Politica

Maggioranza Draghi: il No che imbarazza

03
Febbraio 2021
Di Redazione

di Paolo Bozzacchi

E' dura dire di No a Mario Draghi. Gli argomenti devono essere seri, visto che Draghi è stato l'uomo del "whatever it takes" che ha salvato l'Euro, ed è pronto a presentare un cronoprogramma di salvataggio dell'Italia alle prese con l'emergenza sanitaria, politica, economica e presto anche sociale. 

I tempi sono stretti, visto che dal prossimo 3 agosto il Presidente Mattarella entrerà nel semestre bianco che non gli permetterà più di sciogliere le Camere e riportare il Paese alle urne.

Dura dire di No a Mario Draghi, deve aver pensato Mattarella. Eppure il primo a dire di No senza problemi (con naturalezza) all'ex numero uno della Bce è stato il capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, alle prese da tempo con una fronda interna al Movimento che punta dritto al ritorno alle origini dei famosi 10 punti programmatici. Tentando di arginare per l'ennesima volta le spinte centrifughe.

Fuori uno, quindi. Il Movimento si sfila dalle consultazioni alle porte ancor prima di cominciare. E toglie dalla partita che si giocherà per la Maggioranza Draghi 192 deputati (191 con l'uscita mattutina di Carelli) e 92 senatori. Una partita che Draghi comincia a giocare in 10 (forse in 9) già dal primo minuto.

Sì o No a Draghi anche il centrodestra è a un bivio. Lo dimostra l'imbarazzo di Matteo Salvini e della Lega con Forza Italia pronta a sostenere la Maggioranza Draghi e Giorgia Meloni – Fratelli d'Italia in crescita di consenso e a cavallo al galoppo del mantra "elezioni subito". La Meloni sulla carta è pronta a dire "No a Mario", quindi Salvini si è affrettato a convocare un vertice mattutino per trovare la nuova, ennesima, compattezza. La quadra potrebbe trovarsi con una promessa (non scritta) di avere garantita in qualche modo la data delle elezioni (subito prima o dopo l'estate) e poi lavorare a fianco di Draghi solo sui provvedimenti urgenti.

Stessa posizione della Lega, ed è nota curiosa, anche per Liberi e Uguali (LeU) che da sinistra ha già fatto sapere, per bocca di Stefano Fassina, che senza la data certa di elezioni a settembre la fiducia a Draghi "sarebbe impossibile".

Rischio nel rischio: chi dice oggi di No a Draghi si fa fuori da solo dai giochi che porteranno all'elezione del prossimo Presidente della Repubblica, alla cui corsa il favorito è proprio lo stesso Premier in pectore.

Il No a Draghi è pesante per molti. E Mattarella in queste ore lo sta facendo pesare.

 

 

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