Politica

L’aerospazio si tinge di tricolore. Da Marte alla space economy, i grandi progetti dell’Italia

05
Febbraio 2022
Di Flavia Iannilli

“Eppur si muove!”, in riferimento alla Terra, è la celebre frase attribuita Galileo Galilei, fisico e filosofo nato a Pistoia, che si dice sia stata pronunciata di fronte ai giudici dell’Inquisizione al termine della sua abiura all’eliocentrismo nel 1633. «Non siamo solo un Paese che sviluppa tecnologie, ma un Paese all’avanguardia», a dirlo è Massimo Comparini, AD di Thales Alenia Space, nell’intervista a The Watcher Post. E aggiunge: «Adesso siamo impegnati nella ricerca di possibili tracce di una vita passata su Marte». Non a caso l’Italia, in relazione al proprio Pil, è terza in Europa e sesta nel mondo per investimenti nel settore. È evidente che da Galilei ai giorni nostri sono stati fatti grandi passi avanti, ma una costante è sempre stata rappresentata dal nostro ruolo di eccellenza riconosciuto a livello internazionale, che oggi ci posiziona in prima linea nei più ambiziosi progetti nella ricerca aerospaziale. Galilei un segnale lo aveva mandato, “Eppure ancora ci stupiamo”.

Il primo febbraio, da Cape Canaveral, è partito il secondo satellite della costellazione Cosmo-SkyMed che rappresenta un fiore all’occhiello dell’industria spaziale italiana, con Leonardo e le sue joint venture Thales Alenia Space e Telespazio, finanziata da Asi (Agenzia Spaziale Italiana) e Ministero della Difesa. Ci può raccontare i dettagli di questo progetto e su quali settori ha impatto?

«Siamo molto soddisfatti, la sequenza di iniezione di orbita e il dispiegamento dei vari pannelli si sono svolti regolarmente. Un obiettivo molto importante perché si tratta di una costellazione che conta complessivamente sei oggetti Cosmo-SkyMed.

Di questi modelli quattro sono di prima generazione, con un primo lancio nel 2007 e l’ultimo nel 2010. Mentre tra il 2019 e il 2022 ne sono stati lanciati due di nuova generazione. L’ultimo satellite mandato in orbita sarà operativo tra qualche mese con un’evoluzione importante dal punto di vista delle prestazioni.

Parliamo di un radar a piena polarizzazione con un’agilità di piattaforma che consente dei modi operativi molto più flessibili, mantenendo il presidio dello stato dell’arte dell’osservazione della Terra per questa classe lunare. La strumentazione radar permette di guardare il pianeta di notte e con qualsiasi condizione metereologica.

È un satellite di circa 2,2 tonnellate, quindi un radar spaziale grande e importante con una classe di prestazione elevatissima. L’osservazione della Terra dallo spazio è uno dei domini più interessanti sviluppatosi negli ultimi anni.

L’Italia si è mossa in maniera particolarmente visionaria: i primi studi della costellazione Cosmo-SkyMed risalgono alla fine degli anni 90′. Poter osservare la Terra è uno strumento essenziale per la sostenibilità del pianeta, per il monitoraggio delle aree forestali, dei ghiacciai, dei mari e degli oceani.

Questa rilevazione ha un impatto che entra, a pieno titolo, sia nell’evoluzione dei servizi che nella Space Economy in maniera importante. La conferma arriva dal programma Copernicus, uno dei flagship dell’Unione Europea, programma in cui siamo coinvolti sin dalla prima fase con la costruzione di radar e nell’espansione delle prospettive. A dimostrazione dell’eccellenza in questo settore realizzeremo un radar in banda “L” per la missione Rose-L e dei radiometri, che studieranno le acque dei ghiacciai delle zone polari, per la missione CIMR; e Cosmo-SkyMed si inserisce perfettamente nell’importanza di osservazione della Terra in qualità di strumento altamente sofisticato». 

Cosmo-SkyMed

Quanto è vasto l’aiuto che possono dare i progetti spaziali in termini di sostenibilità?

«L’osservazione della Terra contribuisce a capire l’evoluzione del pianeta. Dall’analisi delle superfici deforestate, allo studio dei poli che quantifica la massa di ghiaccio persa, fino all’erosione di alcune aree costiere dovuta all’innalzamento dei mari, chiara conseguenza del cambiamento climatico. Grazie a strumenti come Cosmo-SkyMed acquisiamo le informazioni sulle dinamiche del pianeta. Oltre a prendere coscienza dell’evoluzione possiamo controllare l’efficacia dei provvedimenti presi per far fronte a determinate problematiche, in questo modo siamo in grado di progettare l’impianto di una maggiore sostenibilità per la Terra».

L’Italia è sesta nel mondo e terza in Europa per investimenti sullo spazio, in relazione al proprio Pil. Come mantenere questa posizione, sapendo che si tratta di un settore che continuerà ad acquisire una rilevanza strategica sempre più ampia nel tempo?

