Esteri

Spagna: popolari avanti, destra crolla, socialisti tengono, governo difficile. Di nuovo al voto?

24
Luglio 2023
Di Giampiero Gramaglia

I popolari vincono, ma non hanno una maggioranza per governare. I socialisti tengono e possono ancora sperare di formare una coalizione di maggioranza, ma non sono più il primo partito. L’alleanza dei movimenti di sinistra ottiene un discreto risultato. Vox, il partito di estrema destra, l’alleato di Giorgia Meloni, per cui la premier italiana si era spesa in campagna elettorale, fa flop: perde oltre un terzo dei seggi e non può offrire ai popolari una spalla sufficiente.

Al termine di uno scrutinio che offre sorprese, emozioni e sorpassi, il Partito popolare (Pp) ha 136 seggi su 350 – un balzo in avanti notevole: ne aveva 82 -, il partito socialista (Psoe) 122, Vox è terzo con 33 seggi – da 51 -, Sumar, l’alleanza di sinistra, è a 31. Nessuna delle due potenziali coalizioni (destra e sinistra) s’avvicina alla maggioranza di 176 seggi, ma il leader socialista, e capo del governo uscente, Pedro Sanchez può sperare d’ottenere l’appoggio dei movimenti regionali, che si distribuiscono i 28 seggi rimanenti. Il primo giro di consultazioni dovrebbe però toccare al leader dei popolari Alberto Nunez Feijóo: decide il re Filippo VI.

Rispetto ai sondaggi, i risultati sorprendono, in particolare per la tenuta dei socialisti e il crollo dell’estrema destra. E’ come se gli elettori spagnoli progressisti e moderati, all’ultimo momento, abbiano avuto paura di ritrovarsi – all’alba di oggi – indietro di cinquant’anni nella loro storia, riaprendo la pagina franchista che pareva definitivamente chiusa. Così, nonostante delusioni e disillusioni, sono andati a votare: non un’affluenza massiccia, ma superiore alle attese; alle urne, nonostante la giornata estiva, e dopo un’anomala campagna elettorale da 40 gradi all’ombra, se ne sono contati oltre due su tre, quasi il 69%, più che alle politiche precedenti.

L’impressione è quella di una Spagna bloccata: la destra non ha la maggioranza, la sinistra neppure, i regionalisti non possono fare comunella con Vox che, fortemente centralista, è loro nemica. Lasciando da parte i giofnali spagnoli, che hanno tutti letture parziali, Politico sintetizza: “Sanchez contiene l’avanzata della destra. I popolari hanno più voti, ma non sono in grado di fare il governo”. Il New York Times sentenzia: “Elezioni inconcludenti”; e spiega: “Nessun partito ha la forza per formare un governo e il Paese ha di fronte settimane di litigiosi negoziati e potenzialmente nuove elezioni”, con il rischio di paralizzare l’Unione europea fino alla fine dell’anno, perché la Spagna ha la presidenza di turno del Consiglio dei Ministri dell’Ue.

Il Washington Post  è sulla stessa linea, ma vede nella Spagna un bastione dell’Europa progressista che resiste all’avanzata della destra: “Il voto è diviso, né i socialisti né i conservatori hanno la maggioranza… I risultati prefigurano un ‘impasse’ politica che potrebbe richiedere settimane o mesi per essere superata”. Intanto, Sanchez e il suo governo resteranno in carica per gli affari correnti, con poteri limitati.

Si concretizza in parte l’incubo che, alla vigilia del voto, Politico prospettava, facendo della Spagna “Il Belgio del Sud dell’Europa”: il Belgio è il Paese che, per la difficoltà di formare un governo, rimase per oltre 500 giorni – record mondiale – con un esecutivo per gli affari correnti. L’incertezza politica europea è accresciuta da ulteriori elezioni in autunno, in Olanda, dove la sinistra e i verdi si organizzano per dare una spallata dopo 13 anni di governi di centro-destra, e in Polonia, dove pure centristi e progressisti contestano il potere agli ultra-conservatori alleati di Meloni.

