Economia
Rapporto ICE: 6mila imprese italiane a rischio dazi USA e record di investimenti esteri
Di Ilaria Donatio
«Supportiamo pienamente la Commissione europea nei negoziati con l’amministrazione americana, con l’obiettivo di ridurre i dazi ed evitare un’escalation che ci condurrebbe a una guerra commerciale, gravemente dannosa sia per l’Europa che per gli Stati Uniti». Così Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, alla presentazione del Rapporto ICE 2024/25 e dell’Annuario Istat-ICE 2025, tenutasi oggi a Roma. Il negoziato tra Bruxelles e Washington, ha sottolineato, è entrato nella fase finale e l’Italia è determinata a concluderlo positivamente, tutelando «il mercato più importante e significativo per le nostre imprese fuori dall’Europa».
Parallelamente, Urso ha rilanciato la necessità di stringere nuovi accordi di libero scambio con Paesi che condividano «la nostra stessa sfera di valori», a partire da Mercosur (con attenzione all’agricoltura), fino a Emirati Arabi, Golfo, Sud-est asiatico, India, Australia e Africa. «A tal fine – ha ricordato – abbiamo avviato il Piano Mattei per rafforzare la nostra presenza strategica nel continente africano».
Ma l’incontro è stato anche occasione per lanciare un allarme concreto. Secondo i dati presentati da ICE e Istat, sono oltre 6.000 le imprese italiane direttamente esposte ai rischi di un inasprimento dei dazi USA, soprattutto in caso di una nuova amministrazione Trump. Si tratta per lo più di piccole imprese a governance nazionale, attive in settori ad alto valore aggiunto: industria delle bevande, prodotti in metallo, farmaceutica, arredamento, commercio al dettaglio e mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli. Complessivamente, queste aziende esportano verso gli Stati Uniti beni per oltre 11 miliardi di euro e impiegano oltre 140mila addetti. Le multinazionali estere risultano, invece, molto meno presenti in questa fascia critica.
Dal fronte istituzionale, il presidente di ICE Matteo Zoppas ha posto l’accento sull’attrattività del Paese, sottolineando che nel 2024 l’Italia è diventata il primo Paese europeo per investimenti esteri greenfield, con 35 miliardi di euro, superando Francia e Germania: «Un record storico», ha detto. E ha rilanciato le priorità dell’export italiano: meccanica, chimica, farmaceutica e le tradizionali “3F” – food, fashion, furniture – «trainano la crescita, ma servono infrastrutture solide su cui far correre le nostre imprese, soprattutto le Pmi».
Infine, il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli ha confermato i segnali di tenuta dell’export nei primi cinque mesi del 2025, con un incremento dell’1,6% su base annua: «Nonostante i numerosi shock affrontati – ha osservato – l’Italia si conferma un Paese resiliente». Da ottobre, inoltre, sarà attiva una nuova banca dati Istat che sostituirà Coeweb, per rendere più accessibile e dettagliata la lettura del commercio estero italiano.





