“Mi piacerebbe essere Papa, sarebbe la mia scelta numero uno”. La frase, pronunciata con tono ironico da Donald Trump, ha fatto rapidamente il giro del mondo. Ma come spesso accade con l’ex presidente americano, l’ironia si mescola a un messaggio politico preciso. Non è una provocazione fine a se stessa: il riferimento al Conclave che si aprirà il 7 maggio per scegliere il successore di Papa Francesco va letto come un segnale, forse come un avvertimento. In un mondo in cui religione e politica tornano a intrecciarsi in modo esplicito, anche la scelta del nuovo pontefice rischia di diventare terreno di scontro tra visioni contrapposte.
Papa Francesco lascia un’eredità carica di tensioni: un pontificato che ha spinto la Chiesa verso l’apertura ai migranti, l’impegno per il clima, il dialogo interreligioso e un ruolo centrale per la sinodalità. Temi che hanno ispirato milioni di fedeli, ma anche creato frizioni con settori più conservatori dell’episcopato, in particolare quello statunitense.
Proprio dagli Stati Uniti arriva ora una delle influenze più forti e controverse sul prossimo Conclave. Gruppi definiti “Maga Catholics” – in riferimento allo slogan trumpiano “Make America Great Again” – sostengono candidati più vicini a una visione tradizionalista della Chiesa. Tra questi, il cardinale Raymond Leo Burke, noto per le sue critiche a Bergoglio, e l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, che ha intrattenuto rapporti cordiali con Trump e ambienti repubblicani. Il loro obiettivo è chiaro: promuovere un pontificato che ritorni a una linea più rigida in materia dottrinale, morale e liturgica.
Ma la Chiesa americana è tutt’altro che monolitica. Altri cardinali statunitensi – tra cui Wilton Gregory, Robert McElroy, Blase Cupich e Joseph Tobin – incarnano l’eredità progressista di Francesco. Attivi sul fronte della giustizia sociale, dei diritti umani e della lotta alla povertà, rappresentano un’altra America cattolica: quella aperta, solidale e attenta ai margini.
Intanto, la rinuncia del cardinale Angelo Becciu al diritto di voto nel Conclave aggiunge un elemento di rilievo al quadro. Il porporato sardo, coinvolto in un processo vaticano per reati finanziari, ha ufficializzato la sua rinuncia nei giorni scorsi, accettando l’invito della Santa Sede a fare un passo indietro. Becciu, una figura un tempo vicina a Papa Francesco, era stato al centro di forti polemiche e contrasti interni alla Curia. La sua esclusione volontaria riflette il clima di rinnovamento e trasparenza che si cerca di promuovere attorno al Conclave, ma evidenzia anche le tensioni ancora irrisolte nel cuore del governo vaticano.
Nel Conclave si giocherà quindi una partita complessa, dove le alleanze non seguiranno solo linee teologiche, ma anche dinamiche geopolitiche. L’ala conservatrice guarda oltre l’Atlantico: nomi come Robert Sarah (Guinea) e Péter Erdő (Ungheria) rappresentano figure internazionali che potrebbero attrarre voti tra i cardinali ostili all’agenda di Francesco. Le cordate si muovono silenziose, e l’appoggio indiretto di poteri politici esterni – come quello trumpiano – può influenzare il clima, se non le decisioni finali.
Un papato orientato verso le posizioni dell’ex presidente americano avrebbe conseguenze concrete: un possibile raffreddamento del dialogo con la Cina, una distanza maggiore dall’Islam moderato, e un riavvicinamento a quelle forze populiste e sovraniste che in Europa si richiamano alla “tradizione cristiana” come strumento identitario.
Gli osservatori più attenti invitano però alla cautela. Nessun leader politico, per quanto potente, può controllare un Conclave. Ma può cercare di orientarlo, o almeno di creare attorno ad esso una narrativa utile alle proprie battaglie ideologiche. In questo senso, Trump ha già ottenuto il suo scopo: trasformare anche la successione papale in un nuovo terreno di contesa culturale globale.
Il prossimo Papa sarà, come sempre, frutto di un discernimento tra uomini di fede. Ma in un tempo in cui tutto è politica, anche la scelta del Vicario di Cristo diventa specchio delle tensioni del mondo. Mentre la Chiesa cerca un nuovo pastore, si fa strada la consapevolezza che lo Spirito Santo, oggi più che mai, dovrà farsi largo tra le spinte del potere terreno.





