Innovazione
Affitti brevi, il Viminale apre al check-in a distanza: ora la transizione può ripartire
Di Andrea Necci
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Il Ministero dell’Interno ha accolto la proposta avanzata da AssoSoftware, l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende produttrici di software gestionali, per superare le criticità emerse dopo la circolare del 18 novembre 2024 sul riconoscimento degli ospiti nelle strutture ricettive. Si tratta di un passaggio importante: per la prima volta, il Viminale ha chiarito formalmente la possibilità di utilizzare strumenti tecnologici per identificare l’ospite anche a distanza, a patto che siano capaci di garantire sicurezza e tracciabilità.
La proposta prevede l’uso di videochiamate certificate, QR-code generati dinamicamente e presenti nella struttura ricettiva, o altri strumenti già ampiamente adottati in contesti ad alta sensibilità, come la sanità digitale o i servizi bancari. Il principio è semplice: sfruttare le potenzialità di queste soluzioni tecnologiche per ottenere un’identificazione sicura, ma senza i vincoli rigidi dell’interazione fisica obbligatoria.
L’apertura del Ministero arriva in un contesto normativo profondamente condizionato dalla circolare del novembre scorso, che aveva suscitato molte polemiche per l’introduzione di un obbligo generalizzato di identificazione “de visu”, vietando di fatto il self check-in, l’uso di qualsiasi forma di automazione nel processo di accoglienza. L’obiettivo dichiarato era quello di rafforzare i controlli in vista di eventi come il Giubileo 2025, ma l’effetto concreto è stato quello di rallentare – se non bloccare – un processo di digitalizzazione già in corso nel comparto turistico.
Una prima svolta è arrivata il 28 maggio scorso, quando il TAR del Lazio ha annullato quella stessa circolare, ritenendo l’obbligo di riconoscimento fisico incompatibile con il principio di semplificazione amministrativa e privo di una reale proporzionalità. Il giudice ha sottolineato come l’amministrazione pubblica, per introdurre obblighi così incisivi, debba fornire dati oggettivi a sostegno della necessità della misura. Una condizione che, nel caso specifico, non è stata soddisfatta.
In questo contesto, il Viminale ha chiarito che la circolare non obbliga il gestore a una presenza fisica per il check-in consentendo l’uso di sistemi digitali di acquisizione di dati, anche da remoto, conformi alle norme vigenti. La posizione assunta dal Ministero assume un valore doppio: è il segnale di una possibile convergenza tra esigenze di sicurezza e strumenti digitali, ma anche un riconoscimento implicito del fatto che il sistema finora adottato era inefficace e non più sostenibile.
Il punto non è tecnico, è culturale. Il settore turistico, soprattutto quello delle locazioni brevi, non può più essere regolato con logiche di emergenza o attraverso divieti generalizzati. Il check-in a distanza è una prassi ormai consolidata, apprezzata dalla grande maggioranza dei viaggiatori, compatibile con gli standard normativi europei e pienamente integrabile con le esigenze delle autorità di pubblica sicurezza. Le tecnologie oggi disponibili – OCR, biometria, riconoscimento facciale, tracciabilità dei log -permettono un controllo puntuale e verificabile, superiore in molti casi a quello offerto dalle modalità tradizionali.
Ora che l’amministrazione ha dimostrato disponibilità a integrare l’innovazione, la politica ha l’occasione – e la responsabilità – di consolidare questo passaggio. Per questo gli operatori chiedono norme durature, regole chiare e un quadro di riferimento che riconosca il ruolo del digitale non come scorciatoia, ma come parte integrante di un sistema di accoglienza moderno, efficiente e sicuro.





