Economia
Svimez, il Pnrr spinge la crescita del Sud, ma l’emigrazione dei laureati continua
Di Giampiero Cinelli
Il Rapporto SVIMEZ 2025 restituisce l’immagine di un Sud più dinamico e più reattivo del resto del Paese, grazie a un ciclo di investimenti pubblici straordinario e all’eredità espansiva del Pnrr. Il Mezzogiorno cresce più del Centro-Nord sia nel triennio 2021-2024 sia nel biennio 2025-2026, ma questa traiettoria non riesce a tradursi in un consolidamento demografico e nella stabilizzazione dei lavoratori qualificati: l’emigrazione dei giovani laureati resta infatti il principale fattore di erosione del capitale umano meridionale.
Gli indicatori di crescita e il ruolo degli investimenti pubblici
Le stime SVIMEZ indicano per l’Italia un percorso di espansione moderata ma in miglioramento: +0,5% nel 2025, +0,7% nel 2026, +0,8% nel 2027. In questo quadro il Sud mostra performance migliori: +0,7% nel 2025 e +0,9% nel 2026, sostenuto dal picco dei cantieri Pnrr e dalla chiusura dei programmi di coesione 2014-2020. Tra 2021 e 2024 il Pil meridionale cresce dell’8,5% contro il +5,8% del Centro-Nord, trainato da servizi (+7,8%) e costruzioni (+32%, contro +24% nel resto del Paese). Determinante la domanda pubblica: nel biennio 2025-2026 dovrebbe valere 1,7 punti di Pil nel Mezzogiorno, più del doppio rispetto al Centro-Nord. A rafforzare la dinamica anche la ripresa del turismo, delle attività immobiliari, finanziarie e professionali, alimentate dalla nuova progettualità attivata dagli investimenti europei.
La fragilità strutturale del mercato del lavoro
Accanto ai segnali di crescita, il rapporto mette in luce un paradosso evidente: sei nuovi occupati under 35 su dieci nel Mezzogiorno sono laureati, ma il settore che assorbe più forza lavoro resta il turismo, con oltre 36mila nuovi addetti a bassa specializzazione. Ne deriva un crescente disallineamento tra formazione e sbocchi occupazionali. Sul fronte retributivo, tra il 2021 e il 2024 i salari reali perdono al Sud oltre il 10% del potere d’acquisto (-8,2% nel Centro-Nord), facendo aumentare la quota di lavoratori poveri: 1,2 milioni solo nel Mezzogiorno, con un tasso di in-work poverty del 19,4% (contro 6,9% nel Centro-Nord). La povertà assoluta raggiunge il 10,5%, con circa 100mila nuovi poveri in un anno e un’incidenza che tra le famiglie in affitto sfiora un quarto del totale.
Il nodo cruciale del capitale umano e della mobilità giovanile
Nonostante la crescita degli atenei meridionali e la riduzione della migrazione prima della laurea, il Sud continua a perdere ogni anno oltre 40mila giovani che si trasferiscono al Centro-Nord, mentre altri 37mila laureati italiani emigrano all’estero. SVIMEZ calcola che dal 2000 al 2024 il Mezzogiorno abbia perso 132 miliardi di euro di capitale umano formato grazie a investimenti pubblici che non generano ritorni sul territorio. La migrazione dei più qualificati lascia nel Sud un mercato del lavoro sbilanciato: chi parte cerca opportunità coerenti con il proprio percorso, chi resta alimenta la crescita dei comparti meno innovativi.
Energia, ZES e capacità amministrativa: segnali di forza di lungo periodo
Il rapporto rileva tuttavia alcuni elementi strutturali in controtendenza: nel 2024 il Sud copre il 115% dei consumi con energia rinnovabile, generando un saldo verde positivo. L’88% delle richieste di connessione in fase avanzata – 70,6 GW su 80,3 – riguarda il Mezzogiorno, confermando la centralità dell’area nella transizione energetica. La ZES Unica accelera i processi autorizzativi, portando a 687 le autorizzazioni uniche tra marzo 2024 e giugno 2025, per 3,7 miliardi di investimenti. È un segnale di capacità amministrativa crescente che può tradursi, se consolidato, in un rafforzamento dell’attrattività territoriale.
Un Sud che cresce, ma che rischia di crescere senza i suoi giovani
Il messaggio complessivo del Rapporto SVIMEZ 2025 è duplice: il Pnrr ha avuto un impatto significativo sulla crescita meridionale, colmando parte del divario con il resto del Paese e generando un’espansione economica più robusta della media nazionale. Al tempo stesso, però, la qualità delle opportunità lavorative, la stagnazione salariale e la debolezza dei settori a maggiore intensità di conoscenza continuano a rendere l’emigrazione una scelta obbligata per molti giovani. Senza un salto di qualità nella domanda di competenze e nella struttura produttiva, il Sud rischia di non capitalizzare il ciclo di investimenti più imponente degli ultimi decenni, vedendo partire proprio quella generazione che potrebbe trasformare la ripresa in sviluppo.





