Esteri

Conflitti dimenticati: il Myanmar non ha uscite di emergenza

15
Maggio 2022
Di Flavia Iannilli

Dopo l’incontro con Draghi alla Casa Bianca, il Presidente Biden ha ospitato i leader dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sude-est asiatico). Sul tavolo delle discussioni non manca la continua escalation di violenza in Myanmar, grande assente al summit rappresentato dall’amministrazione Biden con una sedia vuota. Una frustrante seduta sgombra causata dalla continua violazione dei diritti umani da parte della giunta che guida il paese.

Il Five-Point Consensus, piano di piace adottato dall’ASEAN lo scorso anno, non ha dato i frutti sperati. Il motivo di questo parziale fallimento è da imputare alla scelta di limitare il dialogo con la giunta. Mentre le forze affiliate al NUG (Governo di unità nazionale) e le organizzazioni armate etniche controllano la maggior parte del paese e non sono coinvolte nelle trattative.

Da questo assetto deriva una tragica situazione di stallo a scapito della popolazione che favorisce la prosperità degli affari illegali. Traffici relativi a droga, pietre preziose, petrolio, gas e tutte le materie prime di cui il paese dispone.

Non meno importante è la situazione sanitaria in cui riversa il Myanmar. Si stima che su 60mln di persone solo 13mln abbiano ricevuto almeno un vaccino contro il Covid-19. Una delle percentuali più basse dell’Asia. Il sistema sanitario del paese è al collasso, il motivo? Migliaia di medici e infermieri vengono lasciati dietro le sbarre a causa del loro coinvolgimento nel movimento della disobbedienza civile. Lo scarso monitoraggio del virus, inoltre, non permette di avere le informazioni adeguate.

Come si è arrivati a questo punto

Da colonia britannica conquista l’indipendenza nel 1948, con il nome di Unione Federale Birmana. Il generale Ne Win porta avanti una lunga dittatura dal 1962 al 1988, fino a quando una nuova giunta militare assume il potere indicendo elezioni libere nel 1990. Vince la Lega nazionale per la democrazia (NLD), vittoria che porta ad un nuovo colpo di stato dei militari che decidono di dichiarare fuorilegge tutti i partiti fino al 2015. Anno in cui le nuove elezioni portano l’NLD ad ottenere una larga maggioranza. Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991, dopo aver tenuto la guida del partito agli arresti domiciliari, viene eletta Consigliere di Stato.

Una donna simbolo della resistenza contro la dura repressione militare. Nonostante la popolarità viene criticata per la sua incapacità di fermare la violenza nei confronti di alcune minoranze, in modo particolare quella dei Rohingya (musulmani).

Stando alle parole del Segretario di Stato americano, Antony Blinken, «La repressione della Birmania contro la minoranza dei Rohingya è genocidio». Per quanto la popolazione del Myanmar abbia combattuto contro le dittature militari susseguitesi nel tempo, non ha mai smesso di trascinarsi l’intolleranza religiosa portata avanti da Ne Win. Il quale, una volta al potere, fece del buddismo un criterio essenziale tanto da definire i Rohingya dei “mezzo-sangue”. L’avversione nei confronti di questa minoranza conferisce a Ne Win la possibilità di usarla come capro espiatorio. Nel 1974 toglie ai Rohingya il diritto di cittadinanza, proprio nel momento in cui il paese viveva una forte crisi economica.

La comunità internazionale si aspettava un cambio di rotta dopo le elezioni del 2015, ma nel 2017 migliaia di Rohingya vennero uccisi, i loro villaggi bruciati e chi riuscì a sfuggire al massacro si rifugiò in Bangladesh. Ad oggi il genocidio dei Rohingya è al centro di un procedimento presso la Corte penale dell’Aja. Dopo l’ultimo colpo di stato del 2021 da parte del Tatmadaw (esercito del Myanmar), durante il quale Aung San Suu Kyi è stata destituita e arrestata, la nuova giunta sta facendo sprofondare il Myanmar in un procedimento di autodistruzione politica, sociale ed economica.

Dall’instabilità del paese si evince che nessuno tra golpisti, milizie etniche e società civile riesce a prevalere. Uno stallo che fa comodo a protagonisti della scena globale, come la Cina, in modo particolare per la posizione strategica di sbocco che offre il Myanmar sull’Oceano Indiano e sullo stretto di Malacca controllato dagli americani.