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Intervista al Presidente di Confagricoltura Giansanti: “L’innovazione salverà l’agricoltura”

22
Settembre 2021
Di Alessandro Caruso

Intervista con il Presidente di Confagricoltura a margine del G20: «Il PNRR? Occasione irripetibile per prepararci alle sfide del futuro».

Ha le idee chiare Massimiliano Giansanti, Presidente di Confagricoltura: per vincere le sfide della transizione energetica e di quella ecologica e per prepararci all’inevitabile aumento della produttività la soluzione è l’innovazione. E il settore agricolo sta compiendo passi da gigante. Ma abbiamo di fronte un’occasione irripetibile, il PNRR che potrebbe velocizzare e ottimizzare i processi e i modelli produttivi: «Per l’agricoltura saranno fondamentali gli investimenti nelle infrastrutture digitali».

 

Il tema cardine del G20 Agricoltura è stato la sostenibilità. Secondo l’agenda 2030 bisognerà da un lato implementare la produttività agricola, ma dall’altro ridurre le emissioni. La risposta a questa sfida può essere data dall’innovazione. Come si sta muovendo Confagricoltura in questo senso?

«Se raggiungeremo la soglia dei 10mld di persone nel 2050 noi agricoltori saremo chiamati a produrre di più. Questo significa innanzitutto dare certezza e sicurezza ai consumatori, perché chiunque deve avere diritto al cibo, ma dobbiamo farlo cercando di preservare le risorse naturali, quindi i grandi temi della sostenibilità diventano quanto mai prioritari. Per raggiungere questo obiettivo la soluzione è l’utilizzo della tecnologia applicata all’agricoltura, che permetterà di produrre di più in modo rispettoso dell’ambiente e soprattutto in modo da garantire quella sicurezza in termini di food safety e food security, quindi approvvigionamento e qualità dei prodotti. Questo è l’elemento che renderà l’agricoltura vincente nel futuro».

 

Nel caso dell’Italia il problema delle emissioni è stemperato in parte dalle foreste. In che modo questo dato può influire sulle politiche agricole da adottare?

«In Italia oggi pochi sanno che i 2/3 del territorio nazionale è coperto o da un’azienda agricola o da superfici forestali. Questa caratteristica contribuisce all’abbattimento di CO2. Dobbiamo fare in modo di aumentare la capacità di sequestro del carbonio da parte delle attività vegetali e quindi va rilanciato un “piano proteine”: c’è sempre più bisogno di proteine nel mondo e ci sono coltivazioni che possono essere molto funzionali. Come la soia, che da una parte consente di soddisfare le diete vegetariane, sempre più diffuse, e dall’altro cattura una grande quantità di carbonio nei terreni rilasciando ossigeno. Stessa funzione vitale è svolta dalle foreste e dai boschi. Tra l’altro in un momento come quello attuale in cui il costo a chilo di CO2 prodotta raggiunge i massimi, credo che il sistema produttivo nazionale avrebbe solo da guadagnare da un piano di ristrutturazione forestale».

Riguardo alla sostenibilità ambientale, al benessere animale e allo sviluppo delle agroenergie, quali best practice state mettendo in campo?

«Grazie a Confagricoltura si hanno le energie rinnovabili in agricoltura. Quindici anni fa abbiamo promosso lo sviluppo del biogas e del fotovoltaico. Oggi ci troviamo di fronte alle sfide della transizione energetica ed ecologica. Se i modelli di mobilità si orienteranno verso l’elettrico, avremo la necessità di aumentare la produzione di energia elettrica nel paese. E su questo l’agricoltura può essere uno straordinario interprete nella produzione di energie rinnovabili green, come i biogas. In molti sostengono ad esempio che i sistemi zootecnici contribuiscono ad alimentare le emissioni. La nostra proposta è di realizzare per ogni stalla un impianto di biogas, per fare in modo che un problema diventi un’opportunità. E poi c’è il fotovoltaico, su cui dobbiamo osservare una grande strategia nazionale. Con l’impegno di tutti riusciremo facilmente a raggiungere gli obiettivi che il ministro Cingolani ha posto».

