Politica

Elezioni, chi ha vinto e chi ha perso, tra campo largo e divisioni

28
Giugno 2022
Di Piero Tatafiore

Chi ha vinto? Chi ha perso? Ha vinto Letta? La Meloni lancia la volata per le Politiche? No, è certo solo chi ha perso, Salvini! Il campo largo è sempre più forte? No, il campo largo è morto, vista la grandissima débâcle del Movimento 5 Stelle! Le elezioni sono così, da sempre. Rivendicazioni tra chi ha vinto e chi ha perso. Da domenica sera si commenta solo la vittoria di Damiano Tommasi a Verona, facendo dimenticare al PD le cocenti sconfitte di Palermo e Genova. È la retorica delle elezioni e quelle amministrative non sfuggono, anzi, esaltano questa retorica. Ma vediamo le cose come stanno. Lasciamo perdere i numeri, dove il centrodestra potrebbe dire di aver vinto (trovandosi a governare su quasi 1.9 milioni di cittadini contro i 1.35 milioni governati dal centro sinistra). Nel complesso, ha tenuto. Ma i voti, ci hanno insegnato i Maestri, non si contano, si pesano. E, se le vittorie di Genova e Palermo sono per il centrodestra un segnale di solidità, le sconfitte di Verona e Catanzaro rappresentano un campanello di allarme. Se Atene piange, Sparta non ride. Sicuramente Verona, città storicamente di centrodestra, desta scalpore, come Monza, dove la sovraesposizione del sempiterno Berlusconi non è bastata ad evitare la sconfitta al sindaco uscente. Ma certamente Letta non può gioire: deve leccarsi le ferite per le sconfitte di Genova e Palermo e per aver visto evaporare la forza dei 5 Stelle, attraversati da una lacerante scissione tra primo turno e ballottaggio e, sostanzialmente, ininfluenti in questa tornata.

Quindi un campo più lasco che largo. Cosa ci dicono dunque queste elezioni? Innanzitutto che si è fatto di tutto per inibire la partecipazione al voto degli elettori, dall’aver organizzato le elezioni nel giugno tra i più caldi della storia, all’aver accorpato il primo turno a un referendum dove il messaggio delle forze politiche, velato, era “andatevene al mare”. La media del 40% di affluenza al ballottaggio è una vergogna per tutta la classe politica che esce ancor di più, semmai ve ne fosse bisogno, delegittimata. Poi le elezioni ci hanno mostrato la validità della regola disunità, che colpisce chi non mostra, appunto, unità nella competizione elettorale, come accaduto, per esempio, a Verona. Interessante anche il fatto che siano caduti molti “incumbent”, come ad Alessandria o a Monza.

Ci ha mostrato anche che il PD, nonostante qualche risultato di rilievo (Lodi) non è riuscito di certo a sfondare e non solo ha perso roccaforti come Lucca, ma non è riuscito ad essere competitivo in Liguria, storicamente una regione favorevole. Ma queste elezioni ci hanno mostrato anche che il Nord ha dato segnali di insofferenza fortissimi: perdere Alessandria, Monza, Verona, Lodi, ma anche Piacenza, e non essere stati sostanzialmente competitivi a Parma pone una questione settentrionale molto forte alla leadership di Salvini, già messa in discussione internamente dagli errori relativi all’invasione russa. Chi si aspettava segnali importanti per le politiche è rimasto deluso, tutto ancora aperto. Il centrodestra è sempre forte (a patto di essere unito) e il centro sinistra non sa ancora quanto largo deve essere questo campo per poter essere competitivo. Sullo sfondo una disaffezione che porta ad essere quello degli astenuti il primo partito italiano. Non resta che seguire il 60% di coloro che erano stati chiamati alle urne: andare al mare.

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