Esteri

Nato: Vertice a Vilnius, Kiev non riceve l’invito e si irrita, ma armi e promesse placano Zelensky

12
Luglio 2023
Di Giampiero Gramaglia

“Una Nato più forte in un Mondo più pericoloso”. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg racchiude in questa formula contesto e risultati del Vertice della Nato a Vilnius: l’Alleanza ne esce più forte perché l’adesione della Svezia, dopo quella della Finlandia, è ormai certa, essendo caduto il veto turco; e perché s’è dotata “dei piani di difesa più completi dalla fine della Guerra Fredda” e “dispone di 300.000 uomini ad alto livello di pronto intervento, compresa una notevole potenza aerea e navale”. Obiettivo: contrastare le sue due “principali minacce”, ovvero “la Russia e il terrorismo”.

Missione compiuta, dunque, per i capi di Stato e/o di governo dei 31 – presto 32 – Paesi alleati? C’è il nodo dell’adesione dell’Ucraina che crea fermenti, al di là dell’unanime rinnovato sostegno al Paese aggredito e invaso dalla Russia. Una data d’ingresso non c’è (né poteva esserci, come chiarito alla vigilia del Vertice dal presidente Usa Joe Biden).

Il problema – precisa Stoltenberg – non è “se” l’Ucraina entrerà nella Nato, ma “quando” e come: Kiev sarà invitata “quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni d’ingresso saranno soddisfatte”, cioè non prima che il conflitto sia concluso. Altrimenti, l’adesione significherebbe l’automatica e immediata entrata in guerra contro la Russia di tutti i Paesi Nato.

Per i leader alleati, l’impegno à un segnale di sostegno a Kiev chiaro. Ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky trova “inaudito e assurdo” che da Vilnius non esca “una data d’invito e d’adesione dell’Ucraina alla Nato” e che anzi “si aggiungano strane formule sulle condizioni d’invito”. A (parziale) consolazione, Kiev riceve ulteriori aiuti militari e promesse d’aiuti: da Usa – bombe a grappolo e forse missili a lunga gittata -, Francia e molti altri Paesi alleati, persino l’Australia che è invitata al Vertice con Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud (perché – spiegano i funzionari dell’Alleanza – “la Nato è transatlantica, ma la sicurezza è globale”).

Stoltenberg prova ad addolcire la pillola: «Abbiamo una forte visione del futuro ucraino e avviciniamo l’Ucraina alla Nato…». Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ribatte: «L’Ucraina non va tenuta in un limbo: c’erano le condizioni perché ricevessimo un invito…». Senza contare che le indecisioni della Nato possono ’ringalluzzire’ la Russia, essere percepite come un segnale di debolezza e indurla a protrarre il conflitto..

Dopo avere parlato con Stoltenberg e, soprattutto, con Biden, Zelensky, che all’arrivo a Vilnius partecipa a un evento in piazza con lo slogan #UkraineNato33 e tiene un acceso discorso, getta acqua sul fuoco: “Pronti ad entrare nell’Alleanza dopo la fine della guerra”, dice; anche se, aggiunge, “l’invito ci avrebbe motivato”; poi fa la conta degli aiuti avuti, soldi e armi.

Ci sono, in particolare, le garanzie del G7, concordate a margine del Vertice: i Sette Grandi s’impegnano a sostenere l’Ucraina per chiudere la guerra e per scoraggiare qualsiasi futuro attacco. “Mentre l’Ucraina compie progressi strategici nella sua controffensiva e le prime linee russe iniziano a degradarsi, perfezioniamo accordi per proteggere l’Ucraina a lungo termine”, spiega il premier britannico Rishi Sunak.

Il Vertice a Vilnius costituisce per la Lituania, Paese ospite, un’inedita passerella internazionale. Uno dei protagonisti, almeno fino alle battute iniziali, è il presidente turco Racep Tayyip Erdogan, che, alla vigilia, spiazza sia Mosca che Washington e crea pure imbarazzi a Bruxelles, rilanciando unilateralmente il negoziato per l’adesione della Turchia all’Ue, da anni su un binario morto, senza che nessuno se ne curasse troppo.

Dopo essere stato attento per 500 giorni a mantenere buoni rapporti con Mosca e Ucraina, quasi equidistante tra l’aggressore e l’aggredito, incurante d’essere a capo di un Paese della Nato, Erdogan, improvvisamente, si scopre ‘ultra – atlantista’: dice sì all’adesione dell’Ucraina, proprio mentre la Nato frena; consegna a Zelensky alcuni comandanti dell’Azov, il battaglione che difese Mariupol, che dovevano restare in Turchia fino alla fine della guerra; apre alla Svezia nella Nato, in cambio della vaga e improbabile prospettiva di ingresso della Turchia nell’Ue (ma, soprattutto, degli F-16 Usa, unica cosa tangibile ottenuta).

Visto da Mosca, l’allargamento della Nato è un ampliamento della minaccia, non della sicurezza: il presidente russo Vladimir Putin viene descritto “furioso” con Erdogan. L’esito del Vertice avvicina la Terza Guerra Mondiale, sostiene il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, un ex presidente ed ex premier. “L’Occidente, completamente impazzito, si caccia in un vicolo cieco”, scrive. Ma il vicolo cieco è l’invasione dell’Ucraina.La colonna sonora dell’incontro di Vilnius è costituita da scoppi di bombe nelle città ucraine e deflagrazioni al fronte: sciami di droni abbattuti, combattimenti letali – 26 mila i caduti ucraini dall’inizio della controffensiva, secondo fonti russe non verificabili -. Non c’è il temuto attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, del cui progetto, alla vigilia, Mosca e Kiev s’erano reciprocamente accusate.