Economia

Perché OPEC+ non mette il turbo alla produzione di petrolio

30
Giugno 2022
Di Paolo Bozzacchi

Non si mischia l’economia con la politica, si rispettano i programmi e si procede con cautela. Anche perché “the elephant in the room” si chiama Russia (membro OPEC+) e non è il caso di fare mosse azzardate. Questa la linea decisa dai Paesi più grandi produttori di greggio al mondo (rappresentano oltre il 40% dell’offerta globale e il 60% delle esportazioni), riuniti in teleconferenza oggi con gli occhi dei mercati sempre più puntati addosso. 

La decisione, più che scontata, è stata quella di aumentare come da programma la produzione quotidiana di greggio di 648mila barili, esattamente quanto programmato nelle scorse riunioni. Tutto ciò avverrà a luglio e ad agosto. 

Anche sul breve termine della decisione ha prevalso la cautela, in un momento dominato dal conflitto ucraino e dall’inasprimento delle sanzioni commerciali degli USA alla Cina. I delegati OPEC+ hanno riferito alla stampa che “non si è discusso dei livelli di produzione per il mese di settembre”.

L’aumento dell’offerta di greggio sul mercato, volto anche a raffreddare il prezzo del petrolio, rimane perciò assai contenuto, anche di fronte ad una ripresa della domanda dovuta alla rimozione delle restrizioni alle attività imposte dai governi causa Covid. 

Ma si può davvero produrre molto più greggio?

Attorno alla politica OPEC+ animata dal basso profilo, iniziano a moltiplicarsi le voci di un’impossibilità oggettiva di aumentare molto più significativamente la produzione quotidiana globale di greggio. Soprattutto da parte di alcuni Paesi produttori. Intanto il prezzo del barile subito dopo la conferma della decisione rimane ben al di sopra dei 100 $ (Wti a 109 e Brent a 115). 

Perché il prezzo del petrolio non schizza alle stelle

Lo spettro dei mercati ha un nome ben preciso: recessione. Questa paura spinge verso il basso il prezzo, che contemporaneamente è trascinato verso l’alto dai continui inasprimenti delle sanzioni alla Russia da parte di USA e UE e alla Cina da parte degli USA. Pechino sta approfittando della situazione, e continua a comprare una gran quantità di petrolio russo a prezzi scontati da Mosca per l’occasione. Mentre il fatto che il prezzo del barile non scenda in un contesto inflattivo galoppante pone un altro dubbio nella testa di chi scommette sulla ripresa a breve della crescita economica globale.

La più grande crisi del mercato dell’energia del secolo rimane aperta. E la parola fine è ancora lontana dall’essere scritta.