Politica

Le sanzioni NATO-Ue non fermano l’avanzata russa. L’Ucraina sembra isolata

10
Marzo 2022
Di Flavia Iannilli

L’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina oltre a scrivere la storia ne ripercorre i passi. Sembra di essere finiti in un giratempo, in cui si portano indietro le lancette della storia per poter rimediare, ma questa volta non si tratta di aggiustare un evento precedentemente accaduto piuttosto di dimostrare che “coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo” (George Santayana). L’attacco di Mosca colpisce un Paese, l’equilibrio (precario) internazionale, alcuni valori di libertà conquistati con fatica e la parola democrazia che ha imparato a camminare a modo suo.

L’obiettivo di Putin doveva già essere chiaro con l’annessione della Crimea e, successivamente, con il riconoscimento delle Repubbliche separatiste. A questi avvenimenti si aggiunge il chiaro e preoccupante segnale inviato dalla Bielorussia, appendice di Mosca, essenziale in qualità di base logistica per aggredire direttamente l’Ucraina, preoccupante per aver eliminato lo status di Paese denuclearizzato attraverso una riforma costituzionale avvenuta lo scorso 27 febbraio.

Di fronte a queste misure si contrappone la risposta dell’Unione europea che, in poco tempo, ha adottato un pacchetto di misure senza precedenti. Nell’applicazione di tali sanzioni, però, bisogna fare attenzione ad alcuni effetti collaterali come il rischio di generare una “russofobia” che colpirebbe non Putin in prima persona ma il popolo russo. Attenzione posta da Pietro Benassi, rappresentante permanente d’Italia presso l’Ue, audito l’8 marzo dalle commissioni Esteri e Politiche Ue della Camera sulla crisi tra Russia e Ucraina.

Oltre alla coesione, fattore che ha stupito, dell’Unione si guarda soprattutto al fatto che l’Ue abbia reagito alle violazioni di Mosca. L’agire conseguentemente all’attacco permette di non dare alibi a chi, come Putin, rifiuta un dialogo. Dall’altra parte bisogna considerare che la risposta occidentale non sia monodirezionale, anzi, torna indietro come un boomerang. Le sanzioni hanno un costo rilevante per la Russia, ma anche per l’Italia e gli altri paesi membri. Provvedimenti che sicuramente renderanno più difficili le scelte del Cremlino, che ad oggi si è trovato costretto ad agire sul rafforzamento della stabilità finanziaria. Benassi passa in rassegna le conseguenze a cui hanno portato le sanzioni imposte: «Assistiamo in questi giorni alla sostanziale perdita di valore del rublo, al congelamento di una fetta consistente delle riserve della Banca centrale russa, a una crescita esponenziale del tasso di interesse e al crollo in Borsa delle imprese quotate, seguito dalla sospensione delle contrattazioni dal primo marzo» ma queste misure non risparmieranno chi le ha applicate.

I pacchetti di misure restrittive sono cinque e includono 510 cittadini russi e bielorussi tra cui il Presidente Vladimir Putin e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Nel frattempo l’Ue ha prodotto un quadro di aiuti finanziari per oltre 17mld di euro, tra prestiti e finanziamenti, ed un pacchetto aggiuntivo da 1,2mld il 21 febbraio.

La tempestività arriva anche dalla presidenza di turno francese dell’Ue in merito all’attivazione della procedura di adesione dell’Ucraina, della Georgia e della Moldova. Il consenso dei 27 paesi membri denota la coesione dell’Unione e Benassi aggiunge: «Chi ha scommesso contro l’unitarietà ha perso clamorosamente».

Ma il problema ha un’entità diversa, per quanto sia legittima la richiesta di appartenenza da parte dell’Ucraina alla famiglia Ue, i meccanismi di adesione presentano delle lungaggini ben note. Ad oggi si può attuare l’accordo di associazione per avvicinare l’Ucraina il più possibile. In parole povere è giusto lanciare messaggi positivi ma «senza alimentare aspettative irrealistiche» specifica Enzo Amendola, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, audito ieri dalla commissione Politiche Ue della Camera sulle prospettive del processo di integrazione europea.

Questo porta ad un discorso più ampio perché a non godere della stessa solerzia sono Albania e Nord Macedonia che, per il processo di adesione, hanno riscontrato ritardi notevoli. Amendola riconosce e fa notare: «Non possiamo permetterci- dilazioni – perchè l’influenza geopolitica di altri attori globali, in quella parte di Sud-Est Europa, è qualcosa che noi abbiamo sempre sottolineato. Manteniamo ferma la posizione dell’allargamento». A questo punto spianare la strada ai negoziati con tutti i Paesi dei Balcani Occidentali non è solo una scelta tecnica, bensì politica.

Seguendo questa linea ad entrare a gamba tesa è il dibattito, più che mai attuale, sulla difesa europea. L’Italia, condannando fermamente l’invasione della Russia e prendendo la decisione tutt’altro che ordinaria di fornire materiale letale e non all’Ucraina, rimane aperta al dialogo con Mosca in qualità di paese membro della NATO, del G7 e dell’Ue. Nel frattempo rimane a disposizione nel contribuire ai negoziati per la finalizzazione della Bussola strategica che fornirà indicazioni per rilanciare la politica di sicurezza e difesa comune nei prossimi 5-10 anni.

Agli atti c’è un Presidente russo che ha attaccato perché si sentiva accerchiato. Un Presidente russo che si trova isolato per quanto riguarda l’export di idrocarburi. Un Presidente russo che è forte dell’appoggio cinese, soprattutto dopo la narrativa esposta ieri dal portavoce del ministro degli esteri cinese, Zhao Lijian, che ha dichiarato NATO e USA responsabili del conflitto. Un Presidente russo che combatte contro un Presidente ucraino, un comico, un attore, un politico, un uomo del popolo con uno standing talmente forte da guidare la resistenza di cittadini che si sentono tutto tranne russi. Un Presidente russo che vuole l’Ucraina, un paese per cui, qualcuno può pensare, non valga la pena scendere in guerra.