 

Che risposta state registrando da parte delle imprese? Sono aperte al cambiamento? Quali sono i principali ostacoli da superare?

«Gli agricoltori sono sempre stati prudenti, ma ci sono sempre stati i pionieri. Già oggi ne abbiamo alcuni che stanno digitalizzando i sistemi produttivi. Ovviamente alcuni saranno testimonial di questo cambiamento e grazie a loro si vinceranno le resistenze di tanti agricoltori che oggi escono da una lunga stagione di mercati protetti. È evidente che da una parte abbiamo un mercato assicurato perché quello che produciamo vendiamo, ma è anche vero che gli effetti del cambiamento climatico rendono impossibile fare affidamento su una produzione certa. E poi c’è un mercato globale con prezzi che tendono a livellarsi verso il basso. I grandi temi da affrontare sono la produttività e la competitività. Per questo è necessario introdurre quelle best practice votate all’innovazione e alla modernità. Penso ad esempio alle aziende agricole che già oggi stanno promuovendo l’utilizzo della smart precision farming, una delle tecnologie all’avanguardia con strumenti che vengono sempre più integrati sulle necessità del terreno, rispetto allo sviluppo delle piante. Oggi le tecnologie applicate all’agricoltura sono veramente il modello che darà un futuro certo agli agricoltori».

Ritiene che sia opportuno lavorare sul ricambio generazionale nel mondo dell’impresa agricola?

«Già molto sta cambiando, penso alle vendite online di alcuni prodotti agricoli che negli ultimi anni hanno avuto una crescita di oltre il 25% e questo grazie soprattutto al merito di giovani che si avvicinano con competenze digitali al settore e cercano di creare valore aggiunto. C’è una spinta forte dei giovani anche sul turismo ricettivo e sull’introduzione di modelli produttivi nuovi, come la vertical farming. Siamo molto fiduciosi su questo fronte».

Per introdurre in modo sistemico i criteri dell’Agricoltura 4.0 in Italia, a partire dal 5G, cosa può fare la politica a sostegno delle imprese? Il PNRR è la giusta occasione?

«Il PNRR è un’occasione più unica che rara, non torneranno nei prossimi anni occasioni come questa e quindi non possiamo permetterci di perdere neanche un centesimo. L’Italia ha bisogno di spendere bene ma secondo processi e modelli innovativi, quindi bisognerà incanalare le risorse economiche verso criteri futuristici. Per questo ritengo fondamentale il sistema infrastrutturale del paese: ancora oggi abbiamo troppe zone dove la connesione è scarsa. Non possiamo ambire a diventare una nazione leader in termini di processi produttivi se poi non si ha una connessione valida. Su questo stiamo lavorando molto con le principali aziende del paese, proprio per cercare di trasferire sempre più connessione nella campagna fino all’ultimo miglio».

 

In che modo l’aumento dei costi delle materie prime sta condizionando il settore agricolo, soprattutto con riferimento alle esportazioni?

«Abbiamo modelli agricoli che stanno beneficiando molto di tale aumento, mi riferisco a tutti coloro che producono commodities, che stanno conoscendo una stagione di mercato irripetibile. Dall’altro stiamo soffrendo con le aziende agricole che acquistano commodities agricole o fanno un grande utilizzo di fertilizzanti o prodotti derivati da gas e petrolio. In questi casi le aziende faticano, anche perché in agricoltura un aumento dei costi di produzione non significa mai un aumento simultaneo del prezzo di vendita dei prodotti. L’attenzione da parte della grande distribuzione è quella di evitare fenomeni inflattivi. E quindi è difficile scaricare a valle l’aumento del costo di produzione e mi auguro e spero che questa fase transitoria possa passare velocemente. Ma temo che non sarà così».

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