Esteri

Guerra Israele – Hamas: ospedali epicentro dei combattimenti, ostaggi tra paura e speranze

15
Novembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Dopo 40 giorni di guerra con Hamas, l’esercito israeliano a Gaza ha occupato sedi delle istituzioni del movimento islamico, come il Parlamento e il comando della polizia, e continua a ingaggiare scontri a fuoco intorno agli ospedali. Tregue umanitarie di alcune ore si susseguono, per consentire ai civili di evacuare il nord della Striscia e facilitare l’ingresso di aiuti umanitari.

Nella notte tra martedì e mercoledì, truppe israeliane hanno condotto “precise e mirate operazioni contro Hamas” dentro il più grande ospedale di Gaza City, al-Shifa, dove si trovano centinaia tra pazienti, medici, infermieri e inservienti e migliaia di rifugiati. Lunedì, il presidente Usa Joe Biden aveva detto che gli ospedali “vanno protetti”.

Il conflitto, innescato dagli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre sui civili israeliani, che fecero 1.400 morti circa e portarono alla cattura di circa 240 ostaggi, andrà avanti – proclama Benjamin Netanyahu, premier israeliano – “fino alla nostra vittoria”. Ma Hamas ribatte: “Il peggio deve ancora venire”. Martedì, il premier e Biden hanno avuto un ennesimo colloquio.

Netanyahu insiste a legittimare la battaglia dentro la Striscia. Intervistato dalla Fox, dice “Se noi ora non vinciamo, allora l’Europa sarà la prossima e voi americani sarete i successivi. Dobbiamo vincere non solo per il nostro bene, ma per il bene del Medio Oriente, per il bene dei nostri vicini arabi”. Sul Washington Post, Ishaan Tharoor scrive che Israele sta gestendo “una nuova catastrofe palestinese”, con un riferimento alla Nakba, l’esodo nel 1948 dalle terre destinate allo Stato ebraico.

La diplomazia internazionale, che finora è almeno riuscita a evitare un allargamento della guerra, non ancora scongiurato, è incapace di tracciare percorsi di pace. Della crisi in Medio Oriente, si parla oggi a San Francisco al Vertice dell’Apec, organizzazione degli Stati del Pacifico. Joe Biden, presidente Usa, vede Xi Jinping, presidente cinese: è il primo incontro fra i due dopo quasi un anno, dal vertice del G20 in Indonesia; ed è la prima volta che Xi torna negli Usa dopo l’aprile del 2017, quando alla Casa Bianca c’era Donald Trump (che lo ricevette a Mar-a-lago).

Guerra Israele – Hamas: la battaglia degli ospedali
Le vittime palestinesi della guerra fra Israele e Hamas sono quasi 12 mila. Negli ospedali di Gaza, la situazione è drammatica: scorte di medicinali in esaurimento, feriti operati in condizioni drammatiche, pazienti deceduti perché non potevano più seguire le terapie, centinaia di corpi sepolti in fosse comuni. L’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, calcola che 22 nosocomi su 36 siano fuori uso. In quelli che ancora funzionano, medicinali e gasolio vanno esaurendosi. Per evitare una strage di neonati, Israele fa arrivare 37 incubatrici.

Il direttore generale dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, fa sapere che l’ospedale di al-Shifa. Prima d’essere investito dai raid israeliani, è rimasto senza acqua per tre giorni e “non funziona più come un ospedale”. C’è l’appello ad evacuarlo, almeno le decine di neonati, le centinaia di pazienti.

Nei tunnel sotto il complesso ospedaliero, i militari conducono i giornalisti a visitare quella che poteva essere una base di Hamas o – sostengono fonti del nosocomio – un rifugio per i ricoverati. L’esercito di Tel Aviv accusa i fondamentalisti di utilizzare gli ospedali come basi: un portavoce racconta di un conflitto a fuoco con un’unità di Hamas che sparava dalla clinica al-Quds.

Guerra Israele – Hamas: la sorte degli ostaggi
Si negozia, finora senza esito, a vari livelli, per il rilascio degli ostaggi, mentre desta commozione e dolore la storia della soldatessa Noa Marciano, 19 anni, di cui Hamas diffonde un video girato prima che la giovane venisse uccisa – sotto un bombardamento israeliano, dicono i palestinesi -. Diplomatici del Qatar e di altri Paesi e i servizi segreti israeliani e statunitensi sono coinvolti in un intreccio di trattative.

Momenti di speranza si alternano a fasi di pessimismo. Il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, a Ginevra con una delegazione di familiari dei rapiti, chiarisce che la Croce Rossa non li ha ancora incontrati: “Non abbiamo prove che siano ancora in vita”, dice.

Osama Hamdan, alto esponente di Hamas in Libano, esclude un rilascio dei prigionieri parziali: l’organizzazione preferisce una soluzione unica, uno scambio tra ostaggi e detenuti fondamentalisti nelle carceri israeliane

Il presidente Usa Joe Biden crede in un accordo e nel rilascio: “Abbiate pazienza, resistete, stiamo arrivando”, li incoraggia, quasi rivolgendosi direttamente loro. In ogni caso, il ministro israeliano Benny Gantz, un leader dell’opposizione a Netanyahu entrato nel governo d’emergenza nazionale, chiarisce che, “anche se fosse necessario un cessate-il-fuoco per riavere gli ostaggi, la guerra non si fermerà”.

Netanyahu è considerato da gran parte degli israeliani il responsabile del disastro del 7 ottobre. Familiari di ostaggi marciano a Tel Aviv e a Gerusalemme, per chiedere al governo di ottenere che  i loro cari siano rilasciati.

Guerra Israele-Hamas: gli altri fronti
Anche il fronte libanese non è calmo: un civile israeliano colpito nell’Alta Galilea da un razzo tirato da Hezbollah è morto martedì. E dopo un lancio di missili dal Libano, i jet israeliani hanno colpito alcune postazioni della milizia legata all’Iran. Inoltre, l’artiglieria israeliana ha bombardato le zone del sud del Libano a ridosso della linea di demarcazione tra i due Paesi, dopo che i miliziani avevano sparato razzi anticarro e lanciato droni.

La situazione resta critica in Cisgiordania, oltre che al confine con il Libano e la Siria. A Tulkarem, nel corso di scontri a fuoco con l’esercito israeliano, sono morti sette palestinesi e 12 sono rimati feriti.

In Siria le milizie filo iraniane hanno attaccato due basi Usa. Per ritorsione, gli Stati Uniti lanciano una serie di raid su obiettivi iraniani in Siria, denunciando decine di attacchi negli ultimi 40 giorni sulle basi americane. Queste mosse appaiono in contrasto con gli sforzi diplomatici per evitare che la guerra contagi la regione e deflagri.

Continuano, in Israele, le operazioni forensi per identificare le vittime del 7 gennaio. Si indaga, inoltre, su stupri che i terroristi avrebbero compiuto su donne israeliane, alcune poi uccise, altre condotte via ostaggio.