebbe dire circa 70-80 mila voti per lui. Troppo pochi per essere una sicura base di partenza rispetto ai (prevedibili, ma per nulla certi) 800 mila votanti alle primarie aperte. Appena una goccia nel mare. Per la prima volta, cioè, il voto delle primarie ‘aperte’ potrebbe contraddire il voto delle primarie ‘chiuse’, quelle riservate agli iscritti. La vittoria, a chiunque arrida, sarebbe dimezzata, anche se perfettamente valida, perché è il secondo voto quello che conta e fa eleggere il segretario. Di certo aprirebbe nuove contraddizioni e nuove tensioni nella guida del partito dopo il congresso, con una sorta di ‘diarchia’ sulla tolda di comando.

Scontro sulle tessere irregolari in Campania: le iscrizioni fantasma e un male endemico
Ma oltre ai problemi politici e numerici, nello scontro tra i due maggiori candidati e i loro sostenitori, scoppia anche la grana tesseramento gonfiato, ovviamente in merito alla Campania, un tema croce e delizia di ogni elezione primaria dem (chi non ricorda le file di ‘cinesi’ in molte altre elezioni primarie a Napoli e dintorni?), con il fair play che, dopo aver contrassegnato mesi di campagna dei candidati, va a farsi benedire.

Il teatro dello scontro è, appunto, la Campania, dove c’è stato un frontale fra due pezzi di peso del Pd: il coordinatore della mozione di Elly Schlein, Francesco Boccia, contro Pina Picierno, che corre in tandem con Stefano Bonaccini per la guida del partito. Il problema è che, in regione, ci si ritrova con il triplo degli iscritti di Piemonte e Veneto, nonostante una cifra elettorale, alle ultime politiche, risibili e posti che vedono pareggiare iscritti e voti (il che, ovviamente, non è possibile).

Il primo ad accelerare è stato Boccia, commissario del Pd campano fresco di dimissioni. “Sono indignato da quello che sta succedendo a Caserta – ha detto – dove in alcuni casi non c’è praticabilità di campo”. Il riferimento è al caos tesseramenti, che ha provocato il rinvio dei voti nei circoli. Emblematico il caso di Sessa Aurunca, dove c’è stato un anomalo boom di richieste di iscrizioni on line: 1.050 a fronte dei 1.200 voti ottenuti dal Pd alle ultime politiche. “Quello che è accaduto a Caserta è molto grave. Mi auguro di sentire le stesse parole da chi appoggia altri candidati”, ha aggiunto Boccia, chiamando in causa anche Pina Picierno, che è campana. “Per me e per la mozione Bonaccini non esistono zone di tolleranza – è stata la risposta – E dico a Boccia che usare strumentalmente questa discussione non rende onore alla battaglia per la legalità che dovremmo condurre insieme”. Lo scontro sulle tessere è stato duro proprio per l’importanza del voto nei circoli. Non caso, ci sono stati ricorsi non solo in Campania. In Calabria ne ha presentato uno il comitato che sostiene la candidatura di Cuperlo: “Da un primo fugace esame – è scritto in un passaggio – risulta che gli iscritti della federazione di Cosenza sono passati in un solo giorno, dal 30 gennaio al 31, da circa 2300 agli attuali 3976, con un incremento di 1600 tesserati”. E anche in un circolo di Taranto ci sarebbero state anomalie, così come in Sardegna: sull’isola ci sono 150 tessere sospette. l casi sono all’attenzione della Commissione Nazionale per il Congresso, guidata da Silvia Roggiani, che ha controllato tutte le tessere online, identificandone, in totale, ben 4.681 che sarebbero state fatte in modo difforme “e per le quali – è stato spiegato – abbiamo dato indicazioni puntuali perché siano verificate e annullate alle commissioni provinciali interessate”. La commissione congresso ha, per ora, stoppato i congressi in provincia di Caserta, in vista di una verifica approfondita. Tra gli iscritti, dove si sono infilati amministratori locali di centrodestra, è lievitato ovunque il numero delle tessere con 7mila nuove iscrizioni in un mese, a Caserta, dove da tre anni il tesseramente non si era mai chiuso proprio per le troppe sospette irregolarità. Boccia attacca i sostenitori di Bonaccini, a cominciare da Pina Picierno e Gennaro Oliverio, presidente del consiglio regionale: accusa quest’ultimo di essere l’ispiratore della straordinaria proliferazione di tessere a Sessa Aurunca (1050 tessere per 1200 voti) e biasima il fatto che in Campania tutti i consiglieri regionali stiano con Bonaccini. Oliverio gli risponde per le rime: lo chiama cavallo di troia e lo ritiene il commissario liquidatore del partito in Campania.

Irregolarità ci sarebbero anche a Salerno (città del governatore De Luca), Benevento e Avellino e il presidente della commissione congresso regionale (Franco Roberti, ex procuratore antimafia) non esclude l’annullamento dei voti congressuali, addirittura, nell’intera regione, parlando del rischio di “infiltrazioni camorristiche”. anche se la decisione spetterà alla commissione nazionale.

La verità, al netto delle accuse e contro-accuse tra mozioni e candidati, è che almeno al Sud, Il Partito nuovo è quello vecchio e cinque mesi di congresso non sono serviti a niente. Stefano Bonaccini e Elly Schlein promettevano il più radicale rinnovamento. “Se diventerò segretario ci sarà un nuovo gruppo dirigente e non accadrà che alle elezioni politiche il gruppo dirigente non si candida nei collegi uninominali, i candidati li sceglieremo con le primarie”, ha detto il governatore emiliano, rifiutando il sistema delle correnti: “Non chiederò ad alcuna corrente di sostenermi, né vorrò il sostegno di qualsivoglia corrente”. Sulla stessa linea Elly Schlein: “Voglio diventare segretaria per una storia nuova”, disse. Ma la storia nel Pd è quella di sempre, al Sud.

La verità è che le correnti le hanno caricate tutti. Con Elly Schlein si sono schierati Franceschini e Orlando, oltre a Zingaretti e lettiani come Boccia, legato a doppio filo con il governatore pugliese, Emiliano, che però si è schierato con Bonaccini. Bonaccini ha preso sul carro tutto il possibile: in Campania lo sostiene sia il governatore alla ricerca del suo terzo mandato, Vincenzo De Luca, padre padrone del partito in regione, sia lo stesso Oliverio, anti-deluchiano di ferro, presidente del consiglio regionale, ras del partito a Caserta. Una zuffa con poca politica e tanta voglia di controllare il territorio. In palio, oltre al governo locale, ci sono i posti sicuri nei collegi. Stare col vincitore farà la differenza. Ma urge scommettere e mai come questa volta la scommessa su chi vincerà il congresso nazionale del Pd è incerta e il risultato potrebbe scombussolare molti equilibri.