Esteri

Spari al confine tra Serbia e Kosovo. Ecco l’Europa dei conflitti

01
Agosto 2022
Di Giuliana Mastri

Il 2022 è l’anno in cui in Europa si riaccendono i conflitti. Da vecchie tensioni sopite. Prima il conflitto russo-ucraino, ora i disordini al confine tra Kosovo e Serbia. Nella notte si è appreso di spari da parte di serbi residenti in Kosovo contro le autorità sulla linea di Mitrovica. Gli stessi hanno anche sbarrato la strada alla polizia e chiuso i valichi. Il presidente serbo Vucic ha bollato tutto come una fake news mentre le istituzioni kosovare hanno esortato l’enclave serba a non cedere alla propaganda di Vucic, sostenuta dal Cremlino e da Putin che vuole riportare la guerra in Europa.

I motivi degli scontri, o la miccia che ha fatto accendere tutto, sono le nuove regole sui documenti. Attualmente i serbi che si presentano alla frontiera non possono far valere un loro documento. Possono comunque passare, ma con una certificazione sostitutiva rilasciata dalle autorità kosovare. Più stringente la normativa relativa alle automobili. Le macchine immatricolate in Serbia dal 1999 al 2022 indicanti le vecchie province ora autonome – come Pristina, Prizren, Pec, Djacovica etc. – necessitano di essere registrate con una targa della Repubblica del Kosovo, dalla sigla Rks. Pristina si è difesa dicendo che si tratta semplicemente di misure di reciprocità, siccome in Serbia era stato fatto lo stesso e tali azioni sono previste dagli accordi presi a Bruxelles. Ma il presidente Vucic ha espresso che si sarebbe di fronte a una strategia per cacciare via i serbi dal Kosovo. La Serbia infatti ancora non riconosce l’indipendenza del Kosovo ed è stato il presidente kosovaro Albin Kurti a denunciare i blocchi e gli spari. A dar man forte ai kosovari ci sarebbero gli albanesi, fonti hanno riportato che circa 200 di loro si sono radunati sul lato kosovaro del ponte che collega sud e nord di Kovovska Mitrovica schierando 21 tonnellate di carburante per bloccare i serbi. A sostegno dell’enclave di Belgrado un Vladimir Putin che non si è nascosto e ha manifestato la sua attenzione ai fatti, dall’altra parte la Nato, presente con un contingente a comando ungherese e con Washington che ha chiesto a Kurti prudenza, consigliando di posticipare di un mese l’entrata in vigore delle nuove misure.

Ma in questo caso, come per quanto riguarda Kiev, le dichiarazioni fanno intendere che non c’è interesse al dialogo. E non si ha paura della guerra, a differenza dei paesi più ricchi della UE. L’Europa della pace sta per diventare solo un ricordo?