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Dazi, dopo l’accordo con la Gran Bretagna, i negoziati con la Cina

10
Maggio 2025
Di Giampiero Gramaglia

Mentre il mondo tiene il fiato in sospeso per gli sviluppi delle scaramucce tra India e Pakistan nel Kashmir, che hanno portato le due potenze nucleari più vicino alla guerra che mai da decenni a questa parte, negli Stati Uniti è il giorno d’avvio di negoziati commerciali a Ginevra tra Usa e Cina, dopo la firma, giovedì, a Washington, di un accordo commerciale tra Stati Uniti e Gran Bretagna.

Eè il segno che qualcosa si muove nella guerra dei dazi planetaria scatenata dal presidente Donald Trump, che, secondo i maggiori media Usa, sarebbe pronto ad abbassare i super-dazi del 145% imposti alla Cina, salvo eccezioni settoriali, dopo avere constatato che Pechino riesce ad adeguarsi meglio di Washington alla situazione conflittuale.

Secondo l’Ap, l’avvio delle conversazioni tra Usa e Cina è stato preceduto da un giorco delle parti su chi si sia mosso per primo: né Pechino né Washington volevano dare l’impressione di essere stati loro la cercare gli altri per avviare la trattativa.

Il tempo dei ‘due papi’ nord-americani
Ancora molto alta sui media Usa l’attenzione per l’elezione del ‘papa americano’, che s’incomincia ad ammettere essere ‘born in Usa’, ma essere anche per scelta peruviano. L’Ap segnala una sorta d’esplosione di nazionalismo ecclesiastico fra sei cardinali elettori statunitensi, che hanno – o forse avrebbero – celebrato Leone XIV mettendo ad alto volume ‘Born in the Usa’ e ‘American Pie’. In un’analisi, il New York Times scrive che il nuovo Papa potrebbe divenire un potenziale ‘alter ego’ di Trump sulla scena mondiale: l’attenzione di Leone XIV per emigrati e rifugiati, oltre che per pace e ambiente, e il suo background “pluralistico” possono offrire una diversa prospettiva dei valori Usa rispetto all’approccio ‘America First’ del presidente degli Stati Uniti e del suo vice JD Vance, che, tra l’altro, il nuovo Papa, quand’era cardinale, ha già bacchettato.

Il Washington Post mette, però, in guardia dal fare combaciare il cardinale Robert Francis Prevost con il papa Leone XIV, perchè le priorità e le posizioni potrebbero non collimare perfettamente, dopo il cambio di ruolo. Il Wall Street Journal concentra l’attenzione sui retroscena dell’elezione e racconta come la candidatura dell’outsider, o meglio dell’underdog, Prevost abbia alla fine prevalso sui favoriti, in particolare sull’italiano Pietro Parolin. Altri rilevano, sotto il titolo “un papa nord-americano per il Sud globale”, che la figura di Prevost integra il cattolicesimo statunitense, che rappresenta il 7% di quello mondiale, con quello dell0’America-latina, che ne rappresenta il 40%.