Politica

Made in Italy Summit 2025, l’Italia tra nuovi mercati e sfide globali

29
Ottobre 2025
Di Giuliana Mastri

Lo tsunami economico provocato dai dazi americani e dalle tensioni geopolitiche ha incrinato gli equilibri su cui per anni si erano basate le relazioni commerciali mondiali. Tuttavia, la tempesta tanto temuta non sembra ancora essersi abbattuta. L’economia globale regge, i mercati azionari continuano a crescere e il commercio internazionale mostra segni di vitalità. I flussi di investimento, come l’acqua, hanno semplicemente trovato percorsi diversi, evitando gli ostacoli e cercando direzioni di minore resistenza.

È in questo contesto di profonda trasformazione che si è aperta a Milano la nuova edizione del Made in Italy Summit, organizzato da Il Sole 24 Ore in collaborazione con Financial Times e Sky TG24. Il titolo scelto per il 2025 – “Supporting industry and exporters amid Trump’s disruption” – sintetizza il nodo centrale del momento: sostenere l’industria e l’export italiani in un mondo sconvolto dal ritorno del protezionismo statunitense e dalla competizione sempre più accesa tra Washington e Pechino.

Ad aprire i lavori è stato il direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, ricordando che “i dazi e le guerre non fanno bene al made in Italy”, ma che, nonostante tutto, “il nostro sistema regge e dà segni di grande vitalità”. Tamburini ha sottolineato come l’Italia sia riuscita, negli ultimi quindici anni, a trasformare un saldo commerciale negativo in un avanzo di oltre cento miliardi di euro, grazie a un tessuto produttivo che ha saputo diversificare, rafforzarsi e conquistare nuovi spazi sui mercati internazionali.

La direttrice del Financial Times, Roula Khalaf, ha delineato uno scenario economico in graduale miglioramento: “Il PIL globale è atteso in aumento dello 0,7% nel 2026 e dello 0,9% nel 2028”. Secondo Khalaf, la crescita dell’occupazione e l’aumento del gettito fiscale del 5% indicano un’economia mondiale che, pur rallentata, mostra ancora resilienza. A fare eco alle sue parole, Fabio Vitale, direttore di Sky TG24, ha osservato che l’Italia “sta giocando un ruolo chiave” in questa nuova geografia economica, dove sarà decisivo comprendere come evolveranno le relazioni con Stati Uniti e Cina.

Il vicepresidente di Sky Italia, De Bellis, ha ricordato che “il contesto globale è diventato sempre più imprevedibile”: gli Stati Uniti restano un partner essenziale, ma le dinamiche di potere si stanno spostando rapidamente verso l’Asia. A confermarlo è anche l’analisi di Richard Baldwin, economista alla IMD Business School di Losanna e direttore di VoxEU, secondo cui “la nuova era della globalizzazione sarà più frammentata: gli Usa hanno perso la leadership globale e il resto del mondo crea altre strade e stringe accordi senza di loro”.

Lo scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina, che insieme concentrano metà della ricchezza mondiale, influisce inevitabilmente anche sull’Italia. Roberto Giovannini, partner e Head of Consumer Industrial Markets di KPMG, ha osservato che “dobbiamo portare la competizione su un campo di gioco diverso: il reddito dell’Italia è fermo da trent’anni, mentre altrove è raddoppiato. Se vogliamo crescere, l’export da solo non basta: servono investimenti e una nuova domanda interna”.

Sul fronte dell’export, Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, ha evidenziato la necessità di allargare lo sguardo: “Non è possibile che l’Italia esporti 30 miliardi verso la Svizzera e appena 5 verso l’India. Il nostro Paese è ancora troppo rivolto verso Europa e Stati Uniti, ormai mercati saturi. In Asia esiste un pregiudizio positivo nei confronti dell’Italia: se non sapremo coglierlo nei prossimi cinque o dieci anni, avremo perso la sfida”.

Da parte sua, Giovanni Bozzetti, presidente di Fondazione Fiera Milano, ha ricordato che “il made in Italy è ancora oggi il brand più amato al mondo, ma non possiamo sederci sugli allori: dobbiamo guardare a nuovi mercati, in particolare Medio Oriente e Africa, che abbiamo lasciato agli investitori cinesi e russi”. Gli ha fatto eco Mario Pozza, presidente di Assocamerestero, sottolineando che “Asia, Medio Oriente, Africa e America Latina offrono grandi opportunità, ma le nostre imprese devono essere accompagnate e aiutate a strutturarsi. È questo il nostro compito come associazione”.

La prima giornata del Summit si è conclusa con un panel sulla transizione energetica, con la partecipazione di Nicola Lanzetta, direttore Italia del gruppo Enel. Il focus si è concentrato sulla necessità di semplificare il permitting e di accelerare i processi di investimento in infrastrutture e rinnovabili, elementi chiave per sostenere la competitività industriale del Paese.

Nonostante le difficoltà dovute ai dazi americani e alle nuove barriere commerciali, il Made in Italy Summit 2025 ha messo in luce una verità spesso trascurata: l’Italia, pur fragile in alcuni settori, conserva una straordinaria capacità di adattamento. L’identità del Paese resta un marchio di qualità riconosciuto nel mondo, ma il futuro dipenderà dalla rapidità con cui imprese e istituzioni sapranno orientarsi nella nuova geografia economica globale.

Come ha concluso Tamburini, “diversificare, innovare e aprirsi a nuovi mercati non è più una scelta, ma una necessità”. La forza del Made in Italy, oggi più che mai, risiede nella capacità di unire tradizione e trasformazione, creatività e pragmatismo, identità e apertura.