Economia
Il lusso cambia pelle: mercato stabile a 1.440 miliardi, consumatori più selettivi ed esperienze in forte crescita
Di Jacopo Bernardini
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Il lusso entra in una fase di transizione, ma senza perdere la sua tenuta strutturale. Il mercato globale dell’alto di gamma chiuderà il 2025 a 1.440 miliardi di euro, sostanzialmente in linea con l’anno precedente. Una tendenza che, letta in un contesto segnato da geopolitica instabile, consumi più selettivi e valute sfavorevoli, rappresenta comunque un segnale di solidità: il settore non arretra, mantiene i livelli e continua a generare valore anche in una congiuntura complessa. È il quadro delineato dal 24° Osservatorio Altagamma, presentato a Milano insieme all’Altagamma Consensus 2026 e al Luxury Market Monitor di Bain & Company.
Il mercato si conferma resiliente, ma sta cambiando profondamente. I consumatori spostano la propria spesa dai prodotti alle esperienze – dall’ospitalità al wellness, dalle crociere al fine dining – e diventano più attenti alla relazione fra prezzo e valore, messa alla prova dall’impennata dei listini degli ultimi anni. Il pubblico aspirazionale, quello che negli anni post-pandemici aveva sostenuto gran parte della crescita, oggi mostra maggiore prudenza e orienta una parte crescente della spesa verso outlet, canali scontati e second-hand: una pressione sui prezzi che racconta un mercato più attento e meno disposto all’acquisto full-price.
La geografia del lusso si muove a velocità diverse. Il Medio Oriente resta l’area più dinamica, con una crescita fra il 4 e il 6%, mentre le Americhe tornano positive grazie alla spesa domestica e all’aumento del valore medio degli acquisti. L’Europa rallenta per il turismo altalenante e la sensibilità ai prezzi, mentre la Cina rimane debole ma mostra segnali di ripresa nelle città di fascia alta. In questo quadro frammentato, cresce la competizione dei marchi locali, soprattutto in Asia: brand cinesi, coreani e indonesiani guadagnano spazio grazie alla vicinanza culturale e a posizionamenti più accessibili, erodendo quote alle maison occidentali.
Le categorie confermano una polarizzazione netta. Nel lusso personale continuano a performare gioielli e occhiali, mentre soffrono pelletteria e calzature. Il design si stabilizza, la nautica prosegue la sua corsa e il settore auto vede un calo dei volumi, con performance migliori solo sui modelli più esclusivi.
Per Matteo Lunelli, presidente di Altagamma, il quadro è chiaro: «Il mercato si mantiene stabile pur attraversando una fase complessa, con consumi più selettivi e una scarsa reattività del consumatore cinese. Cresce il consumo esperienziale e nel 2026 ci aspettiamo una ripresa del 5%. L’alto di gamma italiano continua a mostrare grande resilienza grazie alla creatività e all’eccellenza manifatturiera. Oggi più che mai il settore va tutelato nel segno della legalità, della trasparenza e della certezza del diritto».
Sul medio-lungo periodo, Bain & Company vede un’industria a un bivio.
Le autrici del report, Claudia D’Arpizio e Federica Levato, parlano di una fase di “verità” in cui i brand dovranno ricostruire un rapporto autentico con i consumatori, recuperando coerenza e significato dopo anni di forte espansione. «Il futuro del lusso», spiegano, «apparterrà a chi saprà passare dalla scala alla precisione, dall’inseguire le tendenze al guidarle. La relazione tra valore, etica e identità diventerà decisiva». Le previsioni restano solide: una crescita annua del 4–6% potrebbe portare il mercato complessivo a raggiungere entro il 2035 tra i 2.200 e i 2.700 miliardi di euro.
Il confronto con le imprese conferma un clima costruttivo. La gioielleria rafforza il ruolo di bene rifugio, la moda vede segnali di assestamento, l’ospitalità punta su autenticità e radicamento nei territori, la nautica consolida la sua leadership e il design di alta gamma guarda alla sostenibilità come leva competitiva.
Tra pressioni sui prezzi, nuove geografie e un consumatore più esigente, il lusso globale sembra avviarsi verso una stagione meno espansiva ma più matura: una fase in cui la differenza la faranno non la quantità degli acquisti, ma la capacità dei brand di offrire senso, qualità ed esperienza in un mondo in rapido cambiamento.





