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Gioco pubblico, legge delega la base, cruciali le regioni

26
Novembre 2025
Di Giampiero Cinelli

Il gioco pubblico in Italia è un tema che da sempre divide l’opinione pubblica. Ma dietro slogan e semplificazioni c’è una realtà molto più complessa: controlli continui, tecnologia avanzata e migliaia di persone che ogni giorno garantiscono legalità sul territorio.

Oggi il gioco fisico è uno dei sistemi più monitorati del Paese. Ogni apparecchio, sala di gioco, transazione è collegata alla rete statale: un flusso di dati che arriva ad ADM e Sogei. Significa sapere dove si gioca, quanto si gioca, come si gioca.
L’obiettivo è uno: trasparenza, sicurezza e tutela.

Ed è proprio questa presenza capillare dello Stato a rappresentare la prima barriera contro il gioco illegale. Perché dove c’è un punto di gioco autorizzato, c’è un presidio. Dove invece l’offerta legale arretra, l’illegalità avanza. Un fenomeno che vale, secondo le stime, tra i 20 e i 25 miliardi l’anno: un mercato parallelo senza controlli e tutele.

Il contrasto al gioco illegale è fondamentale: senza un presidio efficace aumentano i rischi per i giocatori, si indebolisce il controllo dello Stato e si penalizzano gli operatori che rispettano le regole.

Perché il gioco pubblico non è solo tecnologia. È soprattutto un settore fatto di persone — funzionari pubblici, concessionari, produttori, gestori, tecnici, esercenti —. Una filiera che ogni giorno garantisce il funzionamento di un settore che genera un valore economico e sociale molto rilevante.
Nel 2024 la raccolta ha infatti superato i 157 miliardi di euro: 136 miliardi sono tornati ai giocatori in vincite, mentre la spesa reale — 21,4 miliardi — ha assicurato allo Stato un gettito significativo attraverso il gioco su rete fisica.
Un sistema che nel complesso dà lavoro a oltre 300 mila persone e che produce 20,8 miliardi di valore aggiunto, pari all’1,1% del PIL nazionale.

Eppure il settore si scontra con un problema che arriva dai territori: regole diverse da città a città. Distanziometri, orari, divieti locali non sempre in linea con la normativa nazionale.
Un mosaico frammentato che rende il lavoro degli operatori più difficile e, in alcuni casi, ha spinto l’offerta legale fuori dai centri abitati.

Per questo oggi si parla di riordino: una riforma attesa da anni, che fissi regole chiare e uguali in tutto il Paese, che metta al centro la tutela del giocatore e introduca strumenti moderni come autoesclusione, formazione degli operatori di gioco e controlli sempre più evoluti.

A vent’anni dal modello concessorio, il dibattito è più aperto che mai. La domanda rimane: come trovare il punto di equilibrio per un’offerta di gioco regolata che sia in grado di garantire la legalità, proteggere il consumatore, tutelare imprese e lavoratori e, allo stesso tempo, generare utilità fiscale per lo Stato?

Il confronto di oggi nasce da qui: capire come sarà — e come dovrà essere — il gioco pubblico dei prossimi anni.

Questo il tema trattato nell’ultima puntata di Largo Chigi, il talk curato da The Watcher Post che va in onda su Urania Tv (Canale 260). Gli ospiti hanno detto la loro sul gioco. Vediamo in sintesi gli interventi.

Cangianelli: il mosaico delle norme regionali indebolisce il presidio di legalità
Il riordino del gioco pubblico passa dalla capacità di superare una frammentazione normativa che negli ultimi dieci anni ha prodotto più problemi che soluzioni. Emmanuele Cangianelli, presidente EGP-FIPE, ricorda come il modello regolatorio disegnato nel 2000 avesse costruito un perimetro chiaro, poi però complicato da interventi regionali in materia di salute che hanno introdotto distanze minime, limiti orari e restrizioni disomogenee. Una sovrapposizione che, lungi dal rafforzare le tutele, ha finito per ridurre l’efficacia del presidio pubblico, favorendo il riassestamento dell’illegalità e creando «un rischio concreto per il controllo statale dell’offerta». Le ipotesi di riforma oggi sul tavolo puntano al riordino strutturale del gioco fisico e alla revisione delle basi imponibili. «Le misure di tutela fin qui adottate non hanno funzionato – osserva Cangianelli – e la legge delega può finalmente portare a una distribuzione equilibrata dei prodotti, a punti vendita qualificati e facilmente riconoscibili come appartenenti al sistema concessorio».

Squeri: serve un’intesa vera in Conferenza Stato-Regioni
Luca Squeri (Forza Italia), segretario della Commissione Attività produttive della Camera, richiama il peso economico del settore – «oltre l’1% del Pil» – per sottolineare la necessità di aggiornare una normativa ormai superata dall’evoluzione tecnologica. La legge delega, già approvata, rappresenta per l’esponente di Forza Italia lo strumento per ordinare un sistema segnato da forti asimmetrie territoriali, ma potrà funzionare solo se accompagnata da un’intesa politica chiara: «È indispensabile un accordo in Conferenza Stato-Regioni che armonizzi le regole e dia certezze agli operatori. Trasparenza e chiarezza non sono solo principi, ma condizioni per far lavorare in modo ordinato un comparto che ha un ruolo strutturale nell’economia italiana».

Poso: il sistema concessorio resta un presidio di legalità e di tutela del giocatore
A vent’anni dalla sua introduzione, il sistema concessorio continua ad assicurare tracciabilità, controlli e una rete di operatori qualificati. Lo ricorda Elisabetta Poso, direttrice dell’Ufficio Apparecchi da Intrattenimento dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, spiegando come il doppio binario tra licenze di pubblica sicurezza e concessioni selezionate garantisca standard elevati, confermati anche dalla delega fiscale del 2023. Il gioco fisico mantiene inoltre una dimensione sociale, grazie alla presenza degli operatori e alla possibilità di intercettare segnali di rischio. «La riforma – afferma Poso – dovrà attuare i principi della delega: contrasto all’illegalità, protezione dei minori e sostegno alle fasce vulnerabili. La tecnologia può aiutare, ma serve una cornice uniforme su tutto il territorio e una formazione sempre più solida per chi lavora nei punti fisici di gioco».

Costa: un’infrastruttura tecnologica che fa scuola a livello internazionale
Il sistema informativo che sostiene il gioco pubblico italiano è, per dimensioni e funzioni, un unicum internazionale. Claudio Costa, direttore Soluzioni e Servizi Economia di Sogei, ricorda come la società tech del MEF affianchi da cinquant’anni l’amministrazione finanziaria e da oltre vent’anni ADM nella regolamentazione di tutte le forme di gioco. Dal flusso in tempo reale dei dati dei concessionari alla mappatura dei punti vendita, dai conti di gioco alla geolocalizzazione, l’infrastruttura digitale alimenta banche dati utilizzate da Comuni, Regioni e Guardia di Finanza e ha permesso di sviluppare sistemi evoluti di controllo e contrasto all’illegalità. «È un modello che garantisce oltre 10 miliardi l’anno di gettito, tutele per i giocatori e certezze per gli operatori», spiega Costa. La sfida ora è proteggere questo patrimonio informativo e farlo crescere, anche attraverso algoritmi e modelli di intelligenza artificiale capaci di individuare anomalie, prevenire comportamenti irregolari e facilitare il rapporto tra amministrazione, operatori e contribuenti mediante assistenti virtuali addestrati su norme e prassi.

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