Innovazione
Spazio, autonomia e industria. Fossati (Tec): «Con Nyx costruiamo una logistica orbitale europea. L’Italia centrale nel progetto»
Di Alessandro Caruso
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
In una fase storica in cui la geopolitica e l’economia convergono sempre più nello spazio, The Exploration Company è tra le realtà più interessanti della new space economy europea. Nata nel 2021, con sedi in Francia, Germania e Italia, l’azienda sta sviluppando Nyx, la prima capsula orbitale riutilizzabile europea. Franco Fossati, che guida le attività italiane, spiega: «Oggi non si tratta più di raggiungere lo spazio, ma di abitarlo».

Fossati, il lancio della missione “Mission Possible” rappresenta un momento chiave per TEC. Quali obiettivi vi ponete?
«È un passaggio tecnico, ma anche simbolico. Abbiamo definito una serie di eventi per testare i sistemi critici – dalla protezione termica al controllo di assetto. Ma il vero traguardo è recuperare la capsula e gli esperimenti a bordo. In tre anni abbiamo progettato, costruito e preparato un veicolo orbitale: è un tempo record per il settore. Sappiamo che è un’impresa rischiosa, ma siamo determinati a raggiungere il successo pieno anche se un successo parziale sarebbe già un ottimo risultato».
Nyx sarà la prima capsula riutilizzabile europea. Cosa rende possibile questo salto e che impatto avrà in termini operativi ed economici?
«Nyx nasce per rispondere alle esigenze di un mercato che chiede missioni frequenti e costi ridotti. Abbiamo sviluppato e brevettato protezioni termiche, capaci di resistere a rientri ripetuti, e un’architettura modulare e riconfigurabile. L’obiettivo è avere una piccola flotta di capsule operative in rotazione, come già avviene con la Dragon di SpaceX. Questo approccio aumenta l’agilità industriale e abbassa le barriere d’ingresso per clienti istituzionali e commerciali».
Il tema dell’autonomia europea nello spazio è diventato centrale. Perché è così urgente oggi?
«Perché non si tratta più solo di raggiungere lo spazio: si tratta di abitarlo. Satelliti, infrastrutture orbitali, servizi di rifornimento… tutto questo richiede una capacità logistica strutturata. Oggi l’Europa è ancora dipendente da vettori extraeuropei. È una vulnerabilità. Lo abbiamo visto con il conflitto in Ucraina e le tensioni con la Cina. Costruire un’infrastruttura europea significa difendere la nostra sovranità tecnologica, economica e industriale».
L’Italia in questa strategia gioca un ruolo di primo piano. Qual è il suo contributo?
«L’Italia è uno dei pochi Paesi europei con una filiera spaziale completa. TEC ha investito oltre 20 milioni di euro nel Paese. A Torino, Milano, Roma e Napoli stiamo sviluppando componenti strategici: dallo scudo termico ai sistemi di navigazione, dalle strutture in composito ai software embedded o ai sistemi di propulsione. A Torino abbiamo aperto un centro ingegneristico con 25 tecnici che intendiamo far crescere in misura importante in tempi brevi. Ma non è solo una questione di capacità produttiva: l’Italia ha una cultura industriale e una visione progettuale che per noi sono essenziali».
Con Nyx proponete anche un nuovo modello industriale. Quali sono i suoi elementi distintivi?
«La nostra capsula si basa ove possibile sull’adozione di componenti commerciali. Questo ci permette di costruire un ecosistema industriale distribuito, accessibile anche a piccole e medie imprese. Il nostro modello coniuga l’agilità del privato – come negli Stati Uniti – con la cultura istituzionale europea. Non è un caso se siamo la prima azienda spaziale privata europea ad aver firmato uno Space Act Agreement con la NASA: dialoghiamo con gli americani, ma da pari, mantenendo l’indipendenza tecnologica».
Come sta evolvendo la relazione tra pubblico e privato nella space economy europea?
«È un cambiamento epocale. Fino a pochi anni fa lo spazio era un affare quasi esclusivamente pubblico. Oggi è anche business. Servono modelli misti, dove il pubblico indica la visione strategica e il privato assicura tempi, efficienza e scalabilità. In questo senso, iniziative come “Commercial Cargo” e “Commercial Human Spaceflight” dell’ESA vanno nella direzione giusta. TEC vuole essere protagonista di questo nuovo paradigma».
Dove immaginate TEC e l’Europa tra dieci anni
ci anni TEC sarà una grande impresa europea, autonoma nella logistica orbitale. Potremo trasportare merci e astronauti, anche verso l’orbita cis-lunare. Ma soprattutto avremo dimostrato che l’Europa può costruire soluzioni proprie, attraendo capitali e alleanze senza perdere identità. Il nostro continente ha tutto: competenze, industria, talento. Serve solo la volontà politica per trasformare questa potenzialità in leadership».

