Fill the gap
Global Gender Gap 2025: per la parità di genere serviranno 123 anni
Di Elisa Tortorolo
Centoventitre anni. Secondo il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum, è questo il periodo di tempo che serve per raggiungere una piena parità di genere a livello globale. E questa cifra, pur segnando un progresso rispetto agli anni precedenti, restituisce l’immagine di un percorso ancora lungo e complesso: il divario di genere, evidenzia l’analisi, non è solo una questione di diritti, ma un fattore strutturale che incide sull’equilibrio economico globale, rallentando crescita, innovazione e competitività.
Nel 2025 l’indice globale di parità ha raggiunto l’68,8%, il valore più alto registrato dall’inizio della pandemia. In questa fotografia globale si distinguono performance sorprendenti – come quella del Bangladesh, che è passato dal 99° al 24° posto in un solo anno, soprattutto alla luce dei progressi sul fronte dell’empowerment politico, che ha inciso significativamente sul punteggio complessivo.
L’Italia, dal canto suo, registra un piccolo avanzamento: dal 87° all’85° posto, in un contesto internazionale sempre più competitivo. I dati del WEF mostrano un Paese in transizione, con settori d’eccellenza, come l’istruzione (score 0,998, 51° posto), e aree critiche, come l’accesso al lavoro e alla leadership economica.
Sul fronte salute e aspettativa di vita la valutazione è positiva (0,966), anche se la posizione in classifica è solo l’89°. Più articolato il quadro politico: l’Italia raggiunge il 65° posto, con una rappresentanza parlamentare femminile del 48,7% e una presenza nelle posizioni ministeriali del 33,3%. È vero che il report considera assente una donna capo di Stato negli ultimi 50 anni – penalizzando il punteggio –, ma è altrettanto vero che l’Italia è oggi l’unico Paese dell’Unione Europea con una donna alla guida del governo, Giorgia Meloni. Anche il capo dell’opposizione è una donna, la leader del Pd Elly Schlein: si tratta di segnali politici importanti, che vanno letti nel contesto più ampio della crescente partecipazione femminile alla vita pubblica.
Il nodo più critico rimane quello della partecipazione economica: score 0,599, che colloca l’Italia al 117° posto su 148. Le donne rappresentano più del 40% della forza lavoro (contro il quasi 60% degli uomini), ma solo meno del 30% ricopre ruoli di alto livello o dirigenziali. La parità salariale per lavori simili si attesta su uno score di 0,675.
Il quadro evidenzia insomma quanto sia ancora ampio lo spazio di miglioramento sul fronte della valorizzazione professionale. Eppure, nonostante le criticità, l’Italia ha avviato diversi interventi strutturali per promuovere una maggiore equità. È il caso, ad esempio, della legge sulla parità salariale, approvata all’unanimità e che introduce strumenti di trasparenza e incentivi per le aziende che adottano politiche inclusive. A questo si aggiungono iniziative come il piano per le competenze STEM al femminile, volto a ridurre la segregazione formativa e aprire nuove opportunità nelle professioni più richieste dal mercato.
Come sottolinea Saadia Zahidi, managing director del World Economic Forum, “in un contesto di grande incertezza economica, crescita debole e rapidi cambiamenti tecnologici e demografici, promuovere la parità di genere è una leva strategica per la ripresa economica. I dati lo dimostrano: le economie che avanzano verso la parità sono più forti, innovative e resilienti”.
In altre parole, includere pienamente le donne nei processi decisionali e produttivi non è solo un obiettivo di equità, ma una necessità competitiva per i sistemi economici contemporanei. Comunque, il Global Gender Gap Report 2025 non è un verdetto immutabile e accanto alle classifiche serve l’analisi profonda delle politiche pubbliche e delle dinamiche culturali. Quel che è certo, tuttavia, è che per accorciare davvero il divario serviranno scelte coerenti, investimenti continui e alleanze strategiche tra istituzioni, imprese e società civile. Per farlo, non possiamo aspettare centoventitre anni.
