Politica

Le policy di supporto alle amministrazioni locali italiane e le Unioni di Comuni

07
Luglio 2023
Di Gianni Pittella

La rete dei Comuni italiani, enti titolari di gran parte dei servizi pubblici locali e della rappresentanza delle Comunità di cittadini, è notoriamente caratterizzata da una debolezza strutturale determinata dalle piccole dimensioni (sotto i 5.000 ab.) del 70% dei 7901 Comuni presenti in Italia. Rete di Comuni fondamentale per tutelare e rappresentare il variegato e complesso territorio italiano oggetto dal 2010 a 2020 di un processo di riduzione delle risorse economiche trasferite dallo Stato per la gestione dei servizi di cittadinanza pari ad oltre il 40%, accompagnato da regole che hanno limitato la possibilità di coprire i pensionamenti del personale tecnico ed amministrativo al 20% del turn over con devastanti effetti di riduzione delle capacità di gestione e governo del territorio e, come noto, causa prima delle difficoltà di messa a terra dei programmi del Pnrr.

La frammentazione amministrativa, la ridondanza eccessiva di strutture amministrative e le difficoltà dei piccoli Comuni di dotarsi di strutture tecniche adeguate sono un problema reale che trova soluzione o tramite processi di fusione tra Comuni o tramite processi associativi strutturati: le Unioni di Comuni. Se la legislazione di vantaggio per incentivare le fusioni ha negli ultimi vent’anni portato ad una riduzione di meno del 3% dei Comuni italiani non risolvendo peraltro il problema della piccola taglia degli enti locali, le Unioni di Comuni si sono diffuse in tutto il paese arrivando ad interessare il 40% dei piccoli Comuni italiani.

Le Unioni di Comuni sono enti pubblici, vere e proprie federazioni di Comuni che gestiscono, tramite delega da parte dei Consigli Comunali, le funzioni ed i servizi propri comunali. Le Unioni operano grazie al trasferimento di risorse proprie comunali (risorse finanziarie e di personale) ed ad esse si applicano, la dove compatibili tutte le norme del Testo Unico degli Enti Locali. In quanto enti pubblici hanno organi di governo (Presidente, Giunta, Consiglio di Unione) espressione diretta degli organi di rappresentanza e governo dei Comuni associati. I Consigli delle Unioni devono garantire la rappresentanza delle minoranze di ogni ente associato. In quanto proiezione istituzionale dei Comuni sono un perfetto strumento di gestione dei servizi locali grazie alle economie di scala ed alle capacità di specializzazione delle tecno-strutture che sono in grado di ottenere. Le Unioni sono peraltro anche veicoli di rafforzamento della rappresentanza politica di un territorio conferendo ai Comuni maggiore visibilità e forza nella promozione e tutela del loro territorio.

Fra le funzioni e servizi più gestiti in forma associata si annoverano la Polizia Municipale, la Protezione Civile, i Servizi Sociali, la gestione della Raccolta dei Rifiuti, le Stazioni Appaltanti, la Digitalizzazione dei servizi e lo Sportello Unico delle Imprese. Le Unioni montane eredi delle Comunità Montane gestiscono anche il Patrimonio Ambientale e la Manutenzione del Territorio. La storia dell’associazionismo intercomunale ha peraltro messo in evidenza che i processi di unione, se i conferimenti di funzioni sono adeguati, tendono ad essere molto stabili nel tempo: oltre la metà delle Unioni italiane ha più di dieci anni di vita ovvero ha gestito senza problemi il naturale ricambio delle rappresentanze politiche e delle strutture amministrative.

La loro diffusione dipende molto dalle specifiche politiche regionali di riordino territoriale, di incentivazione e supporto ai processi associativi. La dove le regioni (es. Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana) hanno sviluppato programmi per incentivare l’associazionismo intercomunale, il territorio si è strutturato aggregandosi attorno alle Unioni di Comuni riportando i servizi sul territorio e migliorando la sostenibilità economica delle strutture tecniche ed amministrative. Nonostante una notevole disparità di attenzione al rafforzamento amministrativo tramite l’associazionismo tra regioni, le Unioni di Comuni sono un fenomeno presente in tutto il paese, anche se nel Centro e Sud Italia soffrono maggiormente la strutturale scarsità di risorse dei piccoli comuni e l’assenza di supporti adeguati.

Le 444 Unioni italiane operano nell’ambito di un contesto normativo e regolamentare italiano che da una parte le destina ad una funzione di esclusiva riduzione della spesa di gestione dei servizi pubblici locali (D.L. 78/2010) e dall’altra le ignora completamente. A titolo di esempio nonostante buona parte dei piccoli Comuni abbia costituito in unione dei poli unitari per gestire le tecnologie informatiche e per far fronte comune ad eventi calamitosi attraverso la protezione civile associata, i finanziamenti PNRR per la digitalizzazione e gli aiuti statali a tutela della popolazioni colpite da disastri ambientali o sanitari escludono le Unioni di Comuni come potenziali destinatari. Analogamente, nonostante la necessità più volte dichiarata di rafforzare le macchine amministrative degli enti locali, le norme sulle assunzioni in regime di unione continuano a prevedere l’esclusiva finalità di riduzione della spesa rendendo difficile lo sviluppo di task tecnici ed amministrativi per poli territoriali ed aree vaste governati da Comuni associati.
Peraltro non si è mai integrata nel Testo Unico degli Enti Locali una normativa ad hoc per queste istituzioni pubbliche, che, ricordiamo, associano complessivamente il 35% dei Comuni italiani. La conseguenza è l’obbligo per questi enti di adottare norme di gestione costruite per singoli Comuni con adattamenti, costi e bizantinismo privi di logica.

Non si è fatto fronte in questi anni al problema al diverso trattamento che questi enti hanno a seconda della regione di appartenenza. Realtà amministrative complesse e deboli strutturalmente come nel Sud Italia non hanno le stesse opportunità e le stesse risorse di start up e sostegno delle Unioni di Comuni presenti nella maggior parte del Nord Italia. Questa disparità attiva un circuito vizioso di progressivo indebolimento dei piccoli Comuni del Sud rendendo ancora più difficili gli investimenti per costruire poli tecnici e politici associati.

Nonostante la loro diffusione e stabilizzazione nel paese, le Unioni di Comuni restano una soluzione “locale” e non lo strumento principe di una policy di riordino territoriale a livello Nazionale capace da una parte di salvaguardare l’esistenza e l’identità delle Comunità locali garantendo dall’altra migliori livelli di servizio a minori costi per i cittadini e le imprese. Le conseguenze sono note: diverse capacità amministrative determinano diversi livelli di servizio a fronte di problemi e domande del tutto uguali da parte delle comunità locali del paese.

Per queste ragioni Governo e Parlamento tengano nella giusta considerazione la necessità di sostenere le Unioni , sia sul piano finanziario che su quello delle risorse umane, nel ridisegno istituzionale che viene annunciato.