Politica

Riforma del Mes, esaminate le leggi di Pd e Terzo Polo per ratificarla

30
Marzo 2023
Di Giampiero Cinelli

Le pressioni sulla ratifica della riforma del Mes non arrivano solo da fuori, ma anche da dentro. Ieri la Commissione Esteri della Camera ha esaminato le due proposte di legge, una a firma De Luca (Pd) e l’altra che ha primo firmatario Marattin (Italia Viva), per il definitivo recepimento del trattato.

I due testi erano stati presentati uno il 13 dicembre, l’altro il 16 dicembre del 2022, e in breve chiedono la ratifica del trattato con la firma del presidente della Repubblica, l’esecuzione degli accordi che ne derivano senza nuovi oneri per la finanza pubblica e l’entrata in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Lo scontro

Ma il succo delle due iniziative sta nelle premesse, in quanto sia Piero De Luca che Luigi Marattin si oppongono alla mozione Foti, Molinari, Cattaneo, Lupi ed altri, votata il 30 novembre di quest’anno, che impegnò la Camera a non approvare la revisione sul Meccanismo Europeo di Stabilità. In quella stessa seduta vennero respinte le mozioni di indirizzo opposto proprio di De Luca, Richetti e Scerra.

La diatriba

L’opposizione ci riprova quindi con delle proposte di legge di iniziativa parlamentare, sostenendo, sostanzialmente, che le principali paure del governo siano infondate. Sia quella del monitoraggio e valutazione preventiva del debito pubblico da parte del Mes, che infatti non è istituita, ma nel nuovo trattato è presentata all’articolo 3 come una possibilità, che l’organismo svolgerebbe di concerto con la Commissione, al fine di prepararsi meglio ad eventuali operazioni, sia quello della ristrutturazione del debito in caso di richiesta di finanziamento.

Le clausole di azione collettiva

Per ristrutturazione del debito si intende la sua rinegoziazione. Anche questa non automatica ma eventuale. La ristrutturazione potrebbe significare anche un taglio degli interessi da corrispondere o del valore dei titoli. Tuttavia, siccome la maggioranza del debito è collocata presso istituti domestici e anche nel portafoglio di piccoli investitori residenti in Italia, sarebbe un danno per la popolazione. La ristrutturazione avverrebbe attraverso una votazione, lo prevede proprio il contratto di acquisto delle obbligazioni, nelle clausole di azione collettiva. Come si legge in un documento parlamentare: «Con la riforma dell’articolo 12 del Trattato, sarebbero modificate le clausole d’azione collettiva con l’introduzione, a partire dal 1° gennaio 2022, per i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione con scadenza superiore a un anno, anche delle clausole d’azione collettiva con approvazione a maggioranza unica (single limb CACs). In generale, le clausole d’azione collettiva consentono a una maggioranza qualificata di creditori di imporre la ristrutturazione del debito a tutti i creditori. Le clausole con approvazione a maggioranza unica consentono di prendere una decisione contestuale per tutte le serie di un dato titolo, senza la necessità di votare per ogni singola serie emessa».

Le banche

Altro punto fondamentale della dialettica sul Mes è l’assistenza finanziaria diretta alle banche. Secondo De Luca e Marattin sarebbe un’occasione da non sprecare e se fosse stato subito ratificato il Mes, il meccanismo avrebbe rafforzato il Fondo di Risoluzione Unico (sulla tutela dei depositi) già dal 2022 e non dal 2024.

La capienza del Fondo

Il Meccanismo europeo di Stabilità, è un Fondo a cui aderiscono 20 paesi tra cui l’Italia e ha un capitale potenziale di 704 miliardi di euro. Può fornire assistenza diretta sulle aste dei titoli di Stato o supportare attraverso acquisti sul mercato secondario (cioè dagli istituti di credito). I ricavi derivanti dai prestiti effettuati ai richiedenti vengono poi suddivisi tra gli Stati che hanno quote nel Fondo. Ogni Paese partecipa con un numero di quote di capitale e, nelle decisioni d’urgenza adottate dal Consiglio dei Governatori (i ministri delle finanze degli Stati aderenti) si utilizza il voto a maggioranza qualificata, cioè in base al numero di quote sottoscritte. L’Italia fin ora ha versato nel fondo 14,2 miliardi, anche se il suo numero di quote detenute corrisponderebbe a 125.018 miliardi (17,7% del totale). E fin quando la ratifica del parlamento italiano non avverrà, la riforma del Mes non sarà effettiva.

I Paesi aderenti con indicate il numero di quote e di capitale versato. Fonte: Camera dei Deputati

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