Politica

Difesa e Dazi: l’Italia tra Trump e NATO

28
Giugno 2025
Di Alessandro Caruso

La scena internazionale questa settimana è stata dominata dal vertice NATO svoltosi all’Aia (24-25 giugno), dove si è registrata un’intesa apparentemente storica: i 32 Paesi membri si sono impegnati a portare la spesa per la difesa al 5 % del PIL entro il 2035, suddivisi in 3,5 % per capacità militari e 1,5 % per infrastrutture e resilienza. La rinnovata sottoscrizione dell’articolo 5 ha infuso fiducia, ma permane lo scetticismo sulla concretezza dei piani e sui tempi di attuazione.

Il presidente statunitense Donald Trump ha trasformato il vertice in un palcoscenico di affermazione personale: dopo una serie di provocazioni, minacce di dazi e richieste insistenti agli alleati, ha salutato la svolta come una “vittoria storica”, ringraziando il segretario generale Mark Rutte e assumendo un ruolo da protagonista del summit . Il messaggio di Trump è stato chiaro: “I left here differently… non è una fregatura, siamo qui per aiutarvi a difendere i vostri Paesi”. Ma gli analisti avvertono che il peso eccessivo della sua influenza rischia di alimentare tensioni all’interno della NATO e scalfire la reputazione di leadership degli USA .

Tra i nodi più rilevanti è emersa la resistenza della Spagna, guidata da Pedro Sánchez, che si è tirata fuori dall’impegno al 5 %, bloccando la spesa militare al 2,1 %. Trump ha replicato con accuse di “passaggio gratuito” e la minaccia di ritorsioni commerciali . Anche altri Paesi, come Slovacchia e Belgio, condividono perplessità, introducendo un’ombra sulla “unità di ferro” promessa dalla NATO.

Dallo stesso vertice, la Germania ha annunciato un’espansione delle forze armate senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale: con il cancelliere Merz ha annunciato l’incremento del budget militare da circa 100 mld $ nel 2025 a 177 mld nel 2029, nuovo contingente di 60.000 soldati e possibile reintroduzione della coscrizione. È stato creato un fondo speciale da 585 mld $ e la “freno al debito” è stato ripensato. Una scelta che però strappa reazioni: parte della società tedesca – e alcuni esponenti della coalizione – temono il ritorno a una cultura bellica.

Sul fronte europeo, emerge un delicato equilibrio. Il Regno Unito, ad esempio, ha confermato l’acquisto di 12 caccia F35A dotati di capacità nucleare tattica, segno di un nuovo impulso alla deterrenza. Dall’altro lato, Canada, Polonia e Paesi baltici hanno espresso apprezzamento, mentre la Russia osserva con allarme l’aumento della spesa difensiva .

Nel frattempo, l’Italia si muove con cautela tra questi equilibri. A livello domestico, Palazzo Chigi ha preparato una posizione flessibile: la premier Giorgia Meloni e il ministro Tajani hanno calcolato che serviranno “10 anni o più” per centrare l’obiettivo 5 % e si sono dichiarati disponibili a un percorso graduale . In parallelo, il governo cerca di ritardare l’effetto dei dazi Usa (50 % su acciaio e alluminio), grazie a un dialogo attivo tra Meloni, von der Leyen e la Casa Bianca. Il presidente Mattarella ha rivendicato il legame transatlantico come fondamento della sicurezza europea e delle esportazioni italiane.

Sul piano finanziario, in Italia pesa la pressione del debito pubblico: ad aprile ha superato i 3.063 mld €, segnando un aumento di 30 mld rispetto a marzo. Le entrate fiscali sono in crescita (+3,2 %), ma l’incertezza internazionale – tra inflazione, tassi e potenziali dazi – rende complessa la gestione del deficit, ora stimato sotto il 3 % entro il 2026 nel DEF. Le tensioni fra il vincolo del debito e i fabbisogni per la difesa saranno centrali nella prossima legge di bilancio.

In sintesi, la settimana ha confermato un inedito slancio politico verso una difesa più robusta in Europa, mosso dall’ambizione americana e dalla persistenza della minaccia russa e mediorientale. Ma resta il “paradosso della deterrenza”: gli impegni finanziari elevati non garantiscono di per sé coesione o efficacia bellica . Per l’Italia si apre una stagione di mediazione tra alleati e vincoli di bilancio, con la sfida di conciliare sicurezza, stabilità economica e ruolo internazionale.