Politica

Non c’è altro tempo da perdere con l’Ue rispetto al caro bollette

03
Ottobre 2022
Di Daniele Capezzone

E’ venuto il momento di chiamare le cose con il loro nome. Troppi (e, come sempre, preoccupano di più quelli che lo fanno in buona fede…) fingono di non vedere la posta in gioco nelle prossime 7-8 settimane. Ripeto: settimane, non mesi. Si tratta della desertificazione di una parte consistente del sistema produttivo italiano, con decine di migliaia di aziende che sono già al collasso a causa dell’impennata delle bollette, in conclamata crisi di liquidità, o (nella “migliore” delle ipotesi) in una situazione in cui produrre a ritmi ordinari diventa antieconomico rispetto ai costi da sostenere.

Chi scrive – per ragioni già chiare a un lettore dei Promessi Sposi – non ha mai creduto al carattere “risolutivo” della ipotetica fissazione di un tetto al prezzo del gas (o del pane, come spiegava Manzoni): nel nostro caso attuale, per la sua difficile fattibilità da parte dei 27 paesi europei, e a maggior ragione perché (quand’anche i compratori europei si fossero trovati d’accordo) l’operazione avrebbe fatto i conti senza l’oste, e cioè la prevedibile reazione del venditore russo. 

Ciononostante, abbiamo impiegato (rectius: perso) tre mesi a discutere di questa chimera, mentre gli altri paesi si organizzavano in autonomia. Lo hanno fatto fuori dall’Ue: si pensi alla Gran Bretagna, con lo stanziamento di 150 miliardi di sterline, cioè oltre 170 miliardi di euro. E lo hanno fatto dentro l’Ue: si pensi alla Germania, con il recentissimo stanziamento di 200 miliardi. Da Londra a Berlino, tutti hanno compreso la posta in palio: primo, salvare il sistema produttivo del proprio paese. 

Qui, invece, nell’attesa magica e mistica della “risposta europea”, si è sciupato tempo prezioso. Il governo uscente, negli ultimi interventi adottati, ha usato solo gli extragettiti Iva e le rimanenze finanziarie dei decreti precedenti; e non ha fatto meglio il Parlamento, che avrebbe potuto usare (a metà settembre) la conversione del vecchio decreto aiuti bis per rimpolpare le misure a favore delle imprese. Dinanzi a un Parlamento che avesse maggioritariamente presentato emendamenti in quel senso, come avrebbe potuto il governo dare parere contrario? E invece si è traccheggiato. 

Ora non c’è più un minuto da perdere. Si usino le risorse disponibili nelle pieghe del bilancio (il vecchio governo faccia un’operazione verità: ci dica se in cassa ci sono 10 miliardi o 25 miliardi, visto che sono trapelate cifre molto diverse). Si usino, ancora, i fondi europei non utilizzati. E si provveda a rivedere il Pnrr: sarebbe paradossale se qualcuno pensasse di poter procedere come se nulla fosse (con costi che erano stati stimati con un’inflazione al 2%!!!), e magari realizzando rotonde, piste ciclabili et similia, mentre vanno in fumo decine di migliaia di aziende. 

La casa brucia: non è il momento di discutere sul colore della cravatta da indossare. Mi parrebbe più urgente mettere mano agli estintori. 

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