Esteri

Ucraina: nella guerra dell’energia torna il Generale Inverno

02
Settembre 2022
Di Giampiero Gramaglia

La guerra in Ucraina si avvicina al giorno 200 e alle 100 mila vittime, se non le ha già superate (l’esercito ucraino stimava, a settembre, le perdite russe a oltre 48 mila uomini). Nei sei mesi e oltre dall’invasione, il conflitto ha attraversato varie fasi: combattimenti, bombardamenti, stalli; c’è stata la ‘guerra del grano’ e, ora, c’è la crisi dell’energia.

Sul terreno, la situazione è quasi cristallizzata. L’Ucraina annuncia una controffensiva “per liberare il Sud”, cioè i territori occupati nella regione di Kherson, dove i russi starebbero invece preparando un referendum per l’annessione. Ma la portata della riscossa ucraina è forse ingigantita dalla retorica di Kiev – il presidente Volodymyr Zelensky dice di volere “cacciare gli invasori oltre la frontiera”: “Se vogliono sopravvivere, è tempo che i militari russi pensino ad andarsene, a tornare a casa” – e dai media occidentali. I russi dicono di averla respinta e di avere inflitto pesanti perdite agli ucraini, che avrebbero lasciato sul terreno 2.000 uomini. Gli ucraini dicono di stare ottenendo successi.

La crisi del grano s’è attenuata, dopo la ‘pace di Istanbul’ del 22 luglio, che tiene – sono già decine le navi che hanno lasciato i porti ucraine cariche di cereali -. La crisi dell’energia s’è acuita, sotto l’incubo d’un doppio spettro: l’inverno, che aumenterà i consumi; e il nucleare, con l’instabilità della situazione nella centrale di Zaporizhzhia, il più grande impianto atomico europeo. Superarla sarà difficile, fin quando il conflitto militare non sarà stato risolto, perché è correlata alla strategia delle sanzioni occidentale.

Intanto, la guerra interseca tensioni internazionali su fronti diversi, dal Pacifico al Medio Oriente; e s’aggroviglia: dipanarne in fretta la matassa diventa di giorno in giorno più improbabile, tanto più che la diplomazia dell’Occidente non cerca sbocchi di pace, nella prospettiva di un conflitto lungo che logori la Russia (ma che, nel contempo, porta via ogni giorno vite umane e incide pesantemente sulle nostre economie).

Il Generale Inverno
La crisi dell’energia registra punture di spillo continue della Russia all’Europa sua cliente – Mosca pare contare sul Generale Inverno, tradizionale suo grande alleato -: le forniture di gas tramite il gasdotto North Stream sono state sospese per tre giorni questa settimana. Nonostante Gazprom avesse avvertito dello stop, per lavori in una stazione di compressione nel Nord della Germania, il blocco ha comunque innescato movimenti speculativi sui mercati energetici.

La Russia taglia le forniture, adducendo di volta in volta scuse tecniche, e, nel contempo, brucia gas in quantità in un impianto collegato al North Stream. La Bbc è stata la prima a pubblicare immagini che mostrano le fiamme levarsi sopra la struttura al confine con la Finlandia, sul Mare Artico. Secondo gli esperti, Mosca è costretta a sprecare il metano che non esporta verso l’Europa perché non ha le infrastrutture per spedirlo altrove: l’alternativa sarebbe fermare l’estrazione.

In questo contesto di frizioni e incertezze, l’Unione europea si domanda se e come razionare il gas. Il prezzo del metano sul listino di Amsterdam tocca quote record e ha andamenti erratici, su cui incide la speculazione. Le preoccupazioni per l’autunno crescono in Italia come nel resto d’Europa (ma da noi i timori sono ingigantiti dalla campagna elettorale). Il premier ceco Petr Fiala, presidente di turno del Consiglio dell’Ue, convoca una riunione dei ministri dell’Energia dei 27: il 9 settembre, si discuterà di un tetto al prezzo del gas e dei rapporti con la Russia nel loro insieme; ma non è detto che di qui all’incontro maturino decisioni.

Un’analisi di Gazprom sostiene che, se anche i grandi Paesi europei riusciranno a portare le scorte di gas “vicine al massimo livello” consentito dagli stoccaggi, ciò “non garantirà loro di superare l’autunno-inverno senza problemi”. Un esempio: la Germania, tra l’1 ottobre ’21 e il 31 marzo ‘22, ha consumato 57 miliardi di metri cubi di gas, cioè 9,5 miliardi al mese. I livelli delle scorte attuali – – l’84% degli stoccaggi e 18,3 miliardi di metri cubi – “sono comparabili ai consumi di due mesi su sei” nella stagione invernale”.

Sanzioni e boomerang
Le sanzioni occidentali dovevano accelerare il default russo e dissanguare il regime putiniano, levargli i mezzi per la guerra ucraina, scatenargli contro il malcontento popolare e accelerarne eventualmente la caduta. Secondo l’Fmi, non sta andando così: in Russia il calo del Pil nel 2022 sarà del 6%, non dell’11%.

E l’export di energia supererà di 100 miliardi di dollari in valore quello del 2021: così, Mosca ‘esporta’ in Occidente un’inflazione dell’ordine del 10% nell’Eurozona. Per l’Economist, l’Ue confonde i sogni con la realtà: “L’economia russa batte le attese e la guerra delle sanzioni non va come previsto”; dopo lo choc iniziale, “il sistema finanziario s’è stabilizzato e la Russia ha trovato nuovi fornitori, inclusa la Cina. Mentre in Europa la crisi dell’energia può innescare una recessione”.

Quanto alle limitazioni a singhiozzo delle forniture di gas all’Europa, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov le attribuisce alle sanzioni che impediscono a Gazprom di funzionare in modo continuo e corretto. Il vice-premier russo Alexander Novak fa però sapere che Mosca intende sospendere le forniture di petrolio ai cosiddetti “Paesi ostili”, se imporranno “limitazioni” al prezzo del petrolio russo. Minacce che alimentano le incrinature nell’Ue: Budapest firma nuovi contratti con Gazprom, mentre Bruxelles spinge ad accelerare la diversificazione degli approvvigionamenti.

Secondo l’agenzia di rating Fitch, l’Ue “ha una strategia credibile per mitigare gli effetti peggiori d’uno stop alle importazioni di gas dalla Russia nel 2023, subordinata però a rapidi aggiustamenti dell’equilibrio tra offerta e domanda”, ed è in grado di “resistere alla crisi del gas russo” anche “se non senza dolore”. Per Fitch, il “processo di aggiustamento peserà sull’economia e sulle aziende dell’Eurozona in modo meno severo di alcune stime preliminari fatte sul mercato”. In uno scenario di flussi al 20% per il 2022 e di stop nel 2023, Fitch stima un effetto negativo sul Pil Ue dell’1,5-2%, del 3% sulla Germania e del 2,5% sull’Italia.