Lavoro

Primo Maggio, una festa di tutti?

01
Maggio 2024
Di Piero Tatafiore

Primo Maggio, la festa di tutti. Quando si scrive un articolo su una festa ricorrente come il 1 maggio il rischio è di essere ripetitivi. I temi sul tavolo, i problemi che si cerca di affrontare sono gli stessi dal 1949 almeno, cioè da quando la Festa dei lavoratori (o del lavoro) è stata ufficialmente inserita tra le festività nazionali. La nostra Costituzione si basa proprio sul lavoro, su di esso si fonda, a stabilire l’assoluta priorità nell’ambito dei principi su cui il nostro Stato poggia. Eppure, dal dopoguerra il lavoro è cambiato profondamente, lasciando però intatto il valore della Festa. I morti sul lavoro oggi, secondo i dati ufficiali INAIL, sono 1/5 di quelli accertati nell’immediato dopoguerra, ma, se comprendiamo il lavoro nero, il numero stimato sale quasi raddoppiando i decessi ufficiali: un numero comunque inaccettabile. C’è poi il cambiamento del lavoro, il progressivo allentamento del posto fisso, i nuovi lavori creati dalle piattaforme tecnologiche, il fenomeno della “Great Resignation”, il tema dello smart working. Una sequela di innovazioni tali da rendere difficile il quadro legislativo che dovrebbe sottendere alle novità, lasciando spesso un vuoto a cui la politica fatica a rispondere stretta tra strumenti pensati per epoche diverse e molto più lente. Pensiamo solo ai cambiamenti imposti dal Covid, a cominciare dallo smart working, visto come un diritto da molti lavoratori. Un cambio di prospettiva, di visione che segna una cesura netta tra il mondo del lavoro del passato e quello attuale, come sempre con grande velocità, tale da risultare difficoltosa da interpretare per i sindacati che oggi si trovano a rappresentare più i pensionati o chi il lavoro ce l’ha già, piuttosto che chi deve trovarlo, reinventandosi ogni giorno. Il Primo Maggio (scritto così, come fosse un brand), chiude anche la settimana di feste a forte carattere politico aperta tradizionalmente dal 25 Aprile. E, coerentemente con la Festa della Liberazione, diventa una festa di parte, che trova il suo culmine nel cosiddetto Concertone, in diretta Rai prima da piazza San Giovanni e ora dal Circo Massimo, in Roma. Una kermesse canora e di contenuto che non di rado è stata usata per attaccare la politica, soprattutto se di destra. E, come nel caso del 25 Aprile, è un peccato, perché sono due momenti che dovrebbero essere di tutti, non di parte. Ma in Italia risulta difficile e così, sulla scia dell’antifascismo oggetto di dissertazioni almeno a partire dal 10 aprile di ogni anno, si arriva a tematiche non troppo dissimili e altrettanto partigiane anche nel caso della Festa del Lavoro. Ed è un peccato, perché, alla fine, così serve a poco, al massimo a far ballare decine di migliaia di persone a un concerto.