Esteri

Davos, Ramstein, Ecofin, vertici dell’incertezza

21
Gennaio 2023
Di Marco Cossu

In un quadro geoeconomico frammentato e complesso come quello attuale, sono i vertici internazionali gli osservati speciali della settimana. Quello di Ramstein, che vede i ministri della Difesa e i vertici militari dei circa 50 Paesi riuniti per discutere sui prossimi aiuti a Kiev; il World Economic Forum 2023 di Davos; e il Consiglio “Economia e finanza” (ECOFIN) che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanza dei paesi membri dell’Unione Europea.  

A Ramstein si sono riuniti i sostenitori dell’Ucraina per stabilire un nuovo pacchetto di aiuti a sostegno di Kiev: Stati Uniti, Regno Unito, Svezia e Danimarca hanno annunciato prima del vertice nuove forniture tra cui l’invio di mezzi corazzati. 

Washington si dice pronta a stanziare un nuovo pacchetto di aiuti dal valore di 2,5 miliardi di dollari che porta il sostegno militare totale degli Stati Uniti a 26,7 miliardi dall’inizio dell’invasione russa. Washington ha, tuttavia, escluso l’invio di carri armati pesanti, giustificando tale scelta alla luce del poco addestramento e della difficoltà di manutenzione da parte degli ucraini. 

Il Regno Unito contribuirà alla causa con 600 missili “Brimstone”, la Danimarca con 19 cannoni “Caesar” e la Svezia con i semoventi “Archer”. Le richieste ucraine sono, tuttavia, in parte disattese: i sistemi d’arma hanno una gittata inferiore a quella sperata e il numero dei mezzi è giudicato pressoché insufficiente dai vertici militari di Kiev. 

Il conflitto russo ucraino tiene banco anche tra i temi di Davos. La delegazione ucraina è folta e si pone l’obiettivo di convincere l’asse dei paesi occidentali a fornire a Kiev più armi e a farlo nel minor tempo possibile. 

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen rassicura Kiev: «L’Europa sarà sempre con voi per tutto il tempo che sarà necessario», ricostruzione compresa. Ma alla frammentazione geopolitica che si riverbera sul fronte degli scambi e degli investimenti si aggiungono altre preoccupazioni. 

Tra i leader aziendali e gli economisti che prendono parte al World Economic Forum 2023, riporta il Wall Street Journal, “l’umore è cupo”. Gli spettri che agitano i pensieri dei manager sono quelli di una possibile recessione, d’altro canto alcuni dati fanno presagire che l’inflazione innescata solo in parte dal ritorno della guerra in Europa abbia raggiunto il suo picco. 

Rimangono osservate speciali le più grandi economie del pianeta: Cina e Stati Uniti, tra cui permangono, in un quadro geopolitico incerto, le conflittuali frizioni su Taiwan. Pechino consegna un Pil cresciuto di appena il 3%, ai minimi dal 1976, e per la prima volta dal 1961 si è registrato un calo demografico. Un rischio per i conti pubblici cinesi, che dovranno fronteggiare problemi legati a welfare e alla social security. Pronta a ricevere il testimone di Paese più popoloso del mondo è l’India. 

Negli States l’ombra di una recessione è in parte bilanciata dalla buona propensione alla spesa dei consumatori e al contenimento del tasso di disoccupazione che ha registrato a dicembre il 3,5% (minimo storico). Gli sforzi dell’esecutivo americano sono ora concentrati sulla riduzione del deficit e sul contenimento dell’inflazione. La formula di Biden è contenuta nell’“Inflation Reduction Act”, il pacchetto che prevede un’insieme di misure dal valore di oltre 750 miliardi di dollari distribuiti in dieci anni che vanno dal sostegno degli investimenti nella produzione energetica e manifatturiera nazionale, alla riduzione delle emissioni di carbonio di circa il 40% entro il 2030, passando per un piano di agevolazioni e crediti fiscali a sostegno della produzione manifatturiera di tecnologie sostenibili e della domanda dei beni. 

Ma l’Inflation Reduction Act preoccupa gli europei. Le misure protezionistiche a sostegno del “Buy American” rischiano di provocare una fuga delle imprese dal vecchio continente per beneficiare di sussidi e sconti fiscali Oltreoceano. Una preoccupazione presente nelle discussioni dell’ECOFIN del 16 gennaio a cui l’Unione Europa si prepara a rispondere con misure che vanno dagli aiuti di Stato e nuovo debito comune.Ma l’attenzione dell’Unione rimane alta non solo a livello economico: le grandi incertezze sul futuro investono anche la politica quotidiana. La settimana è stata segnata da dimissioni straordinarie. Prima quelle della ministra tedesca della Difesa Christine Lambrecht – a sostituirla sarà il socialdemocratico Boris Pistorius – avvenuta a seguito di un lunga spirale di critiche per l’incerta risposta di Berlino in merito alla guerra in Ucraina. E poi, a sorpresa, quelle della premier neozelandese Jacinda Ardern: «So cosa richiede questo lavoro e so che non ho più abbastanza energie per rendergli giustizia. È semplice».

Meno semplice di un anno iniziato tra le grandi incertezze.

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