Economia

Produzione industriale, il calo non stupisce. Ora tocca allo Stato

12
Settembre 2023
Di Giampiero Cinelli

Il calo della produzione industriale italiana a luglio, -0,7% rispetto al mese precedente positivo, preoccupa ma non deve stupire. L’attuale congiuntura risente della frenata tedesca, ma soprattutto di quella cinese. I teutonici hanno avuto risultati sotto le attese negli ultimi tre mesi, e a luglio fanno segnare lo -0,8% su base mensile, a maggio il dato era stato anche peggiore. Pechino invece legge, su base annua, un + 3,7% della sua produzione industriale, in calo rispetto al precedente +4,4%.

Ma il dato che più deve far riflettere per quanto riguarda il Dragone, è quello sull’aumento dei prezzi. Di fatto la Cina è in deflazione, dopo che l’indice dei prezzi al consumo ha segnato uno 0,3% a luglio e uno 0,1% ad agosto. Anche i prezzi alla produzione non salgono come dovrebbero. Secondo gli analisti la situazione è frutto del disequilibrio generato dall’uscita dalla politica “Zero Covid”. Ad ogni modo stiamo osservando due condizioni diverse nella principale potenza asiatica e in Europa. Con il Vecchio Continente che finalmente vede l’inflazione in tendenza discendente, ma probabilmente lo paga caro, perché le azioni sui tassi d’interesse hanno provato i settori produttivi, che adesso si affannano, a maggior ragione che si è voluto fin ora in tutti i modi evitare la famosa “spirale tra salari e prezzi”, non difendendo adeguatamente i redditi (Scholz ha appena cambiato passo in tal senso aumentando i sussidi). Dall’altra parte il Paese di Xi Jinping ha dovuto appunto adeguarsi a delle condizioni internazionali che non hanno permesso di esprimere la forza esportatrice di sempre, complice anche un mercato dell’energia turbolento.

E se la Cina va più piano, va più piano anche Berlino, che però ad oggi è un distretto troppo legato a livello industriale con l’Italia, specie nel nord. La penisola fa fatica eppure tiene in quelli che sono i suoi settori tradizionalmente solidi: variazioni tendenziali positive ci sono nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,1%), nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+5,8%). Non si scuote più di tanto la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+0,4%). I settori rimanenti sono tutti in flessione; quelle più ampie si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-12,3%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-10,8%) e nell’attività estrattiva (-10,1%).

Ovvio che in un contesto del genere la chiave di volta del meccanismo economico è sicuramente quello dell’intervento pubblico, oggi declinato con il grande progetto del Pnrr. Sarà fondamentale non perdere le rate e saper farle fruttare. Per non sentire troppo il contraccolpo di un Pil 2023 previsto in calo allo 0,9% e per sperare di non dover chiedere troppo ai cittadini in termini di tributi futuri, ma anche, non di meno, per permettersi un ricorso al debito che in questa finanziaria sarà rilevante se si vuole mantenere determinati standard in tempi di vacche magre.