Economia

Giovanna Boggio Robutti: educare al denaro per educare alla libertà

31
Ottobre 2025
Di Ilaria Donatio

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
C’è un modo per parlare di denaro senza ridurlo ai soldi: vederlo come uno strumento di benessere e sostenibilità. È l’approccio della FEduF – Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio, creata dall’ABI.

Da oltre dieci anni Giovanna Boggio Robutti guida la FEduF portando la cultura economica tra i giovani: «Non si nasce cittadini consapevoli: lo si diventa, anche imparando a gestire ciò che abbiamo in tasca». Un principio di libertà e responsabilità che ispira la presenza della Fondazione al Salone dei Pagamenti 2025, dedicato al tema Generative Talent.

Qual è il filo conduttore della vostra partecipazione al Salone dei Pagamenti e cosa rappresenta per voi questo evento?

«Tutto ciò che, nell’educazione finanziaria, ruota attorno ai pagamenti digitali: non solo carte e app, ma anche il grande tema delle truffe e l’impatto dell’intelligenza artificiale. Il Salone è un’enorme opportunità: ci permette di radunare oltre duemila ragazzi in tre giorni. Con loro lavoriamo sulla consapevolezza del denaro come strumento di benessere e sostenibilità».

I giovani sono nativi digitali e usano già app, wallet, piattaforme di trading. Come si può trasformare questa abilità in consapevolezza e responsabilità economica?
«I ragazzi sono bravissimi sul piano tecnico, ma non sempre consapevoli di ciò che fanno. Molti vivono il trading come un gioco, ignorando i rischi. I pagamenti elettronici, invece, sono una palestra di educazione finanziaria: tracciano entrate e uscite, aiutano a tenere un bilancio e a fissare obiettivi di risparmio. L’obiettivo è far capire che il denaro è uno strumento: serve imparare a usarlo, non subirlo».

L’Italia resta tra i Paesi europei con più bassa alfabetizzazione finanziaria. Quali leve servono per colmare il divario?
«Scuola e famiglia insieme. La scuola insegna, la famiglia modella i comportamenti. Siamo grandi risparmiatori, ma non sempre sappiamo dove mettere i nostri risparmi perché siano produttivi anche per il Paese. L’educazione civica ha fatto un passo avanti, ma molti docenti non hanno ancora strumenti e competenze. Stiamo creando una nuova competenza di cittadinanza: servirà tempo, ma la strada è tracciata».

Il tema del Salone è “Generative Talent”. Come lo interpretate?
«Come nuova cittadinanza. Il nostro talento generativo è inventare modi più efficaci per parlare ai ragazzi. Al Salone non facciamo lezioni, ma dialoghi. E da un anno coinvolgiamo giovani universitari che tengono loro stessi i moduli: parlare tra pari funziona, per linguaggio ed esperienze».

Con lintelligenza artificiale, anche leducazione sta cambiando. Che ruolo può avere per voi?
«La usiamo come supporto, non come sostituto del dialogo umano. Stiamo sviluppando percorsi di gaming digitali, ma l’educazione finanziaria resta relazione. L’IA può aiutarci a ottimizzare i processi organizzativi e liberare tempo per ciò che conta».

C’è ancora un gap di genere nel rapporto con il denaro?
«Purtroppo sì, ed è ampio: nelle rilevazioni OCSE-INVALSI sui quindicenni, il divario tra ragazze e ragazzi è di venti punti, contro una media OCSE di cinque. Lavoriamo con programmi come Contiamo Pari e con il talk Pane e stereotipi. Vogliamo che le ragazze si sentano protagoniste delle grandi scelte finanziarie e professionali».

La cultura finanziaria può essere una leva di orientamento al lavoro?
«Certo. Con i percorsi di alternanza scuola-lavoro parliamo di capitale umano, nuove economie e professioni. Studiare ciò che appassiona e investire nella propria formazione apre a lavori più soddisfacenti e meglio retribuiti».

Quali priorità vede per i prossimi cinque anni e che ruolo può giocare FEduF come ponte tra banche, istituzioni e cittadini?
«Tre priorità: risparmio di lungo termine e previdenza, denaro digitale e truffe, differenze di genere. FEduF è un soggetto privato non profit con missione esclusiva sull’educazione finanziaria, sostenuto dalle banche e con una rete di esperti nelle scuole. Offriamo gratuitamente il nostro lavoro al Paese: la collaborazione pubblico-privato può moltiplicare l’impatto».

Esiste oggi una strategia nazionale coerente o manca ancora coordinamento?
«La strategia c’è da anni, con il Comitato Edufin fin dai tempi della professoressa Lusardi. Serve attivare meccanismi che consentano a pubblico e privato di lavorare insieme in modo più intenso, a beneficio dei giovani e dell’intera cittadinanza».