Esteri

Ucraina, la Nato e le premesse all’escalation del conflitto

20
Maggio 2022
Di Giampiero Gramaglia

Sui fronti dell’Ucraina, la guerra è in stallo e il negoziato anche. Ma, tutto intorno, c’è fermento: Russia e Usa tornano a parlarsi, con il linguaggio dei militari; e pure Cina e Usa tornano a parlarsi, con il linguaggio dei diplomatici. E l’Alleanza atlantica fa passi rapidi verso l’adesione di Finlandia e Svezia, due Paesi nordici tradizionalmente neutrali, spinti verso la Nato dalla cresciuta percezione della minaccia russa dopo l’invasione dell’Ucraina.

La mossa atlantica non è scevra di potenziali contraddizioni. Helsinki e Stoccolma scelgono la Nato a causa dell’aggressività russa, ma l’allargamento atlantico può aggiungere un ostacolo al dialogo tra Occidente e Mosca, mentre persino il New York Times, in un editoriale del 19 maggio, avverte l’Amministrazione Biden che la guerra “sta diventando complicata” e che l’opinione pubblica americana, così come quella europea, “non è pronta” a un conflitto.

Riuniti a Berlino lo scorso week-end, i ministri degli Esteri dei Paesi della Nato commentavano, con pochi distinguo, che l’Alleanza sarà rafforzata dall’allargamento nordico. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ripeteva che «l’Ucraina può vincere la guerra», notava che la Russia «non sta realizzando i suoi obiettivi strategici» e diceva che «la Nato è più forte e unita che mai».

Nonostante i moniti del Cremlino, l’allargamento della Nato viaggia, dunque, su un binario veloce. Il presidente Usa Joe Biden dà luce verde all’adesione di Finlandia e Svezia all’Alleanza atlantica e assicura loro, fin da subito, la protezione prevista dall’articolo 5 del Trattato atlantico. Ma non tutto fila liscio: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan alza la paletta rossa, blocca ogni decisione e pretende da Helsinki e Stoccolma l’estradizione di trenta “terroristi” curdi.

Il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg

Erdogan, che è un negoziatore e che riesce spesso a monetizzare lo scioglimento delle sue riserve, chiede che Helsinki e Stoccolma cessino di dare asilo a elementi del Pkk: il partito dei lavoratori curdo, ritenuto dalla Turchia – e non solo – un’organizzazione terroristica. Il presidente finlandese Sauli Niinisto è accomodante: «Prendiamo il terrorismo in modo serio, e lo combattiamo. Siamo pronti a discutere con Ankara tutte le sue preoccupazioni».

Mercoledì 18 maggio, la Finlandia e la Svezia hanno presentato le rispettive domande di adesione alla Nato, dopo avere avuto via libera istituzionali e politici a livello nazionale. Per Stoltenberg, «questo è un momento storico in una fase critica per la nostra sicurezza».

Biden, che giovedì 19 maggio ha ricevuto a Washington il presidente Niinisto e la premier svedese Magdalena Anderson, sostiene con forza “le storiche richieste” di adesione alla Nato dei due Paesi: «Non vedo l’ora di lavorare con il Congresso e con i nostri alleati per portare in fretta Finlandia e Svezia nella più forte alleanza difensiva della storia … Insieme, vigileremo contro ogni minaccia alla nostra sicurezza comune e per scoraggiare e affrontare un’eventuale aggressione». Biden dice che «la Nato è l’Alleanza più potente al Mondo … efficace e necessaria come non mai … indispensabile”; e nota che Finlandia e Svezia rispettano “tutti i criteri” atlantici. Truppe finlandesi e svedesi sono già impegnate in manovre della Nato in Estonia.

La premier finlandese Sanna Marin, ricevuta mercoledì a Palazzo Chigi dal premier Mario Draghi, esprime la convinzione che “Finlandia e Svezia daranno un grande contributo alla sicurezza alleata. Abbiamo un esercito forte e moderno e già lavoriamo con la Nato… Saremo partner affidabili…”. E a New York il ministro degli Esteri Luigi di Maio vedeva il collega turco Mevlüt Çavuşoğlu.

Nella riunione dei rappresentanti presso la Nato, che doveva aprire i colloqui pre-adesione, Ankara ha bloccato ogni decisione. «Non diciamo che Finlandia e Svezia non possono entrare nella Nato – è la linea turca -. Prima avremo un accordo, prima inizieremo il negoziato». La posta la fissa Erdogan, parlando al Parlamento turco. Auspica che “gli alleati ci ascoltino” e spiega: «Non possiamo dire sì, perché sostenere il terrorismo e chiederci l’appoggio è mancanza di coerenza” da parte di Helsinki e Stoccolma, che “si rifiutano di estradare” i 30 curdi presunti terroristi.

La Russia ha finora reagito alla mossa finno-svedese in modo composto, ma non acquiescente, quasi con un gioco delle parti dove il presidente Vladimir Putin e il suo staff fanno i moderati, mentre figure relativamente minori usano toni minacciosi. L’adesione alla Nato è un diritto sovrano di Finlandia e Svezia, le possibili contromisure dipenderanno dalle conseguenze reali dell’integrazione dei due Paesi nell’Alleanza, dice il ministro degli Esteri Serguiei Lavrov.

La Russia intende comunque ritirarsi dal Consiglio degli Stati del Mar Baltico, fa sapere Lavrov, che accusa gli Stati occidentali di monopolizzare l’organismo per la cooperazione regionale fondato nel 1992. E taglia le forniture d’energia alla Finlandia, che nell’immediato tampona con il concorso di Svezia e Norvegia.

Putin dice che l’espansione della Nato è artificiale: «La Russia non ha problemi con Finlandia e Svezia, la loro adesione all’Alleanza atlantica non è una minaccia per Mosca, anche se – aggiunge – «l’espansione delle infrastrutture militari in quei Paesi provocherà sicuramente una nostra risposta». 

Il Cremlino pensa che l’adesione alla Nato di Finlandia e Svezia “non rafforzi” la sicurezza europea. La voce grossa la fa il vice-ministro degli Esteri Sergei Ryabkov: l’Alleanza atlantica “non deve illudersi” che la Russia possa “tollerare” l’allargamento nordico, un errore con conseguenze “di vasta portata” perché “noi garantiremo la nostra sicurezza”.