News

Smash

02
Dicembre 2023
Di Redazione

Con la morte di Henry Kissinger è ufficialmente finito il 900 e la sua eredità. 

Impossibile condensare in poche righe tutto ciò che Kissinger ha rappresentato nel corso della sua vita, più dedicata all’elaborazione di un pensiero che alla stretta attività politica. 

Kissinger è stato un uomo “di” potere, non un uomo “del” potere. Differenza semantica che ne apre una decisamente più sostanziale. 

Per raccontarlo, meglio affidarsi alle sue parole, tratte da alcune delle opere più significative da lui scritte: Un popolo non deve mai perdere la fede in sé stesso: coloro che sguazzano felici nelle imperfezioni della loro società o le trasformano in una scusa per abbandonarsi a un’orgia nichilistica finiscono in genere col corrodere tutti i vincoli sociali e morali e a lunga scadenza, con il loro attacco spietato a tutte le credenze, non fanno altro che moltiplicare le sofferenze. (da Gli anni alla Casa Bianca).

Una strategia politica deve basarsi come minimo su questi tre elementi: un’analisi rigorosa, che stabilisca l’ambito delle scelte possibili; una preparazione meticolosa; e infine la capacità di prendere subito l’iniziativa. Quando è in atto una crisi, la passività non fa che accrescere l’impotenza: alla fine ci si trova costretti ad agire proprio sui problemi e nelle condizioni di gran lunga meno favorevoli. (da Gli anni alla Casa Bianca)

Il sistema internazionale del ventunesimo secolo sarà caratterizzato da un’apparente contraddizione: da un lato frammentazione, dall’altro globalizzazione crescente. A livello di rapporti internazionali il nuovo ordine sarà più simile al sistema di stati del diciottesimo e diciannovesimo secolo che ai rigidi schematismi della guerra fredda. (da L’Arte della Diplomazia)

Le certezze di minacce fisiche e dell’ideologia ostile, caratteristiche della guerra fredda, sono scomparse. Ciò che si richiede per governare il mondo emergente è più astratto: la visione di un futuro indimostrabile e i giudizi essenzialmente congetturali sul rapporto fra speranza e possibilità. I fini wilsoniani del passato dell’America – pace, stabilità, progresso e libertà per l’umanità – dovranno essere raggiunti in un percorso senza fine. «Viaggiatore», dice un proverbio spagnolo, «non ci sono strade. I sentieri si formano camminando.» (da L’Arte della Diplomazia)

Un quarto di secolo di crisi politiche ed economiche di cui le pratiche e gli ammonimenti occidentali sono stati considerati responsabili, o almeno corresponsabili – insieme all’implosione degli ordini regionali, ai bagni di sangue settari, al terrorismo, e a guerre finite senza vittorie –, ha messo in questione gli assunti ottimistici dell’epoca immediatamente successiva alla guerra fredda: ovvero che la diffusione della democrazia e dei liberi mercati avrebbe automaticamente creato un mondo giusto, pacifico e inclusivo. (da Ordine Mondiale)

Nelle sfide della nostra epoca, un ruolo risoluto e significativo dell’America sarà necessario sia dal punto di vista filosofico sia da quello geopolitico. Ma l’ordine mondiale non può essere conseguito da un paese che agisca da solo. Per raggiungere un autentico ordine mondiale, i suoi componenti, pur mantenendo i propri valori, devono acquisire una seconda cultura che è globale, strutturale e giuridica: un concetto di ordine che trascende le prospettive e gli ideali di qualsiasi regione o nazione.  (da Ordine Mondiale)

Chissà come avrebbe commentato il 3° posto di Roma nella corsa per EXPO 2030.