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Fame nel mondo, il Rapporto FAO – WFP: necessarie azioni umanitarie urgenti

10
Giugno 2022
Di Alessio Ambrosino

Il nuovo rapporto Hunger Hotspots – FAO-WFP early warnings on food insecurity pubblicato nel corso di questa settimana, ci consegna una panoramica drammatica sullo stato della fame nel mondo, con un peggioramento dell’insicurezza alimentare dagli effetti devastanti da qui a settembre in 20 “hunger hotspots”. Paesi come l’Etiopia, la Nigeria, il Sud Sudan e lo Yemen permangono in uno stato di allerta massima ed in condizioni catastrofiche, ma si uniscono anche Afghanistan e Somalia tra quelli dall’indice IPC (Integrated Food Security Phase Classification) di livello 5, il più alto per classificare le fasi dell’insicurezza alimentare. Questo indice, creato per definire al meglio le strategie dei decision maker per porre fine alla fame nel mondo, vede così aggiungersi nuovi Paesi rispetto all’ultimo rapporto pubblicato nel mese di gennaio.

LE MAGGIORI CAUSE DELLA FAME NEL MONDO NEL 2022

I “punti caldi” della fame nel mondo sono rappresentati da zone vessate da conflitti, condizioni metereologiche estreme e dagli shock economici causati dalla pandemia Covid-19 ed esacerbati dalla guerra in Ucraina in corso, con milioni di persone spinte alla povertà e alla fame. Quanto sta accadendo tra Mosca e Kiev sta infatti contribuendo all’instabilità di diversi teatri geopolitici globali, grazie al costante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia, in particolare del carburante. Gli effetti economici della guerra si riflettono ad esempio sul calo della produzione alimentare, nelle aree dalla maggiore instabilità economica: l’impennata dei prezzi dei beni primari si somma a problematiche derivanti già da una fragilità intrinseca di molteplici sistemi agroalimentari, con le continue avversità climatiche e politiche che mettono in pericolo la resilienza di milioni di famiglie.

«Siamo profondamente preoccupati per l’impatto combinato di crisi sovrapposte che mettono a repentaglio la capacità delle persone di produrre e accedere agli alimenti, spingendo ulteriori milioni di persone a livelli estremi di grave insicurezza alimentare» ha detto Qu Dongyu, Direttore Generale della FAO. «È una tempesta perfetta che non solo danneggerà i più poveri tra i poveri, ma travolgerà anche milioni di famiglie che fino ad ora sono riuscite a barcamenarsi. Dobbiamo agire, e farlo in fretta», ha dichiarato David Beasley, Direttore Esecutivo del WFP. Ecco perché si rivela necessaria una azione umanitaria congiunta, a livello multilaterale, soprattutto degli Stati membri del G7.

HUNGER HOTSPOT, COSA CI DICE IL RAPPORTO FAO-WFO

Oramai, sottolinea il rapporto, il susseguirsi di shock climatici ricorrenti che fungono da primo catalizzatore nel causare la fame acuta ci ha portati ad una “nuova normalità” in cui siccità, uragani e inondazioni sono le cause primarie dell’insicurezza alimentare, perché portatori di migrazioni di massa, con immediate conseguenze sull’agricoltura e gli allevamenti. Un esempio è legato al clima giunge direttamente da La Niña, il fenomeno che indica sostanzialmente un raffreddamento della temperatura delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centrale ed orientale che dal 2020 influenza il clima del nostro pianeta.

Tra i Paesi segnalati dal report Hunger Hotspot, vediamo come in Africa orientale la siccità sta colpendo Somalia, Etiopia e Kenya per il quarto anno consecutivo, mentre il Sud Sudan si prepara ad affrontare inondazioni su larga scala. Lo studio purtroppo prevede anche piogge la alla media e il rischio di inondazioni localizzate nel Sahel, così come una stagione degli uragani più intensa nei Caraibi.

Il rapporto conferma anche le pessime condizioni macroeconomiche di questi Stati derivanti dalle ricadute della pandemia di COVID-19 e aggravate dai recenti sconvolgimenti sui mercati alimentari ed energetici globali. La perdita di reddito delle famiglie mette in serio pericolo la capacità dei governi nazionali di finanziare misure di sostegno, come gli ammortizzatori sociali e i sussidi al reddito.

Fortissima la preoccupazione nella Repubblica Democratica del Congo, ad Haiti, nel Sahel, in Sudan e ed in Siria, con il Kenya che fa il suo ingresso tra i Paesi più a rischio. Lo Sri Lanka, il Benin, Capo Verde, la Guinea e lo Zimbabwe si aggiungono ai Paesi hotspot, affiancandosi ad Angola, Libano, Madagascar e Mozambico. Tristemente, l’elenco comprende anche l’Ucraina, dove una crisi migratoria senza precedenti e l’aumento esorbitante del prezzo delle materie prime come il grano ha portato l’insicurezza alimentare ad un passo dall’Europa.

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