Politica

L’addìo ad Andrea Augello. E Goffredo Bettini citava Ezra Pound

02
Maggio 2023
Di Marco Cossu

Parlare di destra in Italia e spiegare le ragioni per cui un gruppo dirigente legato per eredità al Movimento Sociale Italiano ha trovato dignità e agilità tra le poltrone del governo non può prescindere da quanto è passato tra le mani e per la mente di Andrea Augello. Il Senatore ha tenuto le fil rouge che unisce la generazione dei vinti di ieri a quella dei vincitori di oggi, tra chi in quanto sconfitto era stato emarginato agli angoli della vita politica e chi è stato scelto dagli elettori alla guida della nazione. La sua storia personale incarna il percorso di accreditamento di una comunità politica che desiderava prendere parte ed agire nella vita istituzionale ribadendo di non appartenere a schemi propri delle famiglie custodi dell’ordine costituzionale ed in fondo nemmeno a quelli vinti. Per quanto connessa al passato era qualcosa di nuovo e di diverso, viveva di contaminazioni culturali e sentiva allo stesso tempo il dovere di rendere giustizia a quanti furono calpestati ingiustamente dai vincitori. Scriveva libri sulla Battaglia di Gela e sui draghi, leggeva Pasolini come Krugman.

La scelta delle persone che avrebbe voluto parlassero al suo funerale (due) è la misura delle cose. Il suo amico e avversario Goffredo Bettini, ex dirigente del PCI, lo descrive come un «uomo in rivolta», intollerante verso «l’improvvisazione senza cultura» e della «comunicazione furbesca». Nel ricordo Bettini cita Cioran e i Canti Pisani di Ezra Pound. Questa era la destra di Andrea Augello: tesseva rapporti inattesi, era colta, raffinata, mai banale, animata quanto disillusa, capace di alzare vessilli e mai feticci, capace di restare allo stesso tempo ancorata alla realtà, fosse il quartiere, la città, il territorio. Per questo contava le preferenze.

Il campo di azione era Roma, cuore pulsante e principale bacino elettorale della destra italiana. Da militante del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile dell’MSI, Andrea animerà insieme a suo fratello Tony la politica romana degli anni ‘80, anni difficili per un giovane che intendeva fare politica, tormentati dagli spettri degli anni ‘70. Un impegno riconosciuto che gli consentirà di ricoprire per tre volte consecutive dal 1995 il ruolo di consigliere regionale tra le fila di Alleanza Nazionale, di cui una da assessore al Bilancio della giunta Storace. Siederà poi a Palazzo Madama per quattro volte, ricoprendo il ruolo del sottosegretario alla PA. 

Augello era un protagonista lontano dai riflettori. Fine stratega, tracciava nuove rotte e vedeva dove altri non credevano fosse possibile guardare. Prima degli altri, forse anche prima del tempo. Sarà così per la campagna elettorale per le comunali di Roma del 2009 che seguì da responsabile. Un capolavoro per chi ama le campagne elettorali. Per la prima volta un sindaco di destra, Gianni Alemanno, sale al Campidoglio sconfiggendo Francesco Rutelli al ballottaggio. Quel centrodestra si dimostrerà troppo fragile, non ancora capace di gestire le leve del potere. Era troppo presto. 

Andrea Augello se ne andrà anche lui troppo presto, a 62 anni, ma non così presto da non vedere le fil rouge ancorato alla cima della montagna. In tempi più maturi.

Il giorno dell’ultimo saluto saranno in tanti: in prima fila i ministri, i presidenti, i sottosegretari, c’è anche il Presidente del Consiglio. È la seconda persona a parlare. Di Andrea Augello ricorda l’ironia geniale e tagliente: «Mi aveva chiesto un appuntamento. Ero certa che volesse parlare della scadenza elettorale. Gli dico: “dimmi Andrea ho venti minuti”. Lui mi guarda e senza muovere un muscolo mi dice: “sto morendo”. Io non riesco a dire niente. E allora lui mi guarda e fa: “Non fare così Giorgia, pensa a me che devo dirti che sto per morire in venti minuti”». Mancherà tanto alla politica italiana.  

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