Economia

Rebus quotazione in borsa per le imprese italiane

01
Aprile 2022
Di Massimiliano Mellone

Gli yacht Ferretti, il gruppo con sede a Forlì leader mondiale nella progettazione, costruzione e commercializzazione di motor yacht e navi da diporto, hanno iniziato le negoziazioni in Borsa a Hong Kong dal 31 marzo. La capitalizzazione di mercato risulta di 890 milioni di euro e il totale del capitale raccolto è pari a 1.771,4 milioni di dollari di Hong Kong (circa 206 milioni di euro). Una quotazione che non si è concretizzata a Piazza Affari. Il gruppo ci aveva già provato nel 2019, salvo poi decidere di fare un passo indietro annunciando il ritiro dell’Ipo (initial public offering). Tra le cause della decisione la convinzione del socio di riferimento Weichai Group che il prezzo di collocamento non riflettesse il vero valore del gruppo Ferretti alla luce dei risultati raggiunti dal management.

Sono diverse le aziende tricolore che hanno preferito quotarsi all’estero. Un caso recente tra i più celebri è Zegna. L’azienda di abbigliamento di lusso maschile, tra le realtà imprenditoriali italiane più note a livello internazionale, ha infatti scelto Wall Street annunciando lo scorso anno il completamento dell’aggregazione aziendale con Investindustrial Acquisition Corp (IIAC), una Spac di Investindustrial VII L.P. 

La Borsa Italiana però sembrava aver ritrovato nuovo slancio nelle quotazioni, che nel 2021 hanno messo a segno il livello più alto dal 2000. L’anno si è chiuso con 49 debutti: 5 su Euronext Milan e 44 sull’Euronext Growth Milan (ex Aim). Anche il 2022 si era annunciato promettente, con cinque debutti in due mesi, due dei quali sul mercato principale e tre sul segmento dedicato alle pmi dinamiche. Ma la turbolenza che si è abbattuta sui mercati a causa dei timori per la guerra in Ucraina rischia di bloccare o di far slittare l’ingresso in Borsa di aspiranti società.

In Italia quello tra imprese e mercato è sempre stato un rapporto di amore e odio, complici anche le difficoltà ed i costi che le imprese devono affrontare per accedere al processo di quotazione. Eppure questa va sicuramente considerata un evento che genera opportunità di lungo periodo. Ma quali sono i motivi della disaffezione delle imprese verso la quotazione? A questo e ad altri interrogativi hanno cercato di dare delle risposte con un recente Quaderno di ricerca l’investment bank italiana Intermonte e la School of Management del Politecnico di Milano. 

Dall’analisi emerge che negli ultimi 20 anni le ammissioni a Piazza Affari sono state 448 (la maggior parte nel mercato non regolamentato EGM, ex AIM Italia) mentre i delisting sono stati 336 (la maggior parte sul listino principale EXM, già MTA). Il saldo netto è comunque positivo e, a fine 2021, è stata superata la soglia record di 400 società quotate (407) a Piazza Affari, con una mutazione del profilo del mercato azionario, più orientato verso le small cap. 

I delisting hanno causato un’importante perdita di capitalizzazione per Piazza Affari, superiore, negli ultimi 5 anni, a 55 miliardi di euro, “mangiandosi” quasi un quarto della crescita dei corsi azionari dello stesso periodo. Il fenomeno dello ‘spopolamento’ dei listini borsistici è comunque globale e risente della sempre maggiore concorrenza del private equity e degli investitori istituzionali.

Tra i quattro cluster di società uscite dalla Borsa individuati nell’analisi (Sconfitte, Prede, Ristrutturande e Pentite), le “Prede”, ossia acquisite da soggetti esterni spesso esteri, hanno registrato un flusso record nel 2021. Evidenziando buoni ratio di bilancio e rendimenti positivi, hanno attratto l’attenzione di primari investitori e gruppi industriali dimostrando che la quotazione può essere una vetrina per attirare possibili compratori.

È aumentato negli ultimi anni anche il flusso delle “pentite”, le aziende che hanno abbandonato il listino per decisione interna. Spesso il delisting è avvenuto attraverso un’Opa (offerta pubblica di acquisto). Le pentite dopo il delisting mostrano crescita di volume d’affari, di utili e marginalità. In alcuni casi quindi l’abbandono del listino sembra una manovra opportunistica per ritirare le proprie azioni dal mercato a buon prezzo, considerando quindi Piazza Affari come una porta scorrevole – sliding door – dalla quale entrare e uscire per convenienza.

Ad eccezione delle prede, in tutti gli altri casi di delisting il bilancio per gli investitori che avevano aderito alle Ipo è abbastanza deludente. Il premio offerto nelle Opa volontarie molto spesso si è dimostrato nei fatti uno sconto a scapito di investitori e mercato.