Esteri

Cosa rappresenta la Regina Elisabetta per i britannici?

10
Giugno 2022
Di Marco Cossu

La Regina Elisabetta II del Regno Unito ha festeggiato lo scorso 2 giugno i suoi settant’anni al trono. Aveva 25 anni quando nel 1953 venne incoronata nell’Abbazia di Westminster, il regno più lungo della storia della storia britannica della più anziana sovrana vivente. “Her Majesty The Queen” ha guidato la Gran Bretagna tra turbolenze e crisi, adattando il ruolo del monarca alle prove dei tempi e della storia. Un regno dei record – come tanti ricordano – festeggiato con grande affetto nel Giubileo di Platino in Gran Bretagna, nei paesi del Commonwealth e anche in Italia con un lungo calendario di appuntamenti organizzati dall’Ambasciata UK in tutto il territorio nazionale. Il Queen Birthday Party coincide con il 76esimo anniversario della Repubblica Italiana, una concomitanza che costituisce un’occasione per rinsaldare i rapporti bilaterali tra Gran Bretagna e il nostro Paese nel dopo Brexit. The Watcher Post ha incontrato Pierluigi Puglia, Head of Communications and Spokesperson per il Regno Unito in Italia, per capire cosa rappresenta per britannici la monarchia oggi, scoprire come si evolveranno i rapporti tra Roma e Londra nei prossimi anni, alla luce della recente nomina del nuovo ambasciatore in Italia Edward Llewellyn e del nuovo ruolo che il governo di Londra vuole di ritagliarsi nel mondo.

Elisabetta II è la sovrana più longeva della storia della Corona. 70 anni di regno, il più lungo della storia britannica. Il più vecchio monarca vivente, il più anziano della storia. Il suo matrimonio con Filippo di Edimburgo è stata la più longeva unione reale britannica. Alla luce di questi numeri cosa rappresenta questo regno e questo anniversario per i cittadini britannici?
«La Regina Elisabetta II rappresenta una leggenda vivente per il Paese. Costituisce un elemento di continuità e di stabilità nella storia degli ultimi 70 anni e uno straordinario punto di riferimento per i suoi concittadini. Lo dimostra tutto quello a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi a Londra e nel resto del Paese, durante il lungo fine settimana di celebrazioni per il Giubileo di Platino. La capitale britannica è stata il fulcro dei festeggiamenti, con centinaia di migliaia di persone accorse da tutto il Paese e da tutto il mondo, inclusa l’Italia. Tantissimi i Queen’s Birthday Party che sono stati organizzati e le feste di strada in tutto il Regno. Attorno alla sovrana si è stretta una grandissima folla, a conferma del grande affetto e dell’ammirazione nutriti nei confronti della sovrana. È una forza che supera i confini del Regno Unito e raggiunge tutti i paesi che fanno parte del Commonwealth, e non solo».

Pierluigi Puglia, Head of Communications and Spokesperson for the UK in Italy

Giubileo di Platino, come è stato accolto dagli italiani?
«Credo sia stato accolto con grande curiosità, interesse e affetto. A testimoniarlo è l’ampio spazio dedicato agli eventi della scorsa settimana da molte trasmissioni televisive e radiofoniche, dalla stampa e dai media in generale.  Sono migliaia gli italiani che aspettiamo per festeggiare il Giubileo di Platino nel corso di questo mese di giugno in occasione dei nostri Queen’s Birthday Party in Italia. L’ambasciatore di recente nomina, Edward Llewellyn, che ha legami molto stretti con questo Paese, ha voluto cogliere l’occasione di questa speciale ricorrenza per organizzare quattro straordinari eventi tra Napoli, Roma, Milano e Venezia. In ognuna di queste città, ci aspettiamo di festeggiare Sua Maestà all’insegna dei profondi legami che uniscono i nostri due Paesi. E la Regina Elisabetta rappresenta, lei stessa, il simbolo di questi legami speciali, con le sue cinque visite in Italia, la prima nel 1951, quando era ancora principessa e festeggiò con il Duca di Edimburgo il proprio compleanno a Villa Adriana vicino Roma. Il Giubileo di Platino è per noi una straordinaria opportunità per celebrare e rafforzare le nostre relazioni bilaterali in onore di Sua Maestà».       

La Regina è stata capace di traghettare la monarchia attraverso periodi di profonda crisi: la Guerra Fredda, la Crisi di Suez, la Guerra nelle Falkland, i disordini degli anni ‘70, le tensioni irlanda, il terrorismo di matrice islamica e da ultima una pandemia. Si è confrontata con personalità forti come Winston Churchill, Margaret Thatcher e Tony Blair. Quali capacità le hanno consentito di rimanere così salda e allo stesso tempo così capace di adattarsi ai mutamenti?
«Tra le tante doti umane e qualità che le sono riconosciute, ce n’è una che forse meglio delle altre può spiegare questa sua capacità di confrontarsi al meglio con i grandi mutamenti di cui è stata testimone, e spesso protagonista. La sua motivazione e dedizione totale alla causa, il suo volersi prodigare – sin dalla giovanissima età di 25 anni, quando divenne sovrana – in difesa e per l’interesse della nazione e del popolo britannico che rappresenta. Lo ha fatto sapendo interpretare i tempi e i mutamenti che il Paese ha attraversato in questi settant’anni, grazie a una sensibilità profonda che suscita l’ammirazione e il rispetto in tutti i grandi interlocutori che continua a incontrare sul suo cammino». 

Mi puoi fare qualche esempio pratico? 
«Ho avuto l’occasione di vedere da vicino la Regina nel corso della sua ultima visita in Italia nel 2014, quando venne a Roma per salutare il Presidente Giorgio Napolitano, allora rieletto al Quirinale. Lo stesso anno ho avuto l’onore di essere invitato al Garden Party a Buckingham Palace, quando ho avuto modo di vederla nuovamente di persona. Quello che ho notato è la sua capacità di instaurare una particolare empatia con chiunque la circondi, da importanti leader internazionali a persone comuni. È una caratteristica che riscontrato anche nel suo primogenito, Carlo, il Principe di Galles, che ho incontrato in più di un’occasione durante i suoi viaggi qui in Italia. Particolarmente toccante fu la sua visita ad Amatrice nel 2017».  

Quanto è importante nel percepito del Regno Unito nel mondo e nella costruzione di Soft Power britannico la figura dell’attuale monarca?
«Se parliamo di soft power, credo che Sua Maestà rappresenti il più grande “asset” per l’immagine e la percezione del Regno Unito nel mondo. Negli ultimi quattro anni, abbiamo condotto diversi sondaggi di opinione per capire come il Regno Unito fosse percepito dagli italiani. La Corona e la Regina sono sempre risultate essere le associazioni mentali spontanee più forti con il Regno Unito nell’immaginario degli italiani. È molto interessante sottolinearlo, specialmente quando si parla di Giubileo di Platino». 

Perché esistono ancora le monarchie e che ruolo possono ancora svolgere nel nostro tempo?
«Credo si dovrebbero analizzare le monarchie caso per caso. Quello che posso dire, da osservatore più vicino alla monarchia britannica, è che la monarchia esiste e resiste poiché la stragrande maggioranza dei cittadini riesce a vedere nella sovrana una sorta di istituzione faro, un sistema di valori in cui credere e identificarsi. Vedere i sovrani come un punto di riferimento e una sorta di guida morale, riconoscendo il loro ruolo super partes, che va oltre i partiti e le fazioni politiche, soprattutto in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando da qualche anno, è fondamentale per spiegare la loro raison d’être ancora oggi. Pensiamo al discorso che la Regina Elisabetta tenne nel pieno del lockdown nel Regno Unito, e a quel rincuorante “We will meet again”. Credo che le monarchie, certamente quella britannica, possano assolvere a un ruolo importante di ispirazione ma anche di rassicurazione. Con le dovute differenze, è quello che rappresenta anche in Italia il Presidente della Repubblica, in una Repubblica che, tra l’altro, ha intrecciato i suoi 76 anni di storia con i 70 anni di regno della Regina Elisabetta».  

La regina dirige il Commonwealth, un’organizzazione che riunisce 54 Stati indipendenti. Si tratta per la maggior parte di Paesi legati per storia e cultura con la Gran Bretagna. È ancora importante questa istituzione per il Regno Unito?
«Sin da quanto si intravide l’insostenibilità dell’Impero e del potere coloniale, emerse la necessità di trasformare questa enorme sfera di influenza in qualcosa di diverso, più moderno e al passo con i tempi. Fu allora che l’Impero britannico si trasformò nel Commonwealth, che rappresenta una organizzazione di stati indipendenti fondata su saldi legami storici e culturali con il Regno Unito, a partire dal riconoscimento dalla Corona britannica. Oggi questa organizzazione assolve a importanti funzioni, come quella di promuovere i diritti umani e quelli economico-solidali, proiettando il Regno Unito in una dimensione globale fondata sull’amicizia, la collaborazione e la condivisione di interessi e valori comuni».  

Quello con l’Europa è un rapporto che continua quindi ad essere vivo…
«La Gran Bretagna continua ad essere un partner affidabile dell’Europa, nonostante la sua uscita dalle istituzioni di Bruxelles. Tale collaborazione con i vicini europei, Italia in primis, opera e continua a svilupparsi a livello bilaterale, oltre che nell’ambito di importantissimi consessi internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, la NATO, il G20 e il G7, di cui l’Italia fa parte. In particolare rispetto all’Italia, va ricordato che l’uscita dall’Unione Europea non ha compromesso una intensa collaborazione su sfide fondamentali. Pensiamo al lavoro fatto l’anno scorso nell’ambito della COP26, il summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, per cui la presidenza britannica ha lavorato in stretta collaborazione con l’Italia. Un lavoro straordinario, che ha portato all’organizzazione della pre-COP a Milano e poi al summit di Glasgow. Pensiamo poi a quanto sta accadendo in questi ultimi mesi, con l’invasione russa dell’Ucraina che ha portato a un chiaro allineamento tra Londra e Roma rispetto alla necessità di contrastare l’aggressione russa. Quello che è accaduto negli ultimi tempi dimostra, ora più di prima, l’attiva ed efficace collaborazione del Regno Unito con i suoi partner». 

Messa la Brexit e le fasi più acute della pandemia alle spalle, la capacità di risollevarsi e riprendere da momenti difficili è una costante nella storia britannica. Dove risiede questa capacità?
«Credo risieda molto nel carattere di un popolo, in quel “Keep Calm and carry On” che era diventato il motto dei britannici sotto i bombardamenti nazisti su Londa durante la seconda Guerra Mondiale, e in quel senso di unità e comunità che li spinge ad unire le forze per affrontare le difficoltà e le sfide insieme. Mi viene in mente quanto accadde nel 1940. L’episodio è stato immortalato in un bel film del 2017, “Dunkerque”. Parlo dell’Operation Dynamo, una straordinaria evacuazione di un milione di soldati britannici, francesi e belgi intrappolati lungo le coste atlantiche della Francia, assediati dalle forze tedesche che provenivano dall’entroterra. Quella via mare era l’unica via di fuga. Sotto la guida di Winston Churchill, i britannici organizzarono un’incredibile operazione di recupero e salvataggio, salpando dalle coste inglesi con imbarcazioni di qualsiasi tipo, condotte da marinai, pescatori o semplici proprietari di natanti. Questo è uno straordinario esempio del carattere dei britannici, del loro attaccamento agli ideali di democrazia e libertà, della loro capacità di unirsi per fare qualcosa di straordinario insieme nel nome del senso di comunità, per una causa superiore. Lo stesso spirito di comunità che unisce in momenti di difficoltà sa emergere anche in occasioni più felici e festose. Lo abbiamo visto con la straordinaria edizione delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Londra del 2012 e, pochi giorni fa, in un’occasione gioiosa come il Giubileo di Platino». 

Per il Britannici qual è la missione di Londra oggi nel mondo?
«Quello che sta accadendo in questi giorni dimostra quanto Londra voglia continuare, e di fatto stia continuando, a interpretare il ruolo di una nazione che si impegna in difesa di alcuni valori fondamentali per l’Occidente: la democrazia, la libertà, la forza del diritto e della giustizia contro le logiche della prevaricazione, della violenza e del potere. Questi sono tempi fondamentali anche per garantire alle nostre società e al pianeta un futuro più sostenibile e resiliente, all’insegna della collaborazione, della scienza e di tecnologie e stili di vita più sostenibili. Si tratta di sfide epocali, per cui, come si usa dire, nessuno può farcela da solo, e tutti possono trarre beneficio dalla collaborazione internazionale, a partire da quella tra il Regno Unito e l’Italia».