Economia
Overtourism in quota: tra boom economico e fragilità degli ecosistemi
Di Marta Calderini
William Blake, noto pittore inglese, scrisse che “quando gli uomini e le montagne si incontrano accadono grandi cose”. Non poteva certo immaginare che anche i monti più alti e pericolosi, come l’Everest, un giorno avrebbero subito una vera e propria invasione di turisti.
L’overtourism – ossia la pressione eccessiva del turismo in alcune aree – non è più solo un problema delle località di mare o delle grandi città d’arte. Anche le montagne italiane e quelle di tutto il mondo, dalle Dolomiti all’Everest, dal Monte Fuji alla Sierra Nevada, sono ormai sommerse da un flusso turistico che supera ogni capacità di gestione e tutela.
Nel 2023, più di 1.200 persone hanno tentato di scalare l’Everest, un fenomeno che ha trasformato la montagna sacra in un affollato luogo di turismo d’élite, con tariffe da circa 40.000 sterline a persona, ma anche con pesanti costi ambientali: sentieri invasi da rifiuti, tende e attrezzature abbandonate. In Italia, a preoccupare è la situazione nelle Dolomiti. La Val Gardena, e in particolare il monte Seceda, sono diventati emblematici del problema, anche a causa della narrazione sui social che ha trasformato la vetta in una meta di selfie più che di escursioni vere. Solo nel primo mese di sperimentazione dell’obbligo di prenotazione per accedere alle Tre Cime di Lavaredo, sono stati venduti quasi 5.000 ticket per l’accesso in auto, con una crescita esponenziale di visitatori sul sito dedicato, arrivati a oltre 60.000 a luglio.
Questi flussi, spesso concentrati in pochi mesi e in aree ridotte, sovraccaricano infrastrutture e danneggiano gli ecosistemi fragili. Secondo una ricerca dell’Istituto Demoskopika, l’Alto Adige si colloca ai primi posti in Italia insieme a Rimini e Venezia per esposizione al sovraffollamento turistico, con conseguenze pesanti su vivibilità, densità di popolazione e impatto ambientale.
Il turismo montano in Italia rappresenta un settore economico di grande rilievo: nel 2024, l’arrivo di 8,7 milioni di turisti e 37,1 milioni di pernottamenti turistici, scontando quelli nelle seconde case. L’eccesso di turisti mette a rischio ecosistemi montani delicati: l’aumento del traffico veicolare provoca inquinamento atmosferico e acustico, danneggiando flora e fauna; i sentieri, spesso non preparati per questo carico, subiscono erosioni accelerate. Il Parco naturale Puez-Odle, dove si trova il sentiero del Seceda, è solo un esempio dei tanti luoghi dove si combatte per preservare il territorio. Iniziative come l’introduzione di Zone a Traffico Limitato (Ztl) e il contingentamento degli ingressi, già attuate in alcune aree dolomitiche come il lago di Braies o le Tre Cime di Lavaredo, rappresentano tentativi concreti per limitare il fenomeno e salvaguardare la qualità della vita dei residenti e dell’ambiente.
Un altro aspetto critico riguarda la sicurezza. Maurizio Dellantonio, presidente del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, in un’intervista al Corriere della Sera, ha riportato che tra giugno e luglio 2025 le montagne italiane hanno visto un aumento del 20% degli interventi di soccorso rispetto agli anni precedenti, con 83 morti e 5 dispersi. Molti di questi incidenti coinvolgono turisti inesperti che sottovalutano la difficoltà dei sentieri o ignorano i propri limiti fisici, attratti dal desiderio di un’escursione “facile” o da un clima più fresco. L’aumento delle presenze, spesso non accompagnato da adeguata educazione al rispetto della montagna e delle sue regole, rende questi luoghi sempre più insidiosi. Il soccorso alpino, a seconda della difficoltà dell’intervento e delle condizioni in cui viene trovato chi lo richiede, può essere a pagamento, con regole che cambiano in base alla regione in cui ci si trova. Tuttavia, molti soccorsi non vengono comunque saldati, aggravando la sostenibilità economica del servizio.
Sul piano delle politiche, l’Italia può guardare a esempi internazionali di gestione sostenibile del turismo montano. In Svizzera, ad esempio, sono attivi sistemi di prenotazione obbligatoria per accedere ad alcune aree naturali sensibili, con tariffe che variano in base all’impatto ambientale e all’orario di visita. In Norvegia e Slovenia, programmi di educazione ambientale e di sensibilizzazione vengono portati avanti con successo, promuovendo un turismo consapevole e rispettoso. In Alto Adige, il Club Alpino Italiano sottolinea l’importanza di educare i visitatori, spostando l’attenzione dalla mera “fretta di arrivare in vetta” al valore di un’esperienza di montagna che rispetti i prati, i boschi e le comunità.
Il bilancio economico del turismo montano è indubbiamente positivo, ma le criticità ambientali e sociali non possono più essere ignorate. Occorrono politiche integrate, che uniscano limitazioni agli accessi, incentivi per l’uso del trasporto pubblico, prezzi adeguati che riflettano il costo reale della fruizione e una robusta campagna di educazione ambientale rivolta a turisti e operatori.





