Lavoro

Educazione finanziaria, come colmare il gap. Intervista con Margherita Carpinteri

29
Aprile 2022
Di Vanessa Gloria

L’Italia si colloca al tredicesimo posto, su una lista di 20 Paesi per alfabetizzazione finanziaria degli studenti della scuola secondaria con un punteggio medio di 476 contro una media Ocse di 505 e all’ultimo posto per esperienza finanziaria degli studenti, rilevando il tasso più basso di giovani che hanno interesse a parlare di denaro. A livello nazionale molte sono le iniziative dirette a colmare il gap di competenze, nel 2017 il governo italiano ha istituito il Comitato Edufin per pianificare e coordinare le attività di educazione finanziaria nel Paese, nonché la scelta di individuare in ottobre il mese dell’educazione finanziaria, mese che si apre con la “World Investor Week”, la manifestazione internazionale dedicata alla gestione del risparmio, e si conclude con la Giornata Mondiale del Risparmio. C’è dunque ancora molta strada da fare sull’educazione finanziaria, un impegno non solo nei confronti dei giovani, ma che in maniera trasversale, riguarda l’intera società. Come ritiene Margherita Carpinteri, Founder Investi.re.

Margherita Carpintieri, founder di Investi.re

Da dove nasce la voglia di impegnarsi in prima linea per favorire l’educazione finanziaria?
«È fondamentale per il futuro delle prossime generazioni. Purtroppo, sul web è facile trovare storie di guadagni rapidi e facili, annunci che spesso non si avverano. Informare correttamente invece, va nella direzione opposta e non è semplice: lo si fa per il futuro della società, dell’intero sistema Paese e non riguarda solo i giovani, ma anche gli adulti che non sempre masticano i tecnicismi di settore».

In particolare, di cosa si occupa l’educatore finanziario?
«L’educatore finanziario non è colui che da consigli, ma è un professionista che spiega quali sono gli strumenti finanziari. Passando dalla macroeconomia, all’educazione alla lettura di un contratto di mutuo, dagli strumenti bancari, a tutte le tematiche relative alla previdenza, per prepararsi al futuro».

Volendo fare un ulteriore esempio?
«Pensiamo al libretto degli assegni, oggi sembrerebbe uno strumento legato al passato, tuttavia, se si è in procinto di acquistare una casa è necessario farvi ricorso. Inoltre, educazione finanziaria vuol dire anche informare sulle procedure relative alla trattativa per la vendita di un immobile, se in dato contesto è più conveniente la vendita o l’affitto. Riguarda l’imprenditoria e la fiscalità, toccando a trecentosessanta gradi le tematiche relative alla vita di tutti i giorni da un punto di vista pratico. Per alcuni argomenti si incrocia con l’educazione civica».

In Italia c’è ancora molta strada da fare…
«Secondo l’OCSE, siamo molto indietro, rispetto a diversi Paesi Europei e agli Stati Uniti. Tuttavia, questi ultimi soffrono un problema di debiti, situazione più mitigata in Italia».

Qualche giorno fa in occasione del talk Connessioni organizzato da UTOPIA hai detto “Fintech è anche democratizzazione della finanza”, quali sono i vantaggi, ma anche i rischi di un tale processo? Bisogna correggere l’idea che il Fintech sia un modo facile di fare guadagni?
«I vantaggi riguardano la disponibilità a portata di click di numerosi strumenti, la maggiore accessibilità e la minore intermediazione rispetto al passato. Lo svantaggio è che senza gli strumenti giusti è difficile comprendere il rischio degli investimenti, mettendo in gioco il capitale. Poi su internet, i “Fuffa Guru” – come io li chiamo – vendono sogni impossibili, questi hanno anche grosse community alle spalle e se si osa toccare il proprio mentore si viene presi di mira. Un ragazzo giovane e inesperto rischia di incappare in questi guru, nel migliore dei casi si tratta di multi-level marketing in altri sono delle vere e proprie truffe, degli schema Ponzi».

Viviamo un periodo di alta volatilità dei mercati, di aumento dell’inflazione e quindi dei tassi di interesse? C’è un modo per semplificare il racconto della finanza, senza ovviamente sminuirla. Quanto possono aiutare strumenti come i social media?
«Andare sui social network è fondamentale: ci sono dei social più immediati come Tik-Tok dove non si può approfondire, ma su altri come Twich, che tanto piace ai giovani, è possibile inserire elementi più tecnici. A questo si deve aggiungere anche un intervento capillare in tutte le scuole, attraverso la costruzione di un serio programma di educazione finanziaria, nonché di fiscalità e di imprenditoria». 

E i media tradizionali?
«Ritengo manchi un programma televisivo dedicato alla finanza che possa arrivare a tutti, puntando all’education. Molto spesso i social sono lo specchio della tv e lo si è visto soprattutto in pandemia. Potrebbe essere una scelta disruptive una trasmissione mainstream che parli di finanza e attualità, non destinata esclusivamente agli operatori del settore, ma a tutti, coinvolgendo diverse professionalità».

L’educazione finanziaria, non riguarda solo gli investimenti, ma tutte le decisioni finanziarie della nostra vita, pianificare il futuro, proteggendoci dagli imprevisti. Sono concetti che riescono a coinvolgere anche i più giovani?
«I giovani sono interessati a questi temi, anche i ragazzi che non sembrano in target, sono quelli che, con i modi giusti, mostrano interesse, ma bisogna investire tanto per arrivare a loro. Sono particolarmente interessati a come va il mondo, a cosa sta succedendo oggi non solo da un punto di vista geopolitico, ma anche economico. Per esempio, su Twich ho dedicato un approfondimento ai prodotti coltivati in Ucraina che a causa del conflitto non verranno esportati o arriveranno in maniera ridotta rispetto agli anni scorsi. Si pensi all’olio di semi di girasole che per il 75% viene esportato dall’Ucraina, in tanti supermercati già mancano le scorte. Inoltre, in Indonesia, l’olio di palma dal 28 aprile non sarà più venduto all’estero per calmierare i prezzi interni. È prevedibile, pertanto, che nei prossimi mesi si correrà il rischio di vedere schizzare i prezzi deli gli olii vegetai. Sono risvolti economici dovuti sia alla pandemia, sia alla guerra».

Un altro dato degno di nota riguarda il “gender-gap” delle competenze finanziarie…
«Bisogna promuovere l’educazione finanziaria delle donne, il gap tra uomo e donna secondo l’OCSE è 15 punti. Tuttavia, le donne sono sempre più interessate al settore, ma c’è ancora tanto da fare: in alcune aree del Paese si registrano episodi di violenza familiare da cui le donne faticano ad uscire non riuscendo a emanciparsi per problemi economici».

Investi.re è un progetto ambizioso, quali sono i principali obiettivi?
«Portare l’educazione finanziaria sui vari social, ma soprattutto arrivare alle scuole, tenendo conto dei vari linguaggi. Nell’Agenda 20-30 l’educazione finanziaria è assolutamente prevista, ma a differenza di molti Stati – in Florida è insegnata nelle scuole – in Italia siamo all’anno zero. È un mercato nuovo e ancora si guarda troppo al tema dell’industria e poco all’impatto sociale della finanza. Servirebbe un cambio di tendenza: è dimostrato che in un Paese dove si registra un tasso elevato di educazione finanziaria, anche l’industria finanziaria ne guadagna, un win-win».

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