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Ucraina: il punto, Kiev teme che un flop della controffensiva raffreddi l’Occidente

10
Maggio 2023
Di Giampiero Gramaglia

Magari, non significa nulla, ma il fronte in Ucraina è fermo da settimane: la guerra la fanno missili e droni, piogge di morte sugli obiettivi ucraini, incursioni – non soltanto velleitarie – sul territorio russo. A Bakhmut, i mercenari del Wagner non completano la presa della città, neppure ci provano; e, altrove, le truppe paiono essenzialmente impegnate a costruire strutture difensive lungo una linea di quasi 1500 chilometri.

A Kiev, fonti ucraine politiche e militari condividono con giornalisti occidentali timori di flop dell’annunciatissima controffensiva, che non è ancora scattata e che potrebbe non raggiungere gli obiettivi sbandierati, con il rischio di vedere vacillare il sostegno dell’Occidente. È come se russi e ucraini sentano vacillare l’ipotesi di una soluzione militare al loro conflitto.

In un’intervista esclusiva al Washington Post, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, insieme al ministro della Difesa Oleksii Reznikov, riconosce di avere forse posto l’asticella delle aspettative troppo in alto, parlando di riconquista dei territori occupati, sullo slancio dell’entusiasmo per i successi della controffensiva d’autunno, con la ripresa di Kharkiv e della parte di Kherson a destra del Dnipro.

I russi occupano attualmente circa un sesto del territorio ucraino. A Kiev ci si chiede che cosa potrà colpire positivamente l’Occidente, specie gli Usa. Dopo avere stupito il mondo intero per 15 mesi, i leader ucraini temono ora di non riuscire a rovesciare l’inerzia del conflitto e d’innescare – parole di Reznikov – “una delusione emotiva” nel loro popolo e nei loro alleati, che potrebbero ridurre o limitare il loro sostegno, non vedendone risultati, e sollecitare l’avvio di negoziati tra Kiev e Mosca.

Martedì, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha ribadito che, per il suo Paese, “questo è il tempo della diplomazia e non quello della guerra”, ricevendo il premier olandese Mark Ruute, che gli spiega le ragioni del sostegno della Nato all’Ucraina “per tutto il tempo necessario.

Per riuscire, le operazioni militari offensive richiedono un soverchiante vantaggio in uomini e mezzi. Al momento, l’Ucraina non sembra disporne, pur avendo ricevuto quasi tutti gli aiuti militari promessile. Esperti militari occidentali, alla Nato e nelle capitali, giudicano difficile, se non impossibile, che le forze di Kiev possano respingere i russi sulle posizioni di partenza del 24 febbraio 2014, quando l’invasione iniziò.

Un po’ anti-climax in questo contesto, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres dice, in un’intervista al quotidiano spagnolo El País: “Purtroppo al momento negoziati di pace non sono possibili. Entrambe le parti sono convinte di potere vincere”, mentre altrove tutti sono certi che l’esito della guerra non può essere deciso sul campo di battaglia.

In Europa è in corso una visita del ministro degli Esteri cinese Quin Gang, che ha fatto martedì una conferenza stampa a Berlino con la verde tedesca Annalena Baerbock. Quin dice: “Noi deploriamo che la guerra, iniziata oltre un anno fa, non sia ancora finita. Ed esortiamo entrambe le parti a chiuderla”. Per il ministro cinese, il piano di pace di Pechino è stato “salutato positivamente sia dalla Russia sia dall’Ucraina”. La Baerbock riconosce che Pechino “potrà giocare un ruolo decisivo per la pace”.

I 9 Maggio diversi a Mosca e a Kiev (e a Bruxelles e a Washington)
Il 9 Maggio ha significati ormai diversi a Mosca e a Kiev. Sulla Piazza Rossa, c’è stata, come ogni anno, la grande parata per la vittoria sul nazismo nel 1945, che offre al presidente russo Vladimir Putin un’ulteriore occasione di attaccare l’Occidente e Ucraina.

Contemporaneamente, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky cancella la rievocazione della fine della Seconda Guerra Mondiale e celebra, come si fa nell’Ue, la Festa dell’Europa, nell’anniversario della dichiarazione, il 9 maggio 1950, del ministro degli Esteri francese Robert Schuman, che segnò l’avvio del processo di integrazione europea. A Kiev, nell’occasione, c’è la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che, ormai, è quasi di casa lì – cinque visite in 15 mesi -.

