Politica

Politica e migranti, la posta in gioco è alta

23
Settembre 2023
Di Alessandro Caruso

La parola più pronunciata della settimana politica è stata una: migranti. Il tema dei flussi migratori ha dominato il dibattito politico oltre ogni latitudine. Dal Consiglio dei Ministri a Roma di lunedì, in cui il governo ha rinnovato la sua strategia volta a contrastare gli sbarchi, potenziare i rimpatri e combattere i trafficanti, fino all’Assemblea generale dell’Onu a New York: davanti a una platea globale la premier italiana ha ribadito questa priorità politica e umanitaria del suo governo. Nel suo discorso Meloni ha individuato i trafficanti (da non confondere con gli scafisti) come i principali responsabili delle partenze verso l’Europa, quindi il problema primario su cui non solo l’Italia, ma l’intera comunità internazionale dovrebbe concentrarsi per ridurre gli arrivi. Li ha descritti come «schiavisti del terzo millennio» spiegando che vendono le traversate verso l’Europa «su delle brochure, come se fossero normali agenzie di viaggio», senza informare i migranti dei rischi a cui vanno incontro né preoccuparsi delle condizioni delle barche messe a loro disposizione, quasi sempre pessime.

Secondo Meloni quello di combattere i trafficanti dovrebbe essere un obiettivo in grado di unire tutti i governi e le organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite: «Sono convinta che sia dovere di questa organizzazione rifiutare ogni ipocrisia su questo tema e dichiarare una guerra globale, senza sconti, ai trafficanti di essere umani».

Meloni ha anche chiarito quanto sia importante «affrontare le cause alla base delle migrazioni», per fare in modo che le persone vogliano rimanere nel proprio paese di origine. Il riferimento è al cosiddetto “Piano Mattei”, che nelle intenzioni del governo dovrebbe essere un grande progetto di sviluppo e approfondimento delle relazioni internazionali tra l’Italia e i paesi africani.

Un manifesto politico che funziona anche bene in una campagna elettorale già iniziata in vista delle elezioni europee del prossimo anno, un appuntamento che rappresenterà il primo vero test sul consenso di questo governo. La Meloni lo sa bene e sta attirando su di sé le attenzioni dell’intero continente sul tema dei migranti, riuscendo a ottenere ascolto e centralità mediatica. Le immagini della presidente della Commissione europea von der Leyen a Lampedusa in questo senso resteranno emblematiche. Ma la Meloni sa bene che oltre alle attenzioni servono soluzioni, anche perché il numero degli sbarchi è aumentato vertiginosamente. Ma per le soluzioni servono convergenze internazionali, oltre che nazionali, che sarà difficile conseguire. Il già citato Piano Mattei, considerato la sintesi dell’idea italiana sulle politiche mediterranee, ha infatti ancora dei contorni poco chiari e definiti. Quello che è chiaro è che il governo ne ha fatto un caposaldo della sua azione internazionale su cui sarà esaminato, dall’elettorato e dagli interlocutori internazionali. La posta in gioco, quindi, è molto alta.

A New York c’era anche il Presidente ucraino Zelensky, che è stato l’altro grande protagonista della settimana politica internazionale. Dal palco del Palazzo di vetro ha lanciato un duro ‘J’accuse’ contro la Russia e avvertito che Mosca sta usando come armi “il cibo, l’energia e persino i bambini” e che quando accaduto all’Ucraina può accadere ad altri Paesi, se dovesse ora venire meno il sostegno alla lotta contro l’invasione. Fra calorosi applausi, il presidente ucraino ha spiegato che la controffensiva ucraina «sta avendo successo, soprattutto nell’Est nelle ultime due settimane. Andiamo avanti lentamente, ma andiamo avanti», indicazioni cautamente confermate dalle intelligence occidentali, finora scettiche. Poi, l’annuncio a sorpresa: l’Ucraina sta preparando “un vertice mondiale della pace” cui invitare tutti i leader mondiali contrari all’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia: «A Hiroshima, Copenaghen e Gedda, ci sono state importanti discussioni sull’attuazione di un piano di pace. Noi stiamo preparando un vertice mondiale. Invito tutti coloro che non tollerano aggressioni a lavorare insieme per questo vertice». Sulle intenzioni sono tutti d’accordo. Ma sulle condizioni è ancora tutto da vedere.

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