Politica

La partita delle riforme, per non perdere il Pnrr

23
Maggio 2022
Di Giampiero Cinelli

Si suole dire che in economia non ci sono pasti gratis. Questo Mario Draghi ha voluto far intendere alle forze di governo quando le ha richiamate a trovare una soluzione sulle riforme da approvare. Pena il rischio di non riuscire a mandare in porto il Pnrr. Il grande piano di ripresa è infatti legato a stretto giro con interventi chiesti dalla Commissione Europea, che oggi di nuovo sono stati comunicati ufficialmente all’Italia.
Si tratta principalmente della riforma del fisco, attualmente una legge delega, che prevede la revisione delle aliquote, specie quelle marginali, il taglio del cuneo fiscale e la revisione del catasto, anche questa molto raccomandata. Poi la riforma della giustizia e il disegno di legge sulla concorrenza, in cui figura la misura sugli stabilimenti balneari. L’articolo che regola le concessioni balneari, da rimettere a gara entro il 2024 con un appalto a livello europeo ha visto i partiti di centrodestra arroccarsi, facendo arenare il testo nella Commissione Industria del Senato. 

Secondo quanto si apprende, ci sarebbe tempo fino a domani mattina per un approvazione e il successivo approdo in Senato e, se così non fosse, Draghi chiederebbe l’approvazione tramite la fiducia. Polverizzando però anche gli emendamenti che erano stati presentati, concernenti la questione degli indennizzi per le spese sostenute dagli imprenditori non coperte dagli introiti e il supporto a chi ancora pagava il mutuo della concessione. Con la fiducia, per quanto riguarda il catasto, resterebbe in piedi solo la nuova mappatura degli immobili.

Ma il fiato sul collo da parte di Bruxelles è quello che agita il premier. Sotto osservazione gli output macroeconomici. Le stime su Pil, debito e deficit sono più pessimistiche rispetto a quelle di Roma. Il deficit/Pil è previsto al 5,6%, 3,9% l’anno prossimo, ma l’UE pensa che starà sul 4,3%. Il debito pubblico scende anche nel 2023 ma di meno rispetto a quanto si aspetta la Commissione, che lo stima al 146,8% del Pil. Perciò azioni che possono favorire maggiore concorrenza, più entrate e una più adeguata tassazione potrebbero ridurre il disavanzo di bilancio e spingere la crescita. Tra bilancio stabile e crescita però non c’è mai un’equivalenza automatica, a maggior ragione in un quadro come questo in cui l’alta inflazione, gli squilibri dati dalla guerra e le stretta monetaria della Bce faranno aumentare i tassi entro l’estate o a settembre. 

Ecco perché il Commissario Europeo Paolo Gentiloni pensa che sia indispensabile per le riforme da approvare far fruttare la spinta del Recovery Plan. Il cui moltiplicatore sul Pil si basa su uno 0,9% ma che può favorire un’onda lunga. «Nessuno parla di tornare all’austerity – ha detto Gentiloni in un’intervista alla Stampa – ma l’espansione della spesa corrente non sarà più quella dei due anni di pandemia Non possiamo permettercelo visti i rischi dell’inflazione. Quindi dobbiamo puntare ai prestiti contro il caro energia per le famiglie più vulnerabili, utilizzando gli attuali strumenti messi in campo dall’UE. Se le emissioni di debito comune funzionano verranno certamente riproposte».