Politica

Fino a che punto è lecito giocare con le politiche pubbliche?

07
Novembre 2025
Di Gianluca Sgueo*

Un sistema a punti che premia le unità combattenti per ogni bersaglio colpito. Una competizione, serrata, tra reparti – sancita da una classifica. Il premio per chi arriva prima sono equipaggiamenti migliori: droni e componenti militari. Il reportage sulla “gamification” della guerra in Ucraina, firmato da Kim Barker e Oleksandra Mykolyshyn e pubblicato sul New York Times il 31 ottobre, solleva due domande. La prima: è lecito “giocare” con le politiche pubbliche? E poi, entro quali limiti è lecito farlo?

La risposta alla prima domanda è inequivocabilmente positiva. Gli incentivi ludici, promossi dai governi per incoraggiare comportamenti collettivi, hanno una lunghissima tradizione alle spalle. Erodoto nelle Storie racconta dello stratagemma escogitato dagli abitanti della Lidia: costoro usavano i giochi pubblici come stratagemma per sopravvivere a una carestia che li affliggeva da diciotto anni. I giochi si tenevano a giorni alterni, come distrazione dalla privazione di cibo, che veniva distribuito nei giorni di riposo. Il poeta satirico Giovenale critica la classe dirigente e il popolo romano nel celebre verso: “[populus] duas tantum res anxius optat: panem et circenses”. Cibo e divertimento.

Perché giocare funziona così bene? Due premi Nobel per l’Economia, Daniel Kahneman e Richard Thaler, hanno dimostrato che l’essere umano è, in fondo, un decisore irrazionale. Scegliamo e ci comportiamo non tanto in base alla ponderazione dei pro e dei contro; semmai in base agli impulsi che riceviamo. Per questo motivo, la “spinta gentile” (nudge) esercitata dai governi per favorire comportamenti nella popolazione può essere una strategia particolarmente efficace. Anche – anzi, soprattutto – se si presenta nella forma del gioco.

Cos’è stata la “lotteria degli scontrini” se non un incentivo ludico finalizzato a contrastare l’evasione fiscale? Cos’ha spinto la città di New York a creare un complesso sistema a punti nel bike sharing? Orientare la mobilità in modo sostenibile. E perché mai la NASA avrebbe lanciato una “Asteroid challenge” per chiedere alle persone comuni di individuare asteroidi pericolosi? Tra i motivi: il risparmio di costi.

Il gioco funziona. Ma attenzione ai limiti. Soprattutto quelli etici. Alla seconda delle nostre domande la risposta non è affatto chiara. Un sistema a punti, un gioco, può avere molti lati oscuri. Ad esempio, può spingere chi gioca a perseguire comportamenti utilitaristici (fare più punti) minimizzando gli effetti collaterali. Nel caso ucraino, a guardar bene, fare punti significa abbattere le vite umane. Oltretutto, le meccaniche di ricompensa possono generare assuefazione in chi gioca, finendo per scoraggiare l’interesse quando l’incentivo viene meno. Infine, chi garantisce la trasparenza del sistema? Un algoritmo?

C’è un abisso tra ciò che è utile e ciò che è giusto nella gamification delle politiche pubbliche. Un gioco che sostituisce la realtà è un segnale: è giunto il momento di smettere di giocare.

*SciencesPo – Ecole d’Affaires Publiques