Esteri

India e Pakistan sull’orlo della guerra: raid, vittime e minacce di rappresaglia

07
Maggio 2025
Di Ilaria Donatio

Le tensioni tra India e Pakistan sono riesplose in modo drammatico. Dopo gli scontri dei giorni scorsi seguiti all’attentato del 22 aprile, l’India ha condotto nelle ultime ore un massiccio attacco contro nove presunti siti terroristici in territorio pakistano, uccidendo – a detta di Nuova Delhi – almeno 80 militanti. Islamabad ha reagito con durezza: ha definito l’operazione un “atto di guerra” e ha autorizzato l’esercito a rispondere, dando avvio a una rappresaglia militare.

L’offensiva indiana – ribattezzata “Operazione Sindoor” – è stata lanciata in risposta all’attacco del 22 aprile scorso a Pahalgam, nel Kashmir controllato dall’India, dove 26 turisti indiani hanno perso la vita. Nuova Delhi ha attribuito l’attentato al gruppo The Resistance Front, legato ai Lashkar-e-Taiba, con presunti contatti con i servizi pakistani.

Secondo fonti governative indiane, gli attacchi del 6 maggio hanno evitato obiettivi militari pakistani, puntando invece a “infrastrutture terroristiche”. Ma Islamabad sostiene che tra le vittime ci sono civili, compresi bambini, e ha denunciato la violazione della propria sovranità.

La risposta pakistana non si è fatta attendere. Oltre alla mobilitazione delle forze lungo la Linea di Controllo, Islamabad sostiene di aver abbattuto cinque jet indiani e un drone. L’India, per ora, non ha confermato perdite. Gli scambi di artiglieria lungo il confine hanno già provocato nuove vittime civili su entrambi i lati.

In un gesto senza precedenti, l’India ha inoltre sospeso il Trattato delle Acque dell’Indo – che da oltre sessant’anni regola la suddivisione delle risorse idriche tra i due Paesi – firmato nel 1960, minacciando di interrompere il flusso dei fiumi verso il Pakistan. Islamabad considera la mossa come un’escalation strategica con potenziali ricadute disastrose sulla sua agricoltura e sull’approvvigionamento idrico.

La comunità internazionale guarda con allarme crescente. Le Nazioni Unite hanno lanciato appelli urgenti alla de-escalation, temendo che lo scontro tra i due paesi – entrambi dotati di armi atomiche – possa trasformarsi in un conflitto aperto di proporzioni incontrollabili.

Le autorità pachistane hanno chiuso lo spazio aereo intorno alle città di Lahore e Karachi. Air India ha cancellato tutti i voli da e verso il Kashmir: quasi 200 voli interni sono stati cancellati nel nordovest del Paese, e diversi aeroporti sono stati chiusi. Qatar Airways ha temporaneamente sospeso tutti i voli per il Pakistan.

“Giustizia è fatta” ha scritto su X il ministero della Difesa di Nuova Delhi, che poi in un comunicato ha parlato di attacchi «precisi, misurati e non atti a provocare un’escalation». Ma il primo ministro pakistano Shehbaz
Sharif ha definito “vigliacchi” gli attacchi dell’India. Su X, Sharif ha avvertito che il
suo Paese “ha tutto il diritto di rispondere con la forza a
questo atto di guerra imposto dall’India”.

Il Kashmir, la regione himalaiana al centro dello scontro, è oggetto di contesa tra i due Paesi fin dalla loro fondazione, appena dopo al fine della Seconda Guerra mondiale. Nell’agosto del 1947, fino ad allora una colonia dell’impero britannico, nacquero i due Paesi: India e Pakistan. Il primo con maggioranza hindu, il secondo con maggioranza musulmana. Ma il Kashmir, un regno fino ad allora indipendente, fu reclamato da entrambi: dall’India, con la ragione che il maragià Hari Singh (che avrebbe voluto mantenere l’indipendenza) aveva infine deciso che il suo regno fosse annesso all’India; il Pakistan, con la ragione che quella era la volontà della popolazione del Kashmir, a maggioranza musulmana.