Il ‘piano munizioni’ presentato dall’Esecutivo europeo, per incoraggiare l’industria bellica Ue ad aumentare la produzione di munizioni (fino a un milione l’anno, con 500 milioni di euro), avrà una corsia preferenziale. Ma il Parlamento europeo è contrario a dirottare sui proiettili fondi del Recovery Fund, una possibilità ventilata dal responsabile del Mercato Interno, Thierry Breton, perché “la guerra è anche una guerra industriale e di capacità di produzione. Più aumenteremo la nostra di armi, più saremo credibili. E la credibilità sarà un ingrediente per la pace”.

Sempre il 9 maggio, gli Usa annunciano un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev da 1,2 miliardi di dollari: droni, munizioni d’artiglieria, missili anti-aereo. Finora, Washington ha complessivamente impegnato per l’Ucraina, da quando Joe Biden è presidente, 37.6 miliardi di dollari in assistenza militare.

Secondo un’anticipazione del Financial Times, Bruxelles intende sanzionare società cinesi che hanno dato sostegno alla macchina da guerra russa: sarebbe la prima volta e “Pechino – scrive il giornale – non l’ha presa bene”. Nel mirino europeo ci sono sette aziende cinesi che producono attrezzature ed elementi tecnologici (semiconduttori, radar, droni, sistemi radio, ecc) utilizzabili negli armamenti; alcune delle sette aziende sono già state colpite con sanzioni degli Usa.

La bozza della Commissione europea è stata inviata agli Stati membri il 5 maggio ed è ora discussa dai 27. La preoccupazione dell’Ue, che ha già varato contro la Russia dieci pacchetti di sanzioni, è la cosiddetta triangolazione, ossia la possibilità di aggirare i veti occidentali sull’export verso Mosca usando Paesi terzi come vettori: eventualità che è già stata verificata nei commerci di petrolio, chip e tecnologia.

La Cina non è l’unico Paese sotto esame: nel nuovo pacchetto si parla anche di Iran, Armenia e Turchia. La tempistica sembra in contrasto con gli sforzi di riapertura di dialogo tra Russia e Ucraina con l’intermediazione della Cina. L’ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger dice alla Cbs che l’iniziativa di pace di Pechino può portare a una soluzione della crisi ucraina entro fine anno.

Cronache di guerra e di sabotaggi, lotte per il potere e rivalità
Le cronache di guerra si frantumano in episodi senza rilievo, si sbriciolano in gossip su lotte di potere a Kiev e rivalità negli apparati militari russi. Il capo dei Wagner Evgenij Prigozhin minaccia di ritirare i propri uomini da Bakhmut, dove gli ucraini li accusano di avere usato armi chimiche, per denunciare la carenza di munizioni – i mercenari ne avrebbero il 70% in meno del necessario -.

Per Prigozhin, lo Stato maggiore russo sarebbe responsabile di decine di migliaia di caduti, essendosi intestardito per prendere una città con nessuna valenza strategica. Su questo punto, il capo dei Wasgner  è d’accordo con l’intelligence Usa, che ha spesso consigliato gli ucraini a lasciare Bakhmut ai russi. La risposta di Mosca a Prigozhin viene dal ministro della Difesa Sergej Shoigu che ispeziona un carico di armi pronte per essere spedite al fronte. Fonti d’intelligence citate dal Washington Post suggeriscono che la mancanza di armi e manodopera abbia costretto Putin a ridimensionare temporaneamente le sue ambizioni, concentrandosi sul consolidamento delle posizioni nei territori occupati. E c’è chi sostiene che i russi stiano evacuando le città controllate vicine al fronte, proprio nel timore dell’annunciatissima controffensiva ucraina. I bombardamenti russi sono stati, nell’ultima settimana, particolarmente intensi; e i missili anti-aereo Patriot Usa si sono già rivelati utili nello sventare attacchi – avrebbero anche abbattuto un missile ipersonico Kinzhal -. Invece, si hanno sempre più frequentemente notizie di bombardamenti ucraini sul territorio russo e anche di atti di terrorismo ucraino contro esponenti russi: lo scrittore ultra-nazionalista Zakhar Prilepin è stato gravemente ferito quando la sua auto è saltata in aria su un’autostrada in una zona isolata, nella regione di Nizhny Novgorod. Il suo autista ha perso la vita. La dinamica dell’omicidio richiama l’uccisione nell’ottobre scorso di Darya Dugina, la figlia dell’ideologo nazionalista russo Aleksandr Dugin.