Esteri

Conflitti dimenticati: l’era dei due presidenti in Venezuela

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Aprile 2022
Di Flavia Iannilli

A partire dal 24 gennaio 2019 inizia l’era dei due presidenti in Venezuela. Da una parte Nicolàs Maduro, nato a Caracas nel 1962 e successore di Hugo Chàvez, al potere dal 2013 e “rieletto” nel 2018. Rielezione dichiarata illegittima da una parte della comunità internazionale e boicottato dall’opposizione. Dall’altra Juan Guaidò, nato nel 1983, già presidente del parlamento, che il 23 gennaio 2019 si è auto proclamato capo di stato ad interim.

Nicolàs Maduro

Un cambiamento, quello portato da Guaidò, che ancora si pensa sia stato sostenuto da Washington. A pendere per questa tesi c’è l’immediato riconoscimento da parte degli Stati Uniti, insieme a Canada e alcuni paesi dell’America Latina, del giovane presidente come legittimo. Nonostante l’improvvisa presa di posizione, in pochi hanno realisticamente pensato ad un cambio di regime.

Juan Guaidò

Maduro detiene il potere da anni grazie al controllo del sistema giudiziario e attraverso l’appoggio dell’esercito, poco importa se la percentuale dei cittadini che lo sostengono sia meno del 20%. Alcuni governi stranieri hanno tentato di raggiungere un punto di incontro pacifico favorendo la transizione del potere a Guaidò contattando l’esercito venezuelano. L’offerta, arrivata attraverso il parlamento del Venezuela, consisteva nella concessione di un’amnistia ai militari che avrebbero smesso di appoggiare Maduro. Una scelta perseguita da pochi, non a caso una nota pubblicità recita: “solo nei peggiori bar di Caracas”.

Perché questa è solo la punta dell’iceberg. Il tentato cambio di rotta proposto da Guaidò affonda le radici in anni di crisi politica, economica e soprattutto umanitaria. Una situazione che se da un lato desta preoccupazioni dall’altro fa gola a molti attori internazionali e da tempo.

La crisi venezuelana

Il Venezuela gode della più grande quantità di petrolio accertata al mondo e su questo si basa il suo PIL. Negli anni ’80 con il collasso del prezzo del petrolio, l’economia venezuelana subisce una grave battuta d’arresto, trascinando i tassi di inflazione alle stelle.

A questa precedente crisi si aggiunge la decisione presa da Hugo Chàvez, predecessore di Maduro, di espropriare e nazionalizzare 760 aziende tra il 2005 e il 2009, contro la volontà di oltre l’80% dei cittadini, che intacca la capacità produttiva del paese e quella di soddisfare le necessità della popolazione.

Ma il petrolio rimane comunque la forza trainante del paese. Questo è uno dei motivi che ha spinto la Cina a portare ingenti investimenti oltremare. A novembre 2017 il ministro della Comunicazione venezuelano, Jorge Rodriguez, dichiara che il governo di Maduro aveva iniziato a pagare gli interessi sul debito estero. Un tassello importante, a detta del ministro, per interrompere la guerra economica iniziata dagli Usa. Il passaggio dalla solvenza all’insolvenza si basa da un aiutino arrivato da Mosca e Pechino. In quell’anno solo la Cina deteneva 23mld di dollari dei 150mld del debito venezuelano. Un debito che secondo molti non verrà mai sanato e che il Venezuela cerca di colmare pagando in petrolio e risorse minerarie. Questo, oltre ad un imbarazzante svalutazione della moneta, comporta ricadute pesantissime sull’economia del paese e sui cittadini in termini di disoccupazione e povertà diffusa. Per intenderci ad un proprietario di una pompa di benzina a Caracas, una volta arrivato il carico, quasi non conviene vendere il prodotto, ma regalarlo.

“Tutto questo è il segno di una società che resiste e non si arrende.
Abbiamo rivendicato la nostra storia molte volte e lo faremo di nuovo quando recupereremo la democrazia grazie alla lotta di tutti noi” – Tweet del 19.04.22 dal profilo ufficiale di Juan Guaidò

Non a caso la proclamazione di Guaidò non è stata minimamente riconosciuta da Cina e Russia, soprattutto Pechino che ha trattenuto rapporti per vent’anni prima con Chàvez e poi con Maduro. E Washington ha fatto la sua mossa: imponendo sanzioni pesantissime alla PDVSA (Petròleos de Venezuela – azienda petrolifera statale) affinchè il governo Maduro non sottragga fondi all’azienda. Ma tutti i nodi vengono al pettine e la crisi in Ucraina ne è un esempio lampante. Per aggirare il problema del petrolio russo anche gli Usa hanno iniziato a corteggiare in maniera diversa il Venezuela. Come? Alleggerendo le sanzioni al governo venezuelano. Guaidò ha specificato che questa opzione non è un’offerta “illimitata”.

Ancora non sapremo come andrà a finire, ma si sa che non si risponde ad un colpo di stato con un nuovo colpo di stato. Si attende che la comunità internazionale imponga delle elezioni libere affinchè il Venezuela e il suo popolo scelga in che direzione andare.

Insieme ai partiti politici, ai deputati, ai leader nazionali, ai membri della società civile, ai leader della comunità, ai sindacati e alle organizzazioni sindacali, stiamo organizzando #SalvemosVzla come piano d’azione per ottenere elezioni libere ed eque.
Siamo tutti necessari! #RegioneCentrale