Innovazione
Innovazione digitale e infrastrutture, l’Italia tra crescita e rischi da governare. Il dibattito al Forum di Urania
Di Ilaria Donatio
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
L’innovazione digitale è il banco di prova che decide oggi se l’Italia cresce o resta indietro. È la sfida delineata dal panel “Innovazione digitale e infrastrutture per lo sviluppo economico-sociale”, dove politica e imprese hanno lanciato avvertimenti precisi.
«Non possiamo permetterci di arrivare tardi. L’innovazione digitale è un fattore di equità e competitività: significa colmare i divari territoriali, attrarre investimenti e dare certezze alle imprese». Con queste parole Giulia Pastorella, vicepresidente di Azione e capogruppo in Commissione Trasporti alla Camera, ha messo a fuoco il cuore della questione: senza reti moderne e sicure, l’Italia rischia di restare ai margini delle grandi trasformazioni globali.
Sul fronte dei regolatori è intervenuto Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, con una immagine netta: «L’intelligenza artificiale è come la scissione dell’atomo: può essere risolutiva per la sopravvivenza energetica dei Paesi o devastante se usata come arma». Per Capitanio il ruolo dell’Autorità è «accompagnare lo sviluppo delle nuove tecnologie e garantire che si traducano in opportunità, contenendo i rischi sistemici». Nella direttiva sui servizi digitali, ha ricordato, le priorità sono due: «proteggere i minori, ad esempio dal proliferare dei deepfake, e impedire che gli algoritmi diventino un vulnus per la democrazia, minando la pluralità informativa o bloccando l’accesso a contenuti e canali».
Lo sguardo ai territori lo ha portato Dario Damiani, capogruppo di Forza Italia in Commissione Bilancio al Senato, che ha citato i dati di Bankitalia: «Il Mezzogiorno corre a una velocità importante, con una crescita tra il 19 e il 23%, punte del 50%, contro il 20% nazionale. È un effetto positivo del Pnrr». Ma Damiani ha anche avvertito: «Una crescita così rapida può generare mancanza di competenze. Occorre puntare sulle università del Sud, contrastare lo spopolamento e investire in formazione per trasformare l’accelerazione in sviluppo stabile».
A portare l’esempio concreto è stato Michelangelo Suigo, direttore External Relations, Communication & Sustainability di INWIT, che ha rivendicato il ruolo dell’azienda come “abilitatore infrastrutturale” della digitalizzazione del Paese. Oggi INWIT dispone di oltre 25 mila torri e più di 680 sistemi DAS (Distributed Antenna System) che portano connettività dai territori remoti ai grandi centri urbani, dalle stazioni agli ospedali, dagli stadi ai musei. Un tassello fondamentale per lo sviluppo delle smart city.
Suigo ha citato il progetto Roma 5G, sviluppato da Smart City Roma (società del gruppo INWIT), che ha già inaugurato il Wi-Fi pubblico gratuito in 55 piazze della Capitale e completato la copertura 4G/5G della linea A della metropolitana: 27 stazioni e relative gallerie, con oltre 85 km di fibra ottica e circa 1.500 mini-antenne installate. Nei prossimi mesi toccherà anche alle linee B, B1 e C. «Queste infrastrutture rappresentano un valore strategico per l’Italia – ha concluso – con impatto su PIL, occupazione e indotto. Per questo continueremo a investire sulla rete e sull’innovazione tecnologica».
Dal confronto è emerso un messaggio netto: la transizione digitale non è più un’opzione, ma la condizione per la crescita economica e sociale. Politica, regolatori e industria concordano: senza infrastrutture adeguate e competenze diffuse, l’Italia non riuscirà ad agganciare il treno della competitività globale.