«Oggi lo sviluppo della politica spaziale, sia per quanto riguarda le infrastrutture che per i servizi ad essa collegate, sostanzialmente si muove attraverso tre linee: le missioni nazionali dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI); il contributo all’Agenzia Spaziale Europea (ESA); il Pnrr. Una parte del Piano, infatti, è dedicata proprio allo spazio.

L’insieme di queste risorse finanziare costituisce la base non solo del mantenimento, ma del pieno sviluppo delle nostre posizioni. Rispettivamente a fine 2023 e fine 2024 si assisterà al lancio dei satelliti 3 e 4 della costellazione di seconda generazione di Cosmo-SkyMed. Questo permetterà di tenere in piena operatività la costellazione al massimo delle prestazioni; una costellazione radar che ha davanti a sé una strada di lungo respiro, un tempo di vita che arriva a fine decade.

In ambito ESA l’Italia ha giocato un ruolo rilevante alla ministeriale del 2019. Ma ne giocherà uno, altrettanto importante, di supporto al prossimo Consiglio ministeriale di fine 2022 sia per quanto riguarda le nuove missioni Copernicus che per le sentinelle di nuova generazione, partendo da quelle radar.  

Una delle iniziative più rilevanti nel Pnrr è il concepimento di una costellazione di osservazione della Terra con satelliti più piccoli e con alto tempo di rivisita. Questo consentirà di costruire un modello digitale del territorio, il cosiddetto Digital Twin. È importante per la gestione del territorio, per gli elementi di sostenibilità, per il monitoraggio delle infrastrutture. In questo modo entriamo realmente nella transizione gemella: digitale e green. Abbiamo tutti gli elementi per mantenere e sviluppare questo posizionamento.

Inoltre i risultati di un satellite come Cosmo-SkyMed hanno bisogno di una base di competenza importante, le nostre università e centri di ricerca, anche interne alle imprese, sono il terreno fertile».  

Che idea avete sul contributo delle università italiane nella formazione delle competenze specifiche per il vostro settore? Si può fare di più?

Il sistema universitario è un sistema di eccellenza, che produce competenze molto qualificate. Abbiamo rodato un sistema di master di secondo livello, noi ne supportiamo un certo numero per una formazione post lauream che è ancora di maggiore specializzazione. Da questo punto di vista c’è un livello di competenze non solo adeguato ma molto importante.

In passato ho ricoperto la carica di direttore tecnico della società e spingevo proprio per una collaborazione tra impresa e università anche attraverso stage di formazione, assegnazione di tesi di laurea, supporto di dottorati che rendano possibile questa interazione tra centri di ricerca, università e impresa.

Su questo il Pnrr fornisce un altro elemento fondamentale, la missione 4 dalla ricerca all’impresa, dove uno dei temi è proprio il partenariato sullo spazio, e stiamo già contribuendo a definire gli argomenti di ricerca o di tecnologie abilitanti da sviluppare con tutto il network degli accademici. Questo è un modo molto pragmatico che passa anche attraverso l’allocazione di risorse ai centri di ricerca per continuare a sviluppare sempre di più queste competenze».

Nello stabilimento che avete a Torino contribuite per oltre il 50% alla realizzazione di moduli pressurizzati della Stazione Spaziale Internazionale. Nel convegno dell’Osservatorio Space Economy a cui ha partecipato la scorsa settimana ha dichiarato che verranno realizzati anche i moduli che serviranno per la prima Stazione spaziale commerciale, che sta costruendo Axiom Space. Sa dirci di più sugli obiettivi di questo progetto?

«Anche questo fa parte dell’evoluzione della Space Economy. Parliamo di operare in orbita bassa attorno alla Terra, una parte in cui negli ultimi 20 anni abbiamo imparato a vivere, operando nella Stazione Spaziale Internazionale.

Lavorare in microgravità consente di fare operazioni che sulla Terra sono più difficili. Un esempio è l’applicazione rispetto alla sintesi di nuove molecole che hanno un impatto dal punto di vista farmacologico. Si tratta di svolgere quelle operazioni che in assenza di gravità sono o accelerate o sarebbero più complesse sul pianeta.

È un’evoluzione rispetto all’utilizzo commerciale e al fatto di poter operare in quel contesto, non solo dal punto di vista puramente scientifico, ma anche per svolgere delle attività con degli astronauti professionisti, ma che nascano non necessariamente dal corpo astronautico originariamente concepito dalle Agenzie spaziali.

Questa Stazione Commerciale è la prima che viene concepita i cui investimenti sono sostanzialmente giustificati dal fatto che in futuro per operare in quell’ambiente ci sarà un servizio. Si apre una nuova frontiera, quella dello sviluppo commerciale e dell’esplorazione.

Siamo molto contenti perché, per questa prima Stazione commerciale spaziale, i primi due moduli si costruiscono in Italia a dimostrazione del nostro livello tecnologico. Parallelamente stiamo costruendo i moduli della prima Stazione spaziale che orbiterà attorno alla Luna, il Lunar Gateway: un progetto di NASA dove c’è un contributo da parte dell’ESA e nostro; attraverso questo, stiamo realizzando, anche lì, dei moduli pressurizzati».  

 

Quanto sarebbe importante l’istituzione, anche in Italia, di una Fiera dedicata all’aerospazio?

«In realtà ci sono una serie di iniziative, stanno crescendo a Torino gli Aerospace &Defense Meetings dove comincia ad esserci una presenza internazionale importante. La risposta è certamente sì, l’aggregazione degli attori del settore, comunità scientifiche, accademiche, industriali, pmi, startup innovative è interessante. Ma devono essere eventi che generino un impatto a livello internazionale.

A livello mondiale c’è stato da poco lo IAC (International Austronautical Congress), ad aprile saremo a Colorado Springs allo Space Symposium; sono grandi conferenze a livello internazionale.

Ritengo che la cosa veramente importante sia che la filiera aerospaziale italiana presenzi ai contesti internazionali globali, dove possa rappresentare la propria eccellenza».

Risorse, materie prime, soluzioni alternative a fenomeni e problemi sulla Terra, spazio fisico: quali sono le risposte che si cercano di trovare nella ricerca aerospaziale? Anche in riferimento ai progetti che avete su Marte?

«Su Marte cerchiamo possibili tracce di una vita passata, sappiamo che Marte non è quello che vediamo oggi, sappiamo che c’era acqua, che c’erano laghi, oceani e fiumi. Questo rientra nella missione ExoMars del 2022, in cui Thales Alenia Space è il primo contraente, che porterà per la prima volta un rover equipaggiato con tecnologia italiana, la trivella robotica è di Leonardo.

L’esplorazione del sistema solare non è scissa da un sentimento apatico dell’uomo che è quello di conoscere. Questo fa parte proprio della nostra volontà di esplorare. Non di secondaria importanza è che molta della ricerca per sostenere queste missioni è la stessa che troviamo in altri settori. Mi riferisco agli studi sui materiali compositi, su leghe leggere e leghe resistenti alle radiazioni, alle vibrazioni e alla tecnologia di propulsione.

Sono tutte tecnologie che vediamo nella vita quotidiana e che hanno una derivazione dai progetti aerospaziali. La NASA ha aggiornato il check delle tecnologie derivate dalle prime Missioni Apollo e questo prosegue nel tempo, questo è un valore incredibile e inestimabile.

Infine possiamo dire che comincia ad essere visibile quanto lo spazio fa per la nostra vita quotidiana».

L’ultimo punto è interessante: perchè è un settore che riguarda tutti sebbene sia un comparto relativo a mondi lontani?

«Viviamo in una società iper connessa e digitale, siamo connessi in ogni luogo e in ogni tempo, devo dire ogni tanto anche purtroppo perché non ci disconnettiamo mai. Questo passa anche attraverso sistemi di comunicazione globali come l’emergere delle nuove costellazioni.

Noi sappiamo esattamente dove siamo, sia quando stiamo fermi, ma anche quando siamo in movimento; conosciamo le rotte delle navi o quelle degli aerei. Ottimizzare le rotte determina un grande contributo alla sostenibilità, significa meno emissioni e tutto questo non sarebbe possibile senza le costellazioni di navigazione satellitare. Lo rendiamo possibile con il Sistema di posizionamento Galileo, per il quale, rimanendo nel tema di eccellenze, pochi mesi fa abbiamo avuto un contratto per lo sviluppo della seconda generazione della costellazione.

Osservare la terra offre una miriade di servizi. Dall’agricoltura di precisione, che ci consente di produrre di più utilizzando in modo più intelligente e sostenibile le risorse, alla gestione delle emergenze, come l’eruzione del vulcano Tonga: lì c’è stata una dimostrazione tangibile di come si riescano a capire gli impatti su eventi naturali. In Italia abbiamo il centro delle emergenze del sistema Copernicus, che gestisce, per la Commissione Europea, le emergenze legate al sistema stesso, quindi poche ore dopo un evento abbiamo a disposizione mappe satellitari dettagliate che ci possono fornire l’impatto di quanto accaduto per gestire meglio quanto accadrà. Fino alla business intelligence, per cui attraverso un satellite vengono monitorati anche aspetti economici: negli ultimi due anni abbiamo monitorato come si siano modificati i comportamenti, su ampia scala, dovuti alla pandemia, ossia come si sono rallentate alcune attività economiche o come le emissioni siano scese sotto lockdown. Quindi lo spazio ad oggi è parte integrante delle nostre vite quotidiane sia a livello economico sia per le attività imprenditoriali».