In Parlamento
Damiani: “La manovra difende i conti ma sostiene redditi e imprese, il ceto medio torna centrale”
Di Ilaria Donatio
(Intervista pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
«La salute dei conti pubblici non è in contrasto con la crescita, anzi: solo la stabilità finanziaria può creare le condizioni per politiche espansive e durature». Da questa convinzione parte l’analisi del senatore Dario Damiani (Forza Italia), uno dei relatori della legge di bilancio 2025, che difende la manovra del governo Meloni come un equilibrio tra prudenza e sostegno all’economia reale. Il senatore sottolinea il ruolo centrale del ceto medio, la necessità di una spending review strutturale e la centralità del credito come leva per lo sviluppo del Mezzogiorno.
Senatore, come relatore della legge di bilancio, qual è il messaggio economico che questa manovra intende mandare ai mercati e ai cittadini: prudenza contabile o spinta alla crescita?
«Entrambi gli aspetti sono presenti in questa manovra finanziaria. Di sicuro è una manovra che mira a mantenere i conti pubblici sotto controllo, anche in vista degli ingenti oneri futuri, stimati in 40 miliardi di euro nel 2026, derivanti dal Superbonus. Ma ciò non vuol dire che non lasci spazio alla crescita. Contiene, infatti, anche misure di sostegno al potere d’acquisto, come la riduzione confermata e diventata strutturale del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti; misure a supporto delle famiglie, della spesa sociale e per incentivare la natalità; 500 milioni per le pensioni minime e infine incentivi per le imprese, per investimenti e assunzioni».
L’azione di Forza Italia è sempre stata orientata al sostegno dei redditi medi e delle imprese. In che modo questa legge di bilancio rispecchia l’impronta economica del partito?
«Il ceto medio rappresenta circa il 63% del gettito dell’Irpef, è quindi la vera ossatura del Paese e non può essere abbandonato in caduta libera come purtroppo accaduto negli ultimi anni, per svariate motivazioni tra cui i grossi shock economici internazionali causati da pandemia e conflitti bellici. La legge di bilancio per il 2025 riflette l’impronta economica di Forza Italia proprio nelle misure volte alla riduzione della pressione fiscale per i redditi medi e le imprese. Tra queste, la riduzione dell’aliquota IRPEF per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro dal 35% al 33% e il sostegno alle imprese per investimenti, transizioni industriali, digitali ed energetiche, in linea con l’obiettivo del partito di stimolare la crescita economica».
La manovra nasce in un contesto di rialzo del debito e crescita debole. Ritiene che serva una revisione più ampia della spesa pubblica, magari in chiave di spending review strutturale?
«Il Governo Meloni ha intrapreso già la revisione della spesa pubblica, concentrandosi su specifici settori. Potrei citare misure di risparmio come la sostituzione del Reddito di Cittadinanza con il Fondo per il sostegno alla povertà e all’inclusione attiva, la revisione dei bonus edilizi come il Superbonus. Inoltre, sono state previste delle riforme per rafforzare le strutture dedicate alla revisione della spesa all’interno del Ministero dell’Economia e delle Finanze proprio per un’analisi sistematica e profonda di tutta la spesa pubblica in vista di una revisione strutturale in chiave di efficacia ed efficienza».
Da uomo di credito, come valuta oggi la capacità del sistema bancario di accompagnare famiglie e imprese in una fase di tassi ancora elevati? E quale ruolo può giocare la politica nel garantire accesso al credito nel Mezzogiorno?
«Il quadro attuale è complesso ma le prospettive di una riduzione dei tassi sono positive, per cui una efficiente canalizzazione della liquidità verso l’economia reale è un’opportunità per sostenere la crescita. Il Mezzogiorno è una priorità del governo e i risultati lo confermano: il Sud sta crescendo con numeri che definire storici non è esagerato. La politica può svolgere un ruolo chiave nel garantire l’accesso al credito nel Mezzogiorno attraverso incentivi, garanzie, agevolazioni fiscali, aiuti diretti alle imprese o co-finanziamento di progetti, investendo in infrastrutture logistiche e digitali per rendere le attività economiche del Sud più attraenti per gli investitori e più produttive. Se le politiche economiche sono in grado di creare un ambiente più stabile e favorevole alla crescita economica, ciò a sua volta incentiva il credito».
L’Italia continua a registrare un forte divario territoriale negli investimenti. Le misure per Sud e coesione previste in manovra possono davvero incidere sulla crescita del Mezzogiorno o restano più un segnale politico?
«Si tratta di misure che già hanno dimostrato la loro efficacia per la crescita del Sud che, a guardare i dati, mai aveva registrato, per esempio, oltre il 50% di occupati. A sorpresa, poi, il Mezzogiorno cresce per esempio in settori innovativi come le tecnologie informatiche. La manovra ha reso strutturale per i prossimi anni il credito d’imposta per la Zona Economica Speciale (ZES) unica, una misura giudicata positiva anche da Svimez; il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione continua a essere uno dei pilastri delle politiche di sviluppo, con risorse assegnate al ciclo 2021-2027 per circa 43 miliardi di euro. Anche la proroga della decontribuzione per le assunzioni è un’altra misura chiave. Infine, le risorse del Pnrr. Naturalmente l’efficacia delle misure non dipende solo dalla loro approvazione, ma anche dalla capacità amministrativa di regioni ed enti locali di attuare i progetti e di attrarre investimenti privati».
Lei è tra i promotori delle proposte sull’educazione finanziaria nelle scuole. Quanto ritiene urgente inserire questa competenza nel percorso formativo, anche per costruire una cittadinanza economica più consapevole?
«Urgente e indispensabile, poiché i nostri ragazzi sono immersi in una realtà economico-finanziaria sempre più complessa, che richiede conoscenze e competenze specifiche per orientarsi. Saper gestire le proprie risorse con consapevolezza fin da subito è una skill che dà sicurezza al singolo ma che mette in sicurezza anche l’intero sistema, sempre più esposto, come abbiamo visto in anni recenti, a forti shock economici».





