Esteri

Inflazione USA, l’Ecofin si difende

17
Gennaio 2023
Di Diana Adly

I ministri dell’Economia e delle Finanze dei 27 Stati membri dell’Ue si sono riuniti oggi a Bruxelles per la prima riunione dell’Ecofin dall’inizio del nuovo anno. All’ordine del giorno, la presentazione da parte della Svezia del programma della presidenza del Consiglio dell’Ue per i prossimi sei mesi, l’impatto economico e finanziario della guerra in Ucraina, Pnrr e semestre europeo. Ma il tema centrale delle discussioni dei ministri, seppur non in agenda, è stata la risposta europea all’Inflation Reduction Act (Ira), il piano statunitense sulla riduzione dell’inflazione con focus sulla sicurezza energetica e sul cambiamento climatico. 

Cosa è l’Inflation Reduction Act e perché spaventa l’Europa

L’Inflation Reduction Act, il decreto legge firmato dal Presidente Biden, è un piano da oltre 750 miliardi di dollari distribuiti in dieci anni. Il pilastro del pacchetto, che contiene misure anche in materia di tasse e salute, è sicuramente costituito dai 369 miliardi di euro destinati alla transizione ecologica americana. Definita dal Presidente Usa come “una delle leggi più significative della nostra storia”, l’Ira rappresenta uno storico passo avanti nella riduzione del deficit per combattere l’inflazione, investire nella produzione energetica e manifatturiera nazionale e ridurre le emissioni di carbonio di circa il 40 per cento entro il 2030, intervenendo con estese agevolazioni e crediti fiscali a sostegno della produzione manifatturiera di tecnologie sostenibili e della domanda dei beni prodotti.

Tra le misure messe in campo, agevolazioni fiscali destinate alla creazione o all’espansione di impianti di produzione di energia solare, eolica, di batterie, di veicoli elettrici e nell’industria di processo dei materiali critici, nonché nelle tecnologie per l’efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni industriali; la creazione di un fondo per il finanziamento di progetti per l’adozione e lo sviluppo di tecnologie in grado di ridurre le emissioni; sussidi e prestiti destinati a sistemi di produzione di veicoli verdi.

La preoccupazione di Bruxelles deriva però dagli aspetti legati alle conseguenze protezionistiche dell’Ira. L’iniziativa ha infatti introdotto una serie di misure che mettono a rischio l’industria europea, in particolare in settori strategici come quello green, automotive, e High-tech. Un esempio: con l’Ira, vengono modificati i criteri che permettono l’accesso alle agevolazioni fiscali esistenti per l’acquisto di veicoli sostenibili: l’assemblaggio finale dei veicoli deve avvenire in Nord America; lo stesso vale per le componenti delle batterie dei veicoli elettrici e per i minerali critici utilizzati nelle batterie, che dovranno essere prodotti, assemblati o estratti in Nord America in una quota progressivamente crescente.

Le possibili risposte dell’Ue: tra aiuti di Stato e nuovo debito comune

È chiaro come le misure “Buy American” previstedall’Inflation Reduction Act rischiano di provocare una fuga delle imprese dall’Ue per beneficiare di sussidi e sconti fiscali americani. Per questo motivo, la risposta europea all’Ira è uno dei temi più caldi a Bruxelles. Sono già molti momenti che hanno visto la questione al centro delle discussioni europee prima dell’Ecofin di oggi. Significativi l’incontro tra il Presidente francese Macron con il Presidente Usa Biden, e la creazione di una task force Unione europea-Usa al più alto livello delle due amministrazioni per affrontare in maniera congiunta la questione.

Certo è che l’Unione europea sta lavorando per poter mettere in campo misure volte a rispondere all’Ira dell’Amministrazione Biden. Come? Attraverso gli aiuti di Stato, in primis. Con una lettera indirizzata ai 27 Stati membri dell’Ue, la Vicepresidente esecutiva responsabile per la concorrenza, Margrethe Vestager, ha avviato un’ampia e inclusiva consultazione su come gli aiuti di Stato possono essere adeguati meglio alla situazione attuale, illustrando le tre priorità della Commissione: accelerare la transizione verde, eliminare le barriere esistenti all’interno del mercato unico e permettere agli stati membri di concedere aiuti rapidi e mirati a settori chiave. Sebbene sia stato fatto molto finora in termini di aiuti di Stato (con quadri adattati per rispondere alla pandemia, prima, e alla guerra in Uncraina, poi), la Commissione riconosce che di fronte al piano statunitense “potrebbe essere necessario fare di più”.

Come farlo è stato spiegato chiaramente oggi dalla Presidente von der Leyen nel suo intervento al World Economic Forum di Davos: «Per mantenere l’attrattiva dell’industria europea, è necessario essere competitivi con le offerte e gli incentivi attualmente disponibili al di fuori dell’Ue. Per questo motivo proporremo di adattare temporaneamente le nostre norme sugli aiuti di Stato per accelerare e semplificare. Calcoli più facili, procedure più semplici, approvazioni accelerate. Ad esempio, con semplici modelli di agevolazioni fiscali».

Ma se quella degli aiuti di Stato sembra la strada più semplice, esiste anche un significativo rischio di frammentazione del mercato unico, in quanto si finirebbe per avvantaggiare gli Stati membri con maggiore spazio fiscale (per esempio la Germania e la Francia) a danno delle imprese dei Paesi in maggiore difficoltà.

Tale rischio riporta l’idea della creazione di debito comune (come fatto con il Recovery Fund per rispondere alla pandemia) nuovamente al centro delle discussioni a Bruxelles. Nella sua lettera, la Vicepresidente Vestager ha menzionato la possibilità di introdurre nuove forme di finanziamento comune, ma senza ulteriori dettagli. A Davos, la Presidente von der Leyen ha annunciato la creazione di un “Fondo europeo per la sovranità” nell’ambito della revisione intermedia del bilancio dell’Ue che si terrà nel corso dell’anno, in linea con quanto auspicato dal Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton. Tuttavia, come sottolineato anche dal Vicepresidente esecutivo Dombrovskis a margine dell’Ecofin, si tratta di un obiettivo per il medio-lungo termine.

Cosa ne pensano i 27

La creazione di schieramenti e opinioni divergenti sulle possibili risposte non si è fatta attendere e l’Ecofin di oggi ha fornito l’occasione per una importante discussione sul tema. Se da una parte sono molti i paesi scettici per la creazione di un debito comune, primi fra tutti la Germania, insieme ai Paesi Bassi e alla Svezia (che detiene la Presidenza del Consiglio dell’Ue), dall’altra, molti sono preoccupati dai rischi di frammentazione del mercato interno derivanti dal solo utilizzo di aiuti di Stato. Il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che «il semplice allentamento delle regole degli aiuti di Stato non è una soluzione, perché sarebbe sproporzionato avvantaggiare gli Stati membri che godono di un margine di bilancio più ampio, aggravando così le divergenze economiche all’interno dell’Unione e conseguente frammentazione del mercato interno».

Il Commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, ha invece indicato come soluzione per rafforzare la competitività dell’Ue senza compromettere il mercato unico quella di «semplificare da una parte le nostre regole per gli aiuti di Stato, specialmente per settori cruciali come il ‘clean tech’ e l’innovazione, e dall’altra, in parallelo, finanziare progetti comuni. È essenziale se vogliamo rafforzare la nostra competitività senza compromettere il mercato unico». Sarà proprio questa la strada che intraprenderà l’Ue nei prossimi mesi per salvaguardare la competitività?