Innovazione
Sovranità digitale cercasi: l’Europa è senza corrente
Di Jacopo Bernardini
L’intelligenza artificiale non è solo software, è infrastruttura. E come ogni infrastruttura critica, ha bisogno di materia prima. In questo caso: elettricità. Molta. Silenziosamente, modelli come GPT‑5 o Gemini Ultra stanno ridisegnando non solo il futuro della tecnologia, ma anche le fondamenta fisiche della geopolitica.
Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, i data center globali supereranno i 1.000 terawattora di consumo entro il 2026: quanto l’intero Giappone. L’AI generativa potrebbe arrivare a rappresentarne il 10%. Dietro ogni prompt c’è una bolletta. E dietro ogni bolletta, una scelta politica.
Negli Stati Uniti questa scelta è chiara. Un’alleanza di fatto tra governo federale e big tech spinge sulla costruzione di un’infrastruttura AI che è anche energetica: semplificazione normativa, capitali pubblici, sviluppo di centrali nucleari modulari, riconversione di vecchi impianti a carbone. Goldman Sachs stima un +165% di domanda energetica dei data center americani entro il 2030. Ma è una crescita governata, non subita.
In Cina, la velocità è tutto. Meno vincoli ambientali, meno dibattiti, più verticalità. L’obiettivo è dominare la scala. È la Silicon Valley con i piani quinquennali.
E l’Europa? L’Europa regola. Discute. Lancia piani da 20 miliardi per gigafabbriche AI ma senza spiegare con quale energia le alimenterà. Intanto, servono in media tre-cinque anni per allacciare un grande data center alla rete elettrica. Le reti nazionali sono frammentate, le autorizzazioni lente, la visione strategica assente. In Irlanda, i data center arriveranno al 30% del consumo elettrico nazionale: si parla già di moratorie. In Italia, il dibattito è appena iniziato.
Il paradosso è doppio. Da un lato, il rischio dell’irrilevanza industriale: l’AI si farà altrove, e con essa andranno ricerca, capitali, competenze. Dall’altro, il rischio dell’ipocrisia ecologica: senza un piano energetico serio, i data center europei si alimenteranno a gas o carbone, proprio mentre Bruxelles racconta al mondo la favola della transizione verde.
Eppure le soluzioni esistono. Dalle tecnologie di raffreddamento a liquido ai chip ad alta efficienza, fino ai modelli norvegesi alimentati da idroelettrico e progettati per riutilizzare il calore. Ma serve una politica industriale, non solo una regolazione etica. Serve tempo, ma soprattutto una diversa idea di tempo.
L’AI è il nuovo teatro del potere. E chi controlla l’energia che la alimenta, detta le regole del gioco. L’Europa può ancora esserci. Ma deve capire che la sovranità digitale si costruisce anche con le turbine, i cavi e i chip. Non solo con i codici etici.