Quando, a tarda sera, il leader socialista ha lasciato la sede del governo, la Moncloa, per andare nella sede del partito, a calle Ferraz, lo hanno accolto gli applausi di sollievo dei suoi sostenitori, che avevano temuto una disfatta che non c’è stata. Invece, il leader di Vox Santiago Abascal rinviava i commenti e l’incontro con i fan: l’estrema destra ha patito la maggiore capacità d’attrazione dei popolari di Feijóo rispetto al passato, ma anche l’effetto paura del passo indietro.

Marcello Campo, l’inviato dell’ANSA, un giornalista che sa ben leggere la politica, parla di “vittoria con un retrogusto amaro” per il Partito popolare, il risultato di “un’operazione di cannibalizzazione” ai danni di Vox. Feijóo, un ex governatore della Galizia, alla prima prova come leader nazionale, rivendica, però, il diritto di provarci: “Come candidato del partito più votato, credo che mio dovere sia aprire il dialogo e cercare di governare il nostro Paese”. Obiettivo, “evitare un periodo d’incertezza”: che “nessuno abbia la tentazione di bloccare la Spagna”. Ma la strada è tutta in salita.

In ottica europea, il crollo del partito sovranista, anti-immigrazione, pronto a limitare i diritti lgbt+, è il dato più rilevante di questa tornata elettorale: Vox era l’osservato speciale di tutta la stampa internazionale, sostenuto da Meloni e, fra gli altri, dai leader di Polonia e Ungheria. La Spagna non conferma i trend emersi in Italia, Svezia, Finlandia, Repubblica Ceca; e rimette ora in discussione tutti i pronostici di un’Unione con la guida a destra dopo le elezioni europee del giugno 2024.

Sanchez canta vittoria per una rimonta che pareva impossibile, ma in cui lui ha creduto fino all’ultimo. “La Spagna e tutti i suoi cittadini sono stati molto chiari: il blocco politico dell’involuzione, del ritorno al passato e dell’abrogazione di tutti i passi avanti fatti negli ultimi anni ha fallito … Il blocco formato da Partito popolare e Vox è uscito sconfitto, siamo molti di più noi che vogliamo avanzare…”.

“Il premier si era giocato tutto con la scommessa di un voto convocato in tutta fretta in piena estate pur di non farsi mettere sulla graticola dopo la scoppola delle amministrative in primavera”, ricorda Campo. Normalmente, le politiche dovevano svolgersi verso la fine dell’anno. Con l’aiuto di Sumar (la coalizione di sinistra guidata dalla vice-premier Yolanda Diaz), i socialisti hanno almeno evitato che una forza dell’ultra-destra, con venature nostalgiche, arrivasse al governo per la prima volta dalla fine della dittatura franchista. Nella notte tra domenica e lunedì, i militanti del Psoe festeggiavano lo scampato pericolo, scandendo nella sede del partito uno slogan dell’enorme valore evocativo: “No pasaran”.

Evitato il peggio, il Psoe ha comunque davanti a sé giorni non facili. I tanti partiti regionali, alcuni indeboliti, altri rafforzati, hanno già annunciato che non daranno il loro appoggio a Sanchez gratis. In particolare il partito radicale catalanista, Junts, può avere in mano i destini di un nuovo governo.

Al momento, gli scenari che si aprono sono tre: Feijóo ci prova e non ci riesce; Sanchez ci riprova e, come quattro anni or sono, riesce di nuovo nel miracolo, difficile ma non impossibile, di mettere in piedi una maggioranza; oppure, si finisce impantanati nei giochi di blocco, il che porterebbe inevitabilmente a nuove elezioni. E c’è già che chi prevede un ritorno al voto a dicembre. Campo commenta con una battuta: “Dopo le urne aperte con gli elettori in spiaggia, altre elezioni sotto l’albero di Natale: non sarebbe un gran regalo per gli spagnoli